Trump: fermiamo la guerra in Ucraina sulla linea di fronte attuale

di Redazione ETI/Victoria Friedman
21 Ottobre 2025 9:21 Aggiornato: 21 Ottobre 2025 18:25

Donald Trump torna all’idea iniziale: l’Ucraina deve rinunciare a combattere e rassegnarsi a perdere parte del Donbass. Almeno per il momento. Il presidente americano, infatti, ieri ha dichiarato che l’Ucraina dovrebbe accettare le linee attuali del fronte, anche se una parte consistente della regione del Donbass resterebbe così sotto il controllo russo. Questo per porre fine a una guerra che «sta distruggendo vite umane e risorse economiche inutilmente». Ieri, rispondendo ai giornalisti a bordo dell’Air Force One il presidente degli Stati Uniti ha infatti invitato entrambe le parti a cessare i combattimenti: «Devono fermarsi ora, tornare a casa, smettere di uccidere e chiuderla qui». Rispondendo poi alla domanda su quale destino immagini per il Donbass, Trump ha detto: «Lasciamo le cose come stanno. Ormai è già diviso, e circa il 78 per cento del territorio è sotto il controllo della Russia. Si potrà negoziare più avanti», precisando di non aver mai discusso una cessione completa di quei territori a Mosca durante il suo recente incontro con il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Il 17 ottobre Trump ha ricevuto Zelensky alla Casa Bianca, il giorno dopo una «telefonata molto produttiva» con Vladimir Putin. Durante l’incontro col presidente ucraino, Trump ha affermato: «Credo che Putin voglia porre fine alla guerra. Ho parlato con lui ieri per più di due ore». In seguito, su Truth, ha definito l’incontro con Zelensky «molto interessante e cordiale», aggiungendo che «è tempo di fermarsi dove si è, lasciare che entrambi rivendichino la vittoria e che la Storia decida. Basta combattimenti, basta morti e basta spese insostenibili».
Zelensky ha definito la riunione positiva: «A mio avviso, il presidente Trump non vuole un’escalation con i russi almeno fino a quando non si sarà incontrato con loro». Una prospettiva, quella di perdere una parte significativa del proprio territorio, che Zelensky respingeva categoricamente fino a pochi mesi fa, ma che ora sembra disposto a accettare, in linea con le richieste di Washington, pur di fermare la guerra: «Condividiamo la visione positiva del presidente Trump, se questo può condurre alla fine del conflitto. Dopo un lungo confronto con lui e il suo gruppo di lavoro, ho compreso che la sua posizione si basa sulla fermezza delle attuali linee di contatto, a condizione che tutte le parti comprendano bene ciò che essa comporta».
Nel frattempo Zelensky ha acquistato venticinque sistemi di contraerea missili Patriot utilizzando fondi provenienti da beni russi congelati. Quanto ai Tomahawk, la questione rimane sospesa.

Il giorno prima dell’incontro con Zelensky, Trump aveva parlato al telefono con Putin, concordando un nuovo vertice a Budapest. Ai giornalisti Trump aveva poi riferito che questo incontro potrebbe tenersi «entro due settimane». Zelensky aveva espresso riserve sulla scelta di Budapest come sede del prossimo confronto, adeguandosi però di nuovo alle disposizioni americane: «Non considero Budapest il luogo ideale […] Ma se può portare alla pace, poco importa». L’Ungheria, dall’inizio del conflitto, ha mantenuto relazioni più strette con la Russia rispetto alla maggior parte dei Paesi europei.

Dal Cremlino è arrivata la conferma che Budapest è stata scelta per i buoni rapporti che il ruolo di “raccordo” del primo ministro ungherese Viktor Orbán fra Stati Uniti e Russia: «Orbán mantiene relazioni molto cordiali con il presidente Trump e costruttive con il presidente Putin» ha infatti detto ai giornalisti il portavoce Dmitrij Peskov, e «questo ha contribuito in modo decisivo all’intesa emersa durante l’ultima conversazione telefonica tra i due».


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