La retromarcia degli allarmisti del cambiamento climatico

di Redazione ETI/Kevin Stocklin
2 Novembre 2025 16:38 Aggiornato: 2 Novembre 2025 21:14

«Nel prossimo futuro, le persone potranno vivere e prosperare nella maggior parte dei luoghi della Terra». Bill Gates.

Il recente messaggio del miliardario Bill Gates, nel quale afferma che la “visione apocalittica” di una catastrofe ambientale e sociale causata dal riscaldamento globale è errata, è una svolta nel dibattito sul cambiamento climatico. Pur ribadendo il principio secondo cui il cambiamento climatico avrà «gravi conseguenze» e colpirà soprattutto i poveri, Gates fa di fatto retromarcia su anni e anni di campagne sul cambiamento climatico, affermando che «non porterà alla fine dell’umanità» e «nel prossimo futuro le persone potranno vivere e prosperare nella maggior parte dei luoghi della Terra». Pubblicato sul blog e indirizzato ai partecipanti alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in Brasile, che avrà inizio il 10 novembre, nel messaggio Gates afferma che i problemi più gravi che il mondo deve affrontare sono la povertà e le malattie, non l’aumento delle temperature.

Affermazioni che contrastano con le dichiarazioni che Bill Gates stesso ha diffuso per anni sulla questione, come quando scriveva, nel 2021, nel suo libro How to Avoid a Climate Disaster (Come evitare un disastro climatico), che il cambiamento climatico era una delle sfide più grandi dell’umanità e prevedeva che potrebbe causare più morti del Covid-19, che ha ucciso milioni di persone in tutto il mondo. Convinzione condivisa dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, che nel 2022 aveva dichiarato che tutte le nazioni devono porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili «prima che la catastrofe climatica ci travolga tutti».

Ma Gates si unisce ora ad altri in un improvviso dietro front rispetto alle previsioni catastrofiche sull’aumento delle temperature attribuito alla combustione di petrolio, gas e carbone e all’anidride carbonica. Come Ted Nordhaus, fondatore del Breakthrough Institute, istituto che si occupa di clima, che nel 2007 diceva: «Se continuiamo a bruciare carbone e petrolio come abbiamo fatto finora, il riscaldamento della Terra causerà l’innalzamento del livello dei mari e il collasso dell’Amazzonia e, secondo gli scenari commissionati dal Pentagono, scatenerà una serie di guerre per le risorse fondamentali come cibo e acqua». Nell’agosto scorso, Nordhaus in un post sul suo blog ha ritrattato tutto: «io non credo più a questa iperbole – ha detto candidamente – Sì, il mondo continuerà a riscaldarsi finché continueremo a bruciare combustibili fossili. E il livello dei mari aumenterà […] Non così tanto».

Viene da chiedersi cosa sia cambiato, ultimamente, in modo tanto radicale da imporre una (a dir poco imbarazzante) retromarcia sul cambiamento climatico, dopo decenni di allarmismo e dopo anni di politiche industriali che stanno devastando le economie dell’intero Occidente.

Chi contesta le affermazioni secondo cui il clima cambierebbe a causa dell’azione umana, e che tali cambiamenti mettano in grave e immediato pericolo la Terra, sostiene che le previsioni più catastrofiche dei modelli di cambiamento climatico – l’escalation di “fenomeni meteorologici estremi”, l’inondazione delle nazioni insulari del Pacifico e delle città costiere a causa dell’innalzamento del livello del mare, la perdita delle barriere coralline e la perdita dei ghiacci artici – siano esagerate. Ma, mentre gli attivisti del cambiamento climatico continuano a sostenere che le proprie previsioni siano in gran parte corrette, il dibattito scientifico sul riscaldamento globale si è fatto più articolato, dimostrando che l’opinione dominante secondo cui vi sarebbe un vasto consenso scientifico sulla catastrofe climatica in corso sia falsa.

Nel rapporto pubblicato a luglio dal ministero dell’Energia americano, redatto da un gruppo di lavoro composto da cinque esperti indipendenti in Scienze fisiche, Economia, scienze del clima e ricerca accademica, ha concluso che il riscaldamento causato dall’anidride carbonica (CO2) «sembra essere meno dannoso dal punto di vista economico di quanto comunemente si creda e che le strategie aggressive di mitigazione potrebbero essere mal indirizzate». Inoltre rileva che: «le azioni politiche degli Stati Uniti dovrebbero avere un impatto diretto impercettibile sul clima globale e che eventuali effetti emergeranno solo nel lungo periodo». In concomitanza con la pubblicazione di tale rapporto, il ministro dell’Energia degli Stati Uniti Chris Wright ha dichiarato: «Il progresso umano degli ultimi due secoli è una Storia che merita di essere apprezzata. Eppure ci viene ripetuto incessantemente che proprio i sistemi energetici che hanno reso possibile questo progresso ora rappresentano una minaccia esistenziale».

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