La creazione di uno “Stato” palestinese è solo un’operazione di facciata?

di Artemio Romano/Epoch Israele
24 Agosto 2025 15:44 Aggiornato: 25 Agosto 2025 6:59

Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, ha di recente emesso un decreto presidenziale per istituire una commissione incaricata di redigere una Costituzione provvisoria. Questo per preparare il terreno a elezioni generali e alla convocazione di un vertice internazionale per la pace che si terrà presso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a settembre, con l’obiettivo di promuovere la soluzione dei due Stati. Abbas ha nominato il Dr. Muhammad al-Hajj Qassem presidente del comitato, a cui sono stati aggiunti altri 17 membri. È stato inoltre deciso di istituire una piattaforma digitale per la partecipazione del pubblico palestinese nei territori e nella diaspora al processo di redazione della Costituzione provvisoria.

L’annuncio ha suscitato aspre critiche in ambienti palestinesi. Numerosi commentatori, ricercatori e giuristi sostengono che una costituzione temporanea non sia necessaria, poiché l’attuale Legge Fondamentale, in base a cui opera l’Anp, includa già una clausola che ne consente l’attuazione fino all’approvazione di una costituzione per lo Stato di Palestina. E sostengono che l’istituzione di una nuova commissione sia di fatto un tentativo di aggirare la Legge Fondamentale e ignorare le commissioni istituite in passato, operative dal 1988 e che hanno elaborato diverse bozze. Alti funzionari di Fatah (il movimento per la liberazione della Palestina fondato nel 1957 da Yasser Arafat, figura mitica della lotta palestinese) sostengono poi che l’istituzione del comitato per la redazione della costituzione provvisoria sia un esercizio di pubbliche relazioni da parte di Abbas. Il commentatore palestinese Jihad Harb, in alcune interviste ai giornali palestinesi ha dichiarato: «una Costituzione temporanea potrebbe diventare un documento permanente, come è successo con la Legge Fondamentale, che era stata definita ‘temporanea’ ed è rimasta in vigore per trent’anni».

D’altro canto, altri commentatori vedono la mossa di Abbas come un passo politico strategico volto a trasmettere un messaggio alla comunità internazionale sulla “maturità” dello Stato palestinese. Secondo il commentatore Dr. Fawzi Ali al-Samhouri, la Costituzione potrebbe fungere da «potente strumento diplomatico per il riconoscimento dello Stato, simile all’esperienza del Kosovo e del Sudafrica». Anche l’avvocato Ali Abu Habla ritiene che questo sia un passo decisivo che potrebbe portare i palestinesi fuori dal quadro di Oslo e verso la piena sovranità ma, dice, «in assenza di unità tra Gaza e Cisgiordania, la Costituzione potrebbe diventare un fattore di divisione».

Il commentatore Abdel-Majid Sweilam, dice sul quotidiano Al-Quds che Abbas intende dichiarare alle Nazioni Unite i territori della Cisgiordania, di Gaza e di Gerusalemme come “territori dello Stato di Palestina occupato”, ponendo così Israele e gli Stati Uniti di fronte a una nuova sfida legale e diplomatica, e una «importante battaglia politica che richiederà ai leader palestinesi di fare affidamento sul sostegno arabo e internazionale». E l’ex vicepresidente del Consiglio Legislativo, Hassan Harisha, fa osservare come la stessa istituzione di un nuovo comitato indichi motivazioni politiche, e forse un messaggio agli Stati Uniti e alla scena internazionale. Ma «ogni Costituzione richiede l’approvazione tramite referendum o da parte di un’istituzione eletta, che oggi non esiste – dice inoltre Harisha. E la situazione sul campo, la guerra a Gaza e l’espansione degli insediamenti, non sono quelle giuste per affrontare una nuova Costituzione».

Secondo alti funzionari della sicurezza israeliana, il dibattito in ambito palestinese su una Costituzione provvisoria rifletterebbe la tensione tra il desiderio palestinese di presentare al mondo uno “Stato”, e il timore di approfondire le divisioni interne ai palestinesi. Che si tratti di una strategia calcolata o di una mossa puramente simbolica, è indiscutibile il fatto che l’annuncio di Abbas abbia aperto un nuovo capitolo nella lotta in atto per plasmare il sistema politico palestinese. Il noto commentatore palestinese Hani al-Masri ha infatti scritto, in un articolo pubblicato su diversi siti palestinesi, che «il riconoscimento dello Stato di Palestina può avere un importante valore simbolico e politico, ma non ha alcun valore reale sul campo senza la fine dell’occupazione, una vera punizione per Israele e boicottaggi, sanzioni e isolamento internazionale, come è accaduto con il regime di apartheid in Sudafrica. Senza tutto questo, si tratta al massimo di una dichiarazione che non cambia la sanguinosa realtà».

In generale, quindi, rispetto alla cosiddetta “soluzione a due Stati” non ci sono grandi aspettative negli ambienti palestinesi. Un alto funzionario di Fatah – organizzazione palestinese avversaria di Hamas – ricorda poi un aspetto che forse qui è il più importante: il capo – indiscusso quanto carismatico – dell’allora Organizzazione per la Liberazione della Palestina, il già citato Yasser Arafat, aveva già dichiarato ufficialmente la creazione di uno Stato palestinese, nel lontano 1988, durante una conferenza dell’Autorità Nazionale Palestinese ad Algeri. E 147 su 193 nazioni del mondo hanno ad oggi accettato quella dichiarazione e già riconosciuto lo Stato di Palestina. A non riconoscere lo Stato di Palestina sono rimaste poche ma importanti nazioni, quali ad esempio Stati Uniti, Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia. E ovviamente Israele, che però è stato ufficialmente riconosciuto da Yasser Arafat come Stato legittimo, nell’ambito dell’accordo di Oslo del 1993; accordo in cui l’allora primo ministro israeliano Yitzhak Rabin riconobbe come soggetto politico l’Olp comandata da Arafat.

La questione dei “due Stati”, quindi, parte da lontano nella Storia ed è molto più complicata di come sembri (ma, purtroppo, tutto è molto complicato in Palestina). In conclusione, è opinione di Fatah che un ulteriore mero “riconoscimento” – da parte degli stessi e/o di altri Paesi – dell’esistenza di una nazione sovrana palestinese (insieme alla stesura di una Costituzione temporanea) non cambieranno nulla. Perché Israele controlla militarmente Giudea e Samaria. E col pieno appoggio degli Stati Uniti. Per cui, imporre la creazione di uno “Stato” palestinese  è praticamente impossibile.


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