Nelle ultime settimane, la visibilità dell’Italia sullo scenario internazionale sta sensibilmente crescendo, in controtendenza rispetto alla crisi di leadership che sia l’Unione Europea che diverse nazioni europee stanno vivendo.
Dopo lo scontro in diretta Trump-Zelensky, l’Europa si è schierata compatta a fianco del presidente ucraino, guidata da una nazione, la Gran Bretagna, che non fa parte più dell’Unione Europea e da un leader, il tedesco Merz, che non ha ancora formato il proprio (difficile) governo di coalizione.
Nonostante questa fase di oggettiva debolezza, l’Europa ha deciso per una posizione forte a favore di Zelensky. L’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Kaja Kallas, ha persino dichiarato su X: «Oggi è diventato chiaro che il mondo libero ha bisogno di un nuovo leader», in riferimento all’incontro tra Zelensky e Trump a Washington. Una dichiarazione che potrebbe essere letta come un vero e proprio strappo con l’America.
In questo scontro, che rischia di diventare un pericoloso muro contro muro fra le due sponde dell’Atlantico, Giorgia Meloni si trova a ricoprire il ruolo del mediatore: «tutti condividiamo gli stessi obiettivi, Italia, Europa, Nato e Stati Uniti: e cioè ottenere una pace giusta e duratura in Ucraina» ha dichiarato la Meloni in conferenza stampa a Londra, e poi ha aggiunto: «ogni divisione dell’Occidente ci rende tutti più deboli e favorisce chi vorrebbe vedere il declino della nostra civiltà». Il presidente del Consiglio ha poi proposto la convocazione immediata di un vertice tra gli Stati Uniti, i Paesi europei e gli alleati per discutere la situazione attuale, naturalmente con particolare attenzione all’Ucraina.
Giorgia Meloni si trova quindi, paradossalmente, a cercare mediare tra Europa e Stati Uniti mentre questi ultimi stanno cercando di mediare tra Ucraina e Russia. Ma non è un compito facile. Il prestigio internazionale dell’Italia è indubbiamente migliorato nel corso degli ultimi anni, e Giorgia Meloni potrebbe forse trovare una sponda nel presidente francese Macron, uno dei pochi leader europei ad aver assunto un tono più conciliante nei confronti dei recenti sviluppi avvenuti Oltreoceano. Ma è anche vero che Macron ha come obbiettivo (evidente) il ruolo di primo piano che la Francia dovrebbe ricoprire in un’Europa militarmente autosufficiente, considerato che ha proposto il proprio Paese come fulcro della deterrenza strategica, essendo la Francia l’unica potenza nucleare del Continente.
Ed è difficile dire quanta presa sui capi di Stato e di governo europei possa avere il nostro presidente del Consiglio: le divisioni politico-ideologiche sul tipo di Europa (e di mondo) che i diversi leader europei immaginano, non saranno insormontabili ma nemmeno sono cosa di poco conto.
In ogni caso la Meloni è il presidente del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei ed è in buoni rapporti anche con il gruppo del Partito Popolare Europeo: nonostante manchi un’alleanza formale tra Fdi e Ppe, Giorgia Meloni ha guadagnato rispetto e riconoscimento a livello europeo, e Raffaele Fitto è stato nominato vicepresidente esecutivo della Commissione Europea per la Coesione e le Riforme, a dimostrazione di una crescente influenza nelle istituzioni europee.
Passando all’altra sponda dell’Atlantico, Donald Trump ha invitato Giorgia Meloni alla propria inaugurazione (il presidente del Consiglio era l’unico leader europeo presente) e ha pubblicamente espresso il proprio apprezzamento sia per le sue idee che le sue doti di leadership. La Meloni è anche recentemente intervenuta al convegno annuale dei conservatori americani, il Cpac, dove ha pronunciato un intervento che ricevuto grande apprezzamento.
Il canale di comunicazione che la Meloni ha con Trump e l’America conservatrice, insomma, è di tipo privilegiato. Ed è naturale immaginare che Trump cerchi una sponda in lei per intavolare un dialogo di lungo periodo con un’Europa che in questo momento gli è obiettivamente ostile.
Che ruolo riuscirà a giocare “l’astro nascente” della politica internazionale è troppo presto per dirlo. Ma indubbiamente il nostro Paese vive, per la prima volta dopo la caduta del Muro di Berlino, una fase storica di centralità nello scacchiere internazionale.