Il digiuno aiuta le cellule a rinnovarsi

di Marina Zhang
17 Marzo 2025 19:25 Aggiornato: 17 Marzo 2025 19:25

Noto soprattutto per contrastare malattie metaboliche, per la perdita di peso e la gestione del diabete, il digiuno svela ora un potenziale sorprendente. Studi recenti dimostrano che può ridurre le infiammazioni, rafforzare le difese immunitarie, migliorare le funzioni cognitive e persino ridurre il rischio di cancro.

Il digiuno ha una storia millenaria. La stessa parola breakfast, colazione in inglese, deriva dall’atto di interrompere il digiuno notturno. Presente in molte culture e religioni, viene praticato dai buddisti cinesi dal mezzogiorno al mattino successivo e dai musulmani dall’alba al tramonto durante il Ramadan.

Anche in medicina il digiuno ha radici antiche. Già nel V secolo a.C., Ippocrate sosteneva: «Nutrirsi quando si è malati significa nutrire la malattia». Sebbene non vi siano prove che il digiuno possa “far morire di fame un raffreddore”, il dottor Jason Fung esperto di fama mondiale di diabete di tipo 2 suggerisce che privare virus e batteri nocivi di nutrienti aiuti il corpo a combatterli.

UN RESET PER IL SISTEMA IMMUNITARIO

Esistono due tipi principali di digiuno: il digiuno prolungato (almeno 36 ore) e l’intermittente (12-24 ore). Il primo favorisce in modo più efficace il rinnovamento cellulare e tissutale.

Il corpo alterna due stati: quello post-pasto e quello di digiuno, creando un equilibrio come lo yin e lo yang. Ogni pasto scatena un’infiammazione temporanea utile per eliminare patogeni, ma spuntini frequenti e una continua sazietà favoriscono l’infiammazione cronica, associata a diabete di tipo 2, Alzheimer, cancro e altre patologie.

Il digiuno, invece, attiva geni antinfiammatori e riduce le cellule immunitarie infiammatorie. Uno studio pubblicato su Cell Stem Cell ha rilevato che tre giorni di digiuno sono sufficienti per resettare il sistema immunitario, eliminando le cellule vecchie e favorendo la rigenerazione di quelle nuove.

DIGIUNO E DANNI DA PROTEINA SPIKE

Il digiuno è proposto come trattamento per il long Covid e gli effetti collaterali post-vaccino dal gruppo medico Front Line Covid-19 Critical Care Alliance. L’obiettivo è stimolare l’autofagia, il processo che degrada e ricicla componenti cellulari, inclusa la proteina spike.

Secondo gli esperti, questa proteina, derivata dall’infezione o dal vaccino, può causare infiammazione, microcoaguli, disfunzione mitocondriale e problemi neurologici. L’autofagia mediata da chaperoni, specializzata nella degradazione delle proteine, si attiva dopo 24 ore di digiuno. Per questo, il Front Line Covid-19 Critical Care consiglia digiuni prolungati di almeno 72 ore.

Scott Marsland, infermiere esperto in long Covid, ha osservato che la “nebbia mentale” migliora nelle ultime ore di un digiuno di 72 ore, con benefici estesi a tutti i sintomi di queste condizioni. Anche il medico Syed Haider riporta casi di remissione completa dei sintomi grazie a digiuni prolungati.

Non esiste un test definitivo per misurare la riduzione della proteina spike, ma Marsland ha notato un calo degli anticorpi anti-spike nei pazienti che seguono rigorosamente il digiuno. Tuttavia, avverte che alcuni pazienti potrebbero avere residui di spike non rilevabili dai test a causa di vari fattori, come l’accumulo nel grasso corporeo.

IL DIGIUNO PER LA PERDITA DI PESO E IL DIABETE

Il digiuno aiuta a ridurre i livelli di insulina, permettendo al corpo di utilizzare le riserve di grasso per produrre energia. Viene spesso paragonato alla dieta chetogenica, che mantiene l’insulina bassa e facilita la perdita di grasso viscerale, particolarmente infiammatorio.

Diversi studi indicano che il digiuno può portare alla remissione del diabete di tipo 2 per almeno un anno, migliorando la sensibilità all’insulina e riducendo l’infiammazione. Tuttavia, è fondamentale consultare un medico prima di iniziare, soprattutto per chi ha patologie preesistenti.

DIGIUNO E MALATTIE NEURODEGENERATIVE

Il digiuno intermittente migliora la memoria e la funzione cognitiva, stimolando la produzione del fattore neurotrofico derivato dal cervello, una proteina che sostiene i neuroni e ne favorisce la crescita. L’autofagia, inoltre, contribuisce alla rigenerazione cellulare e alla rimozione di detriti proteici dannosi.

Sebbene le prove umane siano ancora limitate, alcuni studi suggeriscono che la dieta chetogenica, simile al digiuno, possa migliorare la cognizione utilizzando i grassi e i chetoni come fonte di energia alternativa al glucosio.

DIGIUNO E CANCRO: UNA STRATEGIA PROMETTENTE?

Secondo il dottor Fung, il digiuno potrebbe ridurre il rischio di tumori legati all’obesità: «Esistono circa 13 tipi di cancro associati all’obesità». Digiunare affama le cellule tumorali, che dipendono dal glucosio, mentre il corpo inizia a produrre chetoni, una fonte di energia meno sfruttabile dai tumori.

Il digiuno riduce anche i livelli di insulina, un fattore associato a un maggior rischio di tumori al seno, alla prostata e al colon-retto. Sebbene manchino prove definitive, questa ipotesi apre nuove prospettive per la prevenzione oncologica.

CONSIDERAZIONI PRIMA DI INIZIARE

Il digiuno può causare fame e sbalzi d’umore, soprattutto in una società abituata a spuntini frequenti. Tuttavia, secondo il dottor Fung, questa pratica aiuta a strutturare meglio l’alimentazione, stabilendo momenti precisi per i pasti.

I benefici variano da persona a persona e non tutti tollerano il digiuno prolungato. Durante i digiuni lunghi, il corpo brucia grasso, ma la perdita muscolare dipende dalla composizione corporea. Integrare il digiuno nel proprio stile di vita può avvenire in modi diversi, scegliendo tra digiuno intermittente o prolungato ogni pochi mesi. L’importante è trovare un equilibrio che si adatti alle proprie esigenze e abitudini.

Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.

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