Poche ore prima della fatidica scadenza del primo agosto, il presidente degli Stati Uniti ha introdotto nuovi regimi doganali per decine di nazioni. Donald Trump ha stabilito un dazio universale del 10% sui beni stranieri in entrata negli Stati Uniti, applicato ai Paesi con cui gli Stati Uniti registrano un surplus commerciale; per le nazioni con cui gli Stati Uniti hanno invece un deficit commerciale, il dazio minimo sarà del 15%. Ma diversi Stati dovranno pagare dazi superiori al 15%, come ad esempio il Bangladesh (20%), la Malesia (19%), il Pakistan (19%), il Sudafrica (30%) e la Thailandia (19%).
Ma Scott Bessent ha sottolineato come sia ancora possibile negoziare degli accordi commerciali: «Non credo sia la fine del mondo se questi dazi resteranno in vigore per qualche giorno o qualche settimana» ha dichiarato Bessent, buttando acqua sul fuoco, in un’intervista a Cnbc il 29 luglio, specificando però che quello che conta ora è che vi siano negoziati e condotte «in buona fede» (forse facendo riferimento alle diverse furbate con cui il regime cinese ha aggirato i dazi per anni e, più in generale all’impostazione fondamentalmente disonesta dell’economia cinese, che da vari decenni si regge su dumping, spionaggio industriale, furto di proprietà intellettuale, sovraproduzione e lavoro schiavistico).
UNIONE EUROPEA
Gli Stati Uniti sono prossimi a finalizzare l’accordo commerciale con l’Unione Europea impostato da Donald Trump e Ursula von der Leyen pochi giorni fa in Scozia. La maggior parte dei beni europei in entrata negli Stati Uniti sarà soggetta a un dazio del 15%, automobili comprese. Le due sponde dell’Atlantico hanno inoltre concordato “dazi zero” su vari prodotti, tra cui aeromobili e loro componenti, macchinari per la produzione di semiconduttori, alcuni prodotti chimici e farmaceutici, risorse naturali e minerali di importanza strategica. Anche diversi prodotti agricoli saranno esenti da dazi, a eccezione di prodotti sensibili come carne bovina, etanolo, pollame, riso e zucchero. Alle importazioni europee di acciaio sarà applicato un dazio del 50%, ma Bruxelles e Washington stanno lavorando a un sistema di quote.
Nell’ambito dell’accordo – che di fatto non si limita al mero “commercio”, ma rappresenta una rivoluzione dei rapporti economici dell’Occidente – l’Ue si è impegnata a investire negli Stati Uniti altri 600 miliardi di dollari (in aggiunta alle diverse centinaia che già investe) e ad acquistare 750 miliardi di dollari di energia americana (idrocarburi e uranio) entro il 2028, oltre a centinaia di miliardi di dollari in forniture militari di fabbricazione americana.
GIAPPONE
L’accordo col Giappone era stato annunciato il 22 luglio. I beni giapponesi esportati negli Stati Uniti saranno soggetti a un dazio reciproco del 15%, applicato anche ad automobili e relativa componentistica. Senza l’accordo, uno dei maggiori produttori automobilistici al mondo avrebbe dovuto pagare un dazio del 25%. In base al principio di reciprocità, i prodotti americani importati dal Giappone saranno appunto soggetti a un dazio del 15%. Tokyo investirà inoltre 550 miliardi di dollari nell’economia statunitense, con il 90% dei profitti destinato a restare nel mercato americano. Ryosei Akazawa, capo negoziatore giapponese, ha chiarito che gran parte dei fondi sarà strutturata come prestiti e garanzie di prestito, con il Giappone che guadagnerà da interessi e commissioni: «Qui non si tratta di dare 550 miliardi di dollari in contanti agli Usa – ha comprensibilmente precisato Akazawa – La perdita per il Giappone sarà al massimo di qualche decina di miliardi di yen; il Giappone guadagnerà dalle garanzie sui prestiti». Inoltre, il Giappone aumenterà del 75% le importazioni dall’America di riso e incrementerà gli acquisti di mais, etanolo, soia e carburante sostenibile per l’aviazione.
COREA DEL SUD
I prodotti spediti dalla Corea del Sud agli Stati Uniti (anche qui, auto incluse) saranno soggetti a un dazio del 15%, rispetto al 25% inizialmente prospettato da Trump. Le esportazioni americane verso la Corea del Sud, invece, non pagheranno dazi. Seoul ha promesso di investire 350 miliardi di dollari nell’economia statunitense, un investimento descritto come strategicamente strutturato, e di acquistare 100 miliardi di dollari in gas naturale liquefatto, petrolio greggio e carbone americani. «Abbiamo superato un ostacolo importante – ha scritto il presidente sudcoreano Lee Jae-Myung su Facebook – Questo accordo allinea gli obiettivi manifatturieri degli Usa con la competitività delle nostre aziende sul mercato statunitense».
SUDEST ASIATICO
L’amministrazione Trump ha completato accordi commerciali bilaterali con Indonesia, Filippine e Vietnam. L’Indonesia ha accettato di aprire il proprio mercato, riducendo a zero i dazi sul 99% dei beni americani ed eliminando le barriere commerciali non monetarie. I prodotti indonesiani esportati negli Usa saranno soggetti a un dazio reciproco del 19%. I prodotti trasbordati dall’Indonesia caratterizzati da un “alto contenuto” proveniente da “Paesi terzi” soggetti a dazi americani più elevati (in pratica, la Repubblica Popolare Cinese) saranno colpiti da un dazio del 40%. Le Filippine hanno concordato di azzerare i dazi sui beni americani, mentre le esportazioni filippine in America saranno soggette a un dazio del 19%; le esportazioni vietnamite pagheranno invece un dazio del 20%, mentre il Vietnam importerà dagli Usa senza imporre dazi. Come le Filippine, il Vietnam sarà soggetto a un dazio del 40% sui prodotti “trasbordati”.
REGNO UNITO
Il Regno Unito è stato il primo a siglare un accordo commerciale con gli Stati Uniti dopo l’annuncio di Trump del 2 aprile sui dazi. Annunciato l’8 maggio e finalizzato al summit del G7 in Canada a giugno, il quadro commerciale prevede un maggiore accesso al mercato britannico per automobili e prodotti agricoli americani, e un dazio del 10% sulle prime 100 mila vetture britanniche esportate negli Usa. Acciaio e alluminio britannici continueranno a essere soggetti a un dazio del 25%, inferiore al 50% applicato al resto del mondo. Sono previste esenzioni per motori e componenti aeronautiche di fabbricazione britannica, oltre a una cooperazione rafforzata su aree quali il commercio digitale e la proprietà intellettuale.
MESSICO
Prima della scadenza del 1° agosto, Donald Trump ha annunciato su Truth di aver concesso al Messico una proroga di 90 giorni. Dopo una telefonata con il presidente messicano Claudia Sheinbaum, Trump ha accettato di non aumentare i dazi sui prodotti messicani per 90 giorni, consentendo ulteriori negoziati. Il Messico rischia un dazio generale del 30%, rispetto all’attuale 25%, ma resterà comunque soggetto a un dazio del 50% su alluminio, rame e acciaio, e a un dazio del 25% sulle automobili. «Le complessità di un accordo con il Messico sono diverse rispetto ad altre nazioni» ha scritto Trump su Truth facendo riferimento al la drammatica situazione al confine.
INDIA
Il presidente americano ha annunciato che l’India sarà soggetta a un dazio del 25% sui prodotti con un’ulteriore dazio punitivo, causato dal fatto che l’India continua a comprare petrolio russo nonostante le sanzioni. L’India pagherà anche dazi ulteriori più elevati su componenti auto, acciaio e alluminio. «L’India è nostra amica, ma negli anni abbiamo fatto relativamente pochi affari con loro perché i loro dazi sono troppo alti» ha scritto il presidente su Truth, spiegando che l’India ha «le barriere commerciali non monetarie più rigide e fastidiose di qualsiasi Paese». Questa decisione rappresenta una delle azioni commerciali più aggressive. Gli Stati Uniti sono uno dei principali mercati per l’India, le cui esportazioni sono state superiori a 87 miliardi di dollari nel 2024. Bessent, parlando su Cnbc il 31 luglio, ha dichiarato che l’India ha «rallentato» le discussioni commerciali e «procrastinato», e ha anche stigmatizzato le importazioni indiane di petrolio russo in violazione delle sanzioni. Trump stesso, intervenendo su Truth ha usato toni durissimi verso l’India, specie per i rapporti commerciali con la Russia.
CANADA
In una lettera dell’11 luglio al primo ministro canadese Mark Carney, Trump ha annunciato un aumento dei dazi sulle importazioni canadesi stigmatizzando la ritorsione dei “cugini”: «Invece di collaborare con gli Stati Uniti, il Canada ha risposto con altri dazi» ha scritto Trump sui social. Il 31 luglio, il presidente ha firmato un ordine esecutivo che aumenta il dazio sui beni non esenti dall’accordo di libero scambio Usa-Messico-Canada portandolo dal 25 al 35%. Il dazio più elevato entrerà in vigore il primo agosto. Incredibilmente, quindi, proprio Stati Uniti e Canada sono sull’orlo della guerra commerciale.