Il 7 luglio, il presidente Donald Trump ha inviato delle lettere a 14 Paesi relative ai nuovi dazi sulle loro esportazioni verso gli Stati Uniti, in vigore dal 1° agosto, tra cui un dazio del 25% su Giappone e Corea del Sud. Le lettere, pubblicate su Truth, avvertono che i dazi potrebbero aumentare se i Paesi dovessero rispondere con barriere commerciali. «Il dazio del 25% è ben inferiore a quanto serve per colmare il deficit commerciale con il vostro Paese», ha scritto Trump al primo ministro giapponese. Oltre al 25% su Giappone e Corea del Sud, il Presidente americano ha imposto dazi del 40% su Myanmar e Laos, 30% su Sudafrica e Bosnia Erzegovina, 25% su Kazakistan, Malesia e Tunisia, 32% su Indonesia, 35% su Bangladesh e Serbia, e 36% su Cambogia e Thailandia.
Nelle lettere, il Presidente ha sottolineato che i dazi potrebbero essere ridotti se i Paesi apriranno i loro mercati e abbatteranno le barriere commerciali, definendo i deficit commerciali attuali «una grave minaccia per l’economia e la sicurezza nazionale degli Stati Uniti».
La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato il 7 luglio che circa altri dodici Paesi riceveranno lettere simili nelle prossime settimane e che Trump firmerà un ordine esecutivo per estendere la scadenza al 1° agosto, al fine di favorire i negoziati. Finora, gli Stati Uniti hanno siglato accordi con India, Cina e Regno Unito, mentre i negoziati con Canada, Messico e Unione Europea sono ancora in corso.
Il 6 luglio Trump ha anche annunciato un ulteriore dazio del 10% ai Paesi che intendano allinearsi ai Brics, che attuano politiche in contrasto con gli interessi americani.
L’amministrazione Trump ha deciso di iniziare questa guerra doganale col resto del mondo per arrivare a un funzionamento più equo del commercio internazionale, e rimediare alle pratiche commerciali sleali che hanno seriamente danneggiato l’economia statunitense. Da gennaio, il servizio doganale statunitense ha raccolto oltre 106 miliardi di dollari in dazi, di cui 81 miliardi e 500 milioni sono attribuiti ai dazi decisi dall’amministrazione Trump. Secondo l’Ufficio parlamentare di Bilancio degli Stati Uniti, queste misure potrebbero ridurre il deficit americano di 2 mila miliardi e 800 milioni di dollari nei prossimi dieci anni, nonostante i lievi rallentamenti economici e le pressioni inflazionistiche che potrebbero creare nel breve periodo.