Zelensky umilia Putin e ribadisce: noi ci stiamo solo difendendo

di Redazione ETI/Reuters
4 Giugno 2025 6:18 Aggiornato: 4 Giugno 2025 10:01

Durante i negoziati di pace tenuti lunedì a Istanbul, la Russia ha dichiarato che porrà fine alla guerra solo se l’Ucraina cederà vaste porzioni di territorio e limiterà le dimensioni del proprio esercito, secondo un memorandum riportato dai media russi. Le richieste, presentate formalmente, confermano la determinazione di Mosca a non cedere sui propri obiettivi bellici. Kiev ha ripetutamente respinto tali condizioni, ritenendole equivalenti a una capitolazione.

Mosca punta a un accordo duraturo, non a una tregua temporanea, mentre Kiev sostiene che Putin non abbia interesse per la pace. Il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov, guida della delegazione di Kiev, ha annunciato che l’Ucraina, forte di una propria road map per la pace, esaminerà il documento russo senza commentarlo immediatamente. Kiev propone nuovi colloqui entro la fine di giugno, ma considera un incontro diretto tra Zelensky e Putin l’unica via per risolvere le numerose questioni aperte. Zelensky ha riferito che l’Ucraina ha presentato una lista di 400 bambini che ritiene deportati in Russia, ma la delegazione russa ha accettato di lavorare al ritorno di soli 10. Mosca sostiene che i minori siano stati trasferiti dalle zone di guerra per proteggerli.

LE RICHIESTE RUSSE

Secondo il memorandum pubblicato dall’agenzia Interfax, la pace richiede il riconoscimento internazionale della Crimea, annessa da Mosca nel 2014, e di altre quattro regioni ucraine che la Russia rivendica come proprie. Kiev dovrebbe ritirare le sue forze da queste aree. Mosca insiste affinché l’Ucraina adotti la neutralità, escludendo l’adesione alla Nato, garantisca i diritti dei russofoni, riconosca il russo come lingua ufficiale e introduca un divieto legale alla glorificazione del nazismo. L’Ucraina respinge l’accusa di nazismo come infondata e nega discriminazioni contro i russofoni.

La Russia ha delineato due opzioni per un cessate il fuoco verso un accordo di pace, entrambe impraticabili per Kiev. La prima prevede il ritiro totale delle forze ucraine dalle regioni di Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson, di cui Mosca controlla pienamente solo la prima e circa il 70% delle altre. La seconda opzione impone a Kiev di sospendere i riposizionamenti militari, accettare l’interruzione degli aiuti militari stranieri, delle comunicazioni satellitari e dell’intelligence, revocare la legge marziale e indire elezioni presidenziali e parlamentari entro 100 giorni. Il capo della delegazione russa, Vladimir Medinsky, ha suggerito un cessate il fuoco di due o tre giorni in alcune sezioni del fronte per recuperare i corpi dei soldati caduti.

L’UCRAINA ATTACCA I BOMBARDIERI RUSSI

Il conflitto si è inasprito, con Mosca che ha condotto i più intensi attacchi con droni dall’inizio della guerra e ha guadagnato terreno a maggio al ritmo più rapido degli ultimi sei mesi. Domenica, l’Ucraina ha annunciato un’operazione denominata «Ragnatela», con 117 droni impiegati per colpire bombardieri a lungo raggio con capacità nucleare in basi aeree in Siberia e nell’estremo nord della Russia. Immagini satellitari indicano danni significativi, sebbene le versioni delle due parti divergano sull’entità. Diversi analisti militari occidentali hanno descritto gli attacchi, effettuati a migliaia di chilometri dal fronte, come una delle operazioni ucraine più audaci del conflitto. I bombardieri strategici russi fanno parte della “triade” di forze nucleari di Mosca, che include missili da crociera e sottomarini, costituendo l’arsenale nucleare più vasto al mondo. Di fronte ai ripetuti moniti di Putin sulla potenza nucleare russa, alcuni analisti temono che il conflitto possa sfociare in una terza guerra mondiale; altri ritengono le minacce nucleari di Putin poco realistiche ed efficaci solo a livello mediatico.

Un funzionario dell’attuale amministrazione statunitense ha rivelato che Washington non era stata informata dell’attacco, ma pare sia stato un silenzio normale, dettato da ragioni di sicurezza operativa; anche il governo britannico ha confermato che anche Londra non era stata avvisata.

L’operazione ucraina “Tela di Ragno” – tanto brillante per Kiev quanto umiliante per Mosca – è stata condotta con 117 piccoli droni carichi di esplosivo, nascosti in speciali “casette” mobili in legno trasportate da Tir per migliaia di chilometri all’interno delle linee russe, fino a raggiungere poche decine di chilometri di distanza dalle basi dove erano parcheggiati gli almeno 14 (l’Ucraina ne dichiara invece 4o) bombardieri russi distrutti, causando un danno stimato in almeno 6 miliardi di euro. Il successo di questo attacco, organizzato dai Servizi segreti ucraini – tanto chirurgico quanto letale – è un durissimo colpo per l’immagine  bellica di Putin (già malandata, dopo tre anni di una guerra che, secondo il capo del Cremlino, avrebbe dovuto durare poche settimane) e rafforza la fiducia generale nella capacità ucraina di proseguire il conflitto. «L’Ucraina non si piegherà né accetterà ultimatum» ha infatti ribadito Zelensky in una conferenza stampa online, per poi precisare: «Noi non cerchiamo lo scontro né vogliamo ostentare alcuna forza: noi mostriamo la nostra forza perché il nemico non si ferma».


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