L’ufficio del primo Ministro israeliano ha annunciato ieri sera che «le modifiche che Hamas vuole apportare alla proposta del Qatar non sono accettabili per Israele». Ciononostante, Benjamin Netanyahu risulta aver dato istruzioni a Israele di accettare l’invito a «chiudere i colloqui» a Doha e di «proseguire i negoziati per la restituzione degli ostaggi sulla base della proposta del Qatar che Israele ha accettato».
Netanyahu ha convocato ieri sera il Gabinetto di sicurezza, dove i ministri sono stati aggiornati sulla ripresa dei negoziati con Hamas e sulle richieste dell’organizzazione terroristica a Israele. L’incontro ha definito il mandato che verrà assegnato alla delegazione israeliana. Secondo fonti politiche israeliane di alto livello sentite da Epoch Israele, la discussione a livello di governo è stata accesa e ha visto duri scambi tra il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich e il Capo di Gabinetto Eyal Zamir da una parte, e Netanyahu stesso dall’altra: i due ministri israeliani risulta abbiano votato a favore dell’istituzione di zone di soccorso che separerebbero Hamas dalla popolazione di Gaza, mentre i ministri Smotrich e Itamar Ben-Gvir risultano invece aver votato contro l’invio di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza settentrionale via camion nel periodo transitorio fino all’istituzione delle zone umanitarie, sostenendo che gli aiuti finirebbero senz’altro nelle mani di Hamas.
In ogni caso, la delegazione israeliana partirà nella giornata di oggi, domenica 6 luglio, per il Qatar nel tentativo di ridurre le distanze con Hamas e raggiungere un accordo. Netanyahu invece parte oggi per Washington, per incontrare domani Donald Trump alla Casa Bianca.
TRATTARE CON HAMAS NON È FACILE
Secondo alti funzionari israeliani, sentiti sempre da Epoch, le trattative con Hamas saranno difficili, data la volontà dell’organizzazione terroristica islamica di ricattare Israele e di recuperare al tavolo delle trattative il (tanto) terreno finora perso sul campo di battaglia.
Secondo quanto riportato dalla stampa in lingua araba, Hamas avanzerà le seguenti nuove richieste:
primo, cessazione delle attività della fondazione americana istituita per distribuire cibo ai residenti della Striscia di Gaza. Hamas chiede che la distribuzione degli aiuti umanitari sia affidata all’Onu e alle sue agenzie, come l’Unrwa. Ma Israele si oppone fermamente. Un’importante fonte politica israeliana sostiene che le attività della società americana, che stanno erodendo il potere di Hamas, siano state una delle ragioni per cui Hamas è stata costretta ad accettare di tornare al tavolo delle trattative;
secondo, ritiro delle forze armate israeliane sulle posizioni determinate nel precedente accordo di cessate il fuoco, e fornitura di garanzie internazionali che la guerra non continuerà dopo il cessate il fuoco di 60 giorni;
terzo, rilascio di centinaia di terroristi dalle prigioni israeliane, tra cui decine di assassini e uomini-simbolo del terrorismo islamico come Marwan Barghouti, l’artefice del terrorismo prodotto dalla Seconda Intifada, e i capi dell’ala militare di Hamas.
Israele insiste nel non ritirarsi dall’asse “Morag” nella Striscia di Gaza meridionale e nel mantenere un perimetro di sicurezza di 1250 metri lungo l’intero confine della Striscia di Gaza, per garantire che i terroristi di Hamas non si infiltrino nel territorio israeliano e compiano ulteriori massacri. Mantenere l’asse “Morag” è molto importante per Israele, che prevede di trasferire centinaia di migliaia di palestinesi dalla Striscia di Gaza settentrionale e centrale alle aree comprese tra l’asse “Morag” stessa e l’asse “Filadelfia”. Secondo le istruzioni date da Netanyahu al capo di stato maggiore, le forze armate israeliane prepareranno un piano in questo senso e lo presenteranno ai vertici politici dopo il ritorno di Netanyahu da Washington.
In tutto questo, politici israeliani di rilievo ritengono sia possibile raggiungere un accordo con Hamas e trovare un punto di incontro, anche se Gerusalemme ha tracciato alcune “linee rosse” invalicabili. In ogni caso, l’esercito israeliano continuerà a operare nella Striscia di Gaza come previsto, al fine di preservare i risultati ottenuti.
Diverse questioni fondamentali rimangono irrisolte, come la richiesta di Hamas di porre fine alla guerra, di ritirare tutte le forze israeliane dalla Striscia di Gaza, il rifiuto di disarmare ed esiliare all’estero i vertici della propria ala militare, l’identità dell’organismo che governerà la Striscia di Gaza al posto di Hamas e, infine, il problema della ricostruzione della Striscia di Gaza. Si prevede che tutte queste questioni saranno oggetto di discussione durante il cessate il fuoco di 60 giorni, sperando che la tregua venga effettivamente raggiunta. Ma la strada è ancora lunga: nonostante la ripresa dei negoziati partendo dalla versione aggiornata dello “Schema Witkoff”, la fine della guerra è purtroppo ancora lontana.