La calma dopo la tempesta (commerciale)

di redazione eti
3 Agosto 2025 19:32 Aggiornato: 4 Agosto 2025 8:11

Il rappresentante commerciale di Donald Trump, Jamieson Greer, ha dichiarato che  i livelli dei dazi imposti dall’amministrazione resteranno invariati, anche mentre alcuni partner commerciali stanno ancora negoziando accordi oltre la fatidica scadenza. In un’intervista alla Cbs, registrata il primo agosto ma trasmessa il 3, Greer ha affermato di non prevedere che i partner commerciali che non hanno ancora concluso accordi con gli Stati Uniti riescano a negoziare una riduzione dei dazi nei prossimi giorni. «Ci sono ministri del commercio che vogliono discutere ulteriormente e vedere come poter collaborare in modo diverso con gli Stati Uniti» ha spiegato il rappresentante americano per il commercio, ma ormai i giochi sono fatti, ha fatto intendere.

Dopo aver imposto dazi di base e reciproci a tutti i partner commerciali degli Stati Uniti all’inizio di aprile, Trump aveva concesso una proroga di 90 giorni per negoziare degli accordi che fossero di mutua soddisfazione. Una volta trascorso il periodo di 90 giorni il 9 luglio, aveva ulteriormente posposto la scadenza al primo agosto, tenendo col fiato sospeso il mondo intero. Finora, la Casa Bianca ha negoziato accordi commerciali definitivi o in attesa di conclusione con l’Unione Europea, il Regno Unito, l’Indonesia, il Giappone, le Filippine, la Corea del Sud, il Pakistan, il Bangladesh, la Cambogia, la Thailandia e Taiwan.

Trump sta anche lavorando a un’intesa con la Repubblica Popolare Cinese – che rappresenta un caso a parte, per diverse ragioni – dopo aver concordato una tregua nelle azioni di ritorsione fino al 12 agosto. I negoziati sui metalli e le terre rare rappresentano un elemento critico delle trattative commerciali con Pechino. Il Messico, uno dei maggiori partner commerciali dell’America, ha ricevuto una proroga di 90 giorni per i negoziati commerciali, ma resta soggetto al dazio extra del 25 per cento in ritorsione alla “complicità” (con la Cina) nel traffico di fentanil.
Trump ha poi imposto al Canada un dazio più elevato del 35 per cento su qualsiasi bene non conforme all’Accordo Stati Uniti-Messico-Canada (Usmca), nonché un dazio del 40 per cento su qualsiasi importazione che transiti attraverso il Canada da altre nazioni per eludere i dazi. La Casa Bianca afferma che il Canada è soggetto a un livello daziario più alto a causa sempre del suo ruolo (attivo, o passivo, a seconda dei punti di vista) nel traffico di fentanil verso gli Stati Uniti. Il primo ministro canadese Mark Carney ha ribattuto, citando dati della Dogana degli Stati Uniti, che la sua nazione «rappresenta solo l’1 per cento delle importazioni di fentanil negli Stati Uniti e sta lavorando intensamente per ridurre ulteriormente questi volumi».

La Cbs ha citato precedenti dichiarazioni di Greer secondo cui la visione di Trump è che «un dazio sia meglio di un accordo», e ha chiesto al rappresentante commerciale se alcune nazioni siano semplicemente condannate a pagare i dazi. «Direi che, in effetti, la maggior parte dei paesi del mondo ha semplicemente un dazio assegnato», ha risposto Greer, riferendosi ai dazi di base del 10 o 15 per cento, nonché ai dazi reciproci più alti per altri partner commerciali degli Stati Uniti. «Noi portiamo al presidente potenziali concessioni dai paesi e le cose che potrebbero voler fare. Lui poi le confronta con il dazio potenziale che potrebbe essere applicato per cercare di ridurre quel deficit […] e prende una decisione», ha aggiunto Greer. Il rappresentante commerciale ha spiegato che Trump vuole «risolvere il problema del deficit» e allo stesso tempo riportare la produzione industriale negli Stati Uniti. America first, per l’appunto.


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