Addio a Jim Lovell il coraggioso pilota dell’Apollo 13

di Redazione ETI/Jeff Minick
24 Agosto 2025 23:00 Aggiornato: 25 Agosto 2025 15:30

Il 7 agosto 2025, all’età di 97 anni è morto Jim Lovell.

Nato il 25 marzo 1928 a Cleveland in Ohio, Lovell è stato pilota della marina e pilota collaudatore e nel 1962 era entrato a far parte del programma di addestramento della National Aeronautics and Space Administration (la Nasa) per i voli con equipaggio. Durante il volo Gemini 7, insieme al collega astronauta Frank Borman stabilì il record per il maggior numero di giorni trascorsi nello spazio e per la prima volta effettuò un rendez-vous con un altro veicolo spaziale. In seguito partecipò con Buzz Aldrin al volo Gemini 12, l’ultimo della serie Gemini. Il 21 dicembre 1968, Lovell, Frank Borman e William Anders formarono l’equipaggio dell’Apollo 8, primo veicolo spaziale a orbitare intorno alla luna. E l’11 aprile 1970, con Lovell al comando, salirono a bordo dell’Apollo 13 anche i suoi colleghi astronauti Fred W. Haise e John L. Swigert, nel Kennedy Space Center in Florida, da cui partirono per la missione che doveva condurli a un atterraggio sulla luna.

Ma quell’atterraggio non avvenne mai.

Jim Lovell nel 1964. Pubblico dominio.

Il 13 aprile, a circa 200 mila miglia dalla Terra, Lovell e i suoi colleghi udirono un forte boato e subito si resero conto che uno dei serbatoi di ossigeno della navicella era esploso, danneggiando anche l’altro, e che quindi l’elettricità, l’acqua e la luce del modulo di comando sarebbero presto venute a mancare. Dopo poco tempo, i tre uomini spensero l’alimentazione della navicella di comando e si stiparono nel modulo lunare di atterraggio, progettato per due persone.

Nell’articolo per la rivista Smithsonian Magazine, il corrispondente scientifico Will Sullivan racconta le difficoltà che gli uomini dovettero affrontare: «Durante il viaggio di ritorno sulla Terra, durato tre giorni e mezzo, i tre membri dell’equipaggio avevano a disposizione cibo e acqua sufficienti solo per due persone per un giorno e mezzo. Ognuno di loro poteva bere solo 170 ml d’acqua al giorno e quando spegnevano gli strumenti per risparmiare energia la temperatura scendeva sotto i 4 gradi Celsius». Ad aggravare la situazione per un equipaggio già in massima all’erta, il modulo lunare non disponeva del numero necessario di bombole per filtrare l’anidride carbonica, mettendo gli uomini in pericolo di morte per asfissia. Seguendo le istruzioni del controllo a terra e utilizzando oggetti comuni come sacchetti di plastica, cartone e nastro adesivo, gli astronauti improvvisarono un sistema per adattare le bombole cubiche del modulo di comando alle aperture rotonde del loro angusto alloggiamento.

Superficie lunare vista dagli astronauti dalla “scialuppa di salvataggio”. Pubblico dominio

Nel frattempo, un mondo ipnotizzato pregava e osservava la drammatica orbita degli astronauti intorno alla luna e il loro viaggio di ritorno sulla Terra. Quelle preghiere furono esaudite il 17 aprile, quando il veicolo spaziale ammarò in sicurezza nel Pacifico. Nel corso di questa drammatica prova, i tre uomini avevano conservato calma e lucidità: nello scambio di messaggi con il Centro spaziale, le loro voci non tradirono mai paura o rabbia, e lo stesso valeva per il modo in cui ognuno si rivolgeva all’altro.

Circa cinquant’anni dopo, l’astronomo Richard Talcott chiese a Lovell: «Come hai fatto a mantenere la calma in un momento di crisi tanto drammatico e senza precedenti?». Lovell rispose raccontando dei suoi anni di esperienza nel volo: «Quando ti trovi in una situazione come questa, puoi anche sbattere la testa contro il muro per interi minuti cercando di capire cosa fare, senza però riuscire a cambiare le cose. Ma ricordate che il nostro equipaggio era composto da ex piloti collaudatori, quindi ero abituato a motori che a volte si spegnevano durante i test sugli aerei e a problemi di quel genere». In altre parole, è stato grazie all’addestramento che Lovell aveva acquisito le competenze essenziali e preziose per affrontare una tale emergenza. La disciplina a cui si era sottoposto all’Accademia Navale degli Stati Uniti e le migliaia di ore trascorse in volo avevano sviluppato in lui la capacità e la fiducia necessarie per dominare la paura e considerare anche le emergenze più gravi come ostacoli da superare.

IL POTERE DELL’AMORE

Al ritorno della navicella spaziale sulla Terra, quando chiedevano a Lovell se avesse avuto paura o temuto di morire, lui spesso rispondeva di sapere che sarebbe tornato sano e salvo perché aveva promesso alla moglie Marilyn che sarebbe tornato a casa. Fidanzati fin dai tempi del liceo, Marilyn e Jim Lovell hanno avuto un matrimonio solido, a differenza di molti altri astronauti. Scrittori e giornalisti hanno più volte ricordato che Lovell nutriva una grande devozione nei confronti della moglie, morta nel 2023 a 93 anni. Un episodio divertente che egli stesso raccontava rivela il suo rispetto per Marilyn: alla conferenza stampa dopo il ritorno dell’Apollo 13, un giornalista chiese a Lovell se sperava di poter tornare sulla Luna. Lovell stava per rispondere affermativamente, ma vide una mano alzarsi tra il pubblico e fare un segno di disapprovazione. Era Marilyn. «No» rispose Lovell al giornalista «…Penso che questo sia stato il mio ultimo volo».

Il 17 aprile 1970, la famiglia Lovell saluta i giornalisti dopo il ritorno dell’Apollo 13. Pubblico dominio

Sapeva quanto la moglie avesse sofferto durante questa esperienza, e decise così di porre fine alla carriera spaziale.

Nel film Apollo 13, con Tom Hanks nel ruolo di Jim Lovell, dopo l’esplosione del serbatoio dell’ossigeno gli spettatori sentono le parole «Houston, abbiamo un problema». Quella frase è diventata popolare un po’ in tutto il mondo, usata per riassumere qualche difficoltà o evocare ironia. Ma le parole pronunciate effettivamente da Swigert e poi ripetute da Lovell erano: «Houston, abbiamo avuto un problema». Gli sceneggiatori del film però hanno pensato che quel tempo verbale mancasse di drammaticità e lo hanno cambiato.

Bill Paxton, Tom Hanks e Kevin Bacon in Apollo 13. Universal Pictures

Quella è stata tuttavia un’altra testimonianza della capacità di questi uomini di mantenere la calma di fronte a un’emergenza. Nel fronteggiare una vera crisi, si sono rivelati sobri ed equilibrati anche nel linguaggio: anche questo aspetto è un risultato di anni di addestramento di uomini di valore. Questo è coraggio unito all’esperienza. Questo è carattere.