L’incontro di martedì tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è concentrato sugli sforzi per ottenere la liberazione degli ostaggi detenuti a Gaza. Lo ha dichiarato lo stesso Netanyahu, sottolineando, in un messaggio pubblicato l’8 luglio sulla piattaforma social X, la determinazione di Israele a neutralizzare le capacità militari e amministrative di Hamas, «affinché Gaza non rappresenti più una minaccia per lo Stato ebraico».
Il colloquio, il secondo in due giorni alla Casa Bianca, si inserisce nel contesto degli sforzi diplomatici degli Stati Uniti per negoziare un nuovo accordo di cessate il fuoco tra Israele e il gruppo terroristico Hamas, dopo quasi due anni di conflitto. Secondo il ministero degli Esteri israeliano, al 22 giugno, «50 ostaggi sono ancora prigionieri a Gaza: 49 di essi sono stati rapiti il 7 ottobre 2023, mentre uno, Hadar Goldin, è detenuto dal 2014». Prima di partire per Washington, Netanyahu aveva indicato che 20 ostaggi risultano ancora in vita.
Durante la riunione di Gabinetto di martedì, l’inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha espresso ottimismo sulla possibilità di raggiungere un accordo entro la fine della settimana. «Siamo fiduciosi di poter finalizzare entro il weekend un’intesa che porterà a un cessate il fuoco di 60 giorni. Dieci ostaggi vivi saranno liberati, insieme a nove corpi di persone decedute» ha dichiarato Witkoff ai giornalisti.
Netanyahu ha anche riferito di aver discusso con Trump delle implicazioni e delle opportunità derivanti da «la grande vittoria conseguita contro l’Iran», in riferimento agli attacchi congiunti di Stati Uniti e Israele contro le infrastrutture nucleari iraniane il mese scorso. Il primo ministro israeliano ha poi evidenziato come si stiano aprendo nuove prospettive per allargare la pace e consolidare gli Accordi di Abramo: «Stiamo lavorando a questo con il massimo impegno», ha scritto su X. Gli Accordi di Abramo, mediati da Trump nel 2020, hanno normalizzato le relazioni tra Israele e diversi Paesi, tra cui Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco.
Netanyahu ha espresso la gratitudine del popolo israeliano a Trump per il suo sostegno e per l’impegno congiunto volto a garantire «un futuro di prosperità per il Medio Oriente e per lo Stato di Israele» consegnando a Trump una lettera con cui lo ha ufficialmente candidato al Premio Nobel per la Pace: «Lei sta costruendo la pace, in questo momento, in un Paese e in una regione dopo l’altra – ha detto Netanyahu – per questo, signor Presidente, desidero consegnarle la lettera che ho inviato al comitato del Nobel. È una candidatura meritata, e lei dovrebbe ricevere questo riconoscimento».
Accettando la lettera, Trump si è detto sorpreso e onorato, sottolineando che il gesto, provenendo da Netanyahu, ha per lui un significato particolare.
Sebbene Israele abbia dato il suo sostegno all’accordo per la tregua a Gaza, Hamas non ha ancora confermato la propria adesione.
Il conflitto finora ha provocato lo sfollamento di oltre 2 milioni di residenti di Gaza. Si stima che circa 40 mila palestinesi siano stati costretti a lasciare tre campi profughi a Jenin e Tulkarem, a seguito di operazioni militari israeliane su larga scala nel nord della Cisgiordania a partire da gennaio 2025. Lunedì, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha avanzato una controversa proposta per trasferire l’intera popolazione palestinese di Gaza in una «città umanitaria» chiusa, situata nella parte meridionale della Striscia. Parlando alla stampa, Katz ha descritto un piano per creare un campo sulle rovine di Rafah, che in una prima fase ospiterebbe circa 600 mila palestinesi, sottoponendoli a controlli di sicurezza. Secondo quanto riferito da The Times of Israel, l’obiettivo di questa operazione sarebbe quello di separare i veri civili dai miliziani di Hamas, offrendo in seguito ai palestinesi la possibilità di emigrare. La proposta ha suscitato dure critiche da parte di attivisti per i diritti umani. L’avvocato israeliano Michael Sfard, esperto in diritto umanitario, l’ha definita su X «un crimine contro l’umanità».