Israele ha stabilito una pausa tattica nelle operazioni militari in alcune aree della Striscia di Gaza, al fine di facilitare l’ingresso e la distribuzione degli aiuti umanitari. Questa “tregua a tempo” sarà in vigore ogni giorno dalle 10 alle 20 fino a nuove disposizioni. La pausa riguarderà zone non interessate da operazioni militari in corso, come Al-Mawasi, Deir al-Balah e la città di Gaza, secondo quanto comunicato dall’esercito israeliano. Per garantire il passaggio in sicurezza dei convogli umanitari, sono stati predisposti percorsi protetti che resteranno aperti dalle 6 alle 23 ogni giorno. Questo consentirà alle Nazioni Unite e alle organizzazioni internazionali di distribuire cibo e medicinali in tutta l’enclave. L’iniziativa è coordinata dal Cogat, l’ente per il coordinamento delle attività governative nei territori, che opera sotto l’egida delle forze armate israeliane, in collaborazione con l’Onu e altre organizzazioni internazionali. L’Onu, l’Unicef e il World food program, che da tempo insistono sul rischio di una carestia a Gaza, hanno accolto con favore la sospensione delle attività militari. Il responsabile umanitario dell’Onu, Tom Fletcher, ha definito la pausa «un passo avanti» e ha chiesto un cessate il fuoco permanente.
Il Cogat ha smentito con forza quelle che definisce «false accuse di affamamento deliberato di Gaza», criticando l’Onu per non aver riconosciuto adeguatamente gli sforzi di Israele nella distribuzione degli aiuti. In un messaggio pubblicato lunedì su X, il Cogat ha infatti dichiarato che almeno 120 camion di cibo sono stati distribuiti dalle agenzie delle Nazioni Unite e altre organizzazioni, e che «altri 180 camion sono entrati a Gaza e attendono di essere ritirati e distribuiti, insieme a centinaia di altri ancora in attesa di essere prelevati dall’Onu». Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha ribadito lunedì che non esiste né una carestia né una volontà politica di affamamento a Gaza.
Un’iniziativa umanitaria sostenuta dagli Stati Uniti e guidata da Israele, nota come Fondazione umanitaria di Gaza (Ghf), distribuisce aiuti nell’enclave a partire da maggio. Tuttavia, le principali organizzazioni umanitarie internazionali, incluse le agenzie dell’Onu, hanno scelto di non parteciparvi, esprimendo preoccupazioni per la sicurezza dei civili e per i “legami” della fondazione con l’esercito israeliano.
Domenica, Israele, Emirati Arabi Uniti e Giordania hanno ripreso i lanci umanitari coordinati sulla Striscia di Gaza, consegnando 28 pacchi di aiuti alimentari destinati ai residenti delle aree settentrionali e meridionali dell’enclave, secondo quanto riferito dall’esercito israeliano. Il Cogat ha assicurato che Israele continuerà a collaborare con i partner internazionali per migliorare l’accesso agli aiuti.
Il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, Sheikh Abdullah bin Zayed Al Nahyan, ha descritto la situazione umanitaria a Gaza come «critica e senza precedenti». Ha ribadito l’impegno del suo Paese nel fornire assistenza alla popolazione palestinese, sottolineando la determinazione a garantire che gli aiuti essenziali raggiungano chi ne ha più bisogno, attraverso vie terrestri, aeree o marittime.
La Giordania, che la settimana scorsa ha discusso di sicurezza e stabilità in Medio Oriente con l’amministrazione Trump, ha chiesto che gli aiuti possano raggiungere tutte le aree di Gaza per alleviare la crisi.
La pausa nelle operazioni militari israeliane, giunge in un momento in cui anche gli attuali negoziati per un cessate il fuoco sembrano prossimi al fallimento. La settimana scorsa, Israele e Stati Uniti hanno ritirato le rispettive delegazioni dai negiziati in Qatar, accusando Hamas di ostacolare i progressi e dichiarando di voler valutare delle alternative. La tensione – che era già alle stelle, come è facile immaginare – è recentemente aumentata a seguito dell’annuncio di Emmanuel Macron di voler riconoscere formalmente uno Stato palestinese nel prossimo futuro.
Il conflitto a Gaza è stato iniziato da Israele a causa dell’attacco terroristico di Hamas nel sud di Israele del 7 ottobre 2023, in cui Hamas ha ucciso di oltre 1.200 israeliani e cittadini stranieri, e ne ha rapiti 251. Quanto alla tregua, Israele sostiene che Hamas sia responsabile del protrarsi del conflitto perché viola i termini del cessate il fuoco e continua a trattenere gli ostaggi (in diversi casi, i cadaveri degli ostaggi israeliani).
La posizione israeliana attualmente resta quella di mantenere la pressione militare fino alla sconfitta o al disarmo di Hamas. «Continueremo a combattere finché non avremo ottenuto la liberazione dei nostri ostaggi e la distruzione delle capacità militari e politiche di Hamas» ha dichiarato Netanyahu lunedì, di fatto ribadendo come Hamas vada annientata. Condizioni ovvie da parte di Gerusalemme ma, naturalmente, altrettanto inaccettabili per Hamas. Le due fazioni restano insomma al muro contro muro.