Israele e Hamas hanno raggiunto l’accordo: gli ostaggi a casa e via da Gaza Hamas e i soldati israeliani. Dopo aver reso noto che entrambe le parti avevano approvato l’intesa, il presidente degli Stati Uniti ha annunciato ieri che gli ostaggi ancora trattenuti da Hamas saranno liberati nei prossimi giorni, idealmente entro lunedì prossimo, 13 ottobre.
Ma alla notizia, di gran lunga, più importante – ossia la liberazione degli ostaggi dopo due anni di prigionia – si aggiunge la notizia che Hamas rinuncerà al controllo della Striscia di Gaza.
Tradotto: la “divisione Gaza” di Hamas si è arresa. I suoi capi, di fronte alla quasi certezza che l’esercito israeliano li avrebbe tutti uccisi, hanno deciso di abbandonare Gaza. Esattamente come richiesto da Benjamin Netanyahu.
«Sono estremamente orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno rafforzato con la loro firma la Fase Uno del nostro piano di pace. Questo significa che tutti gli ostaggi verranno liberati a breve e Israele ritirerà le truppe lungo una linea concordata, quale primo passo verso una pace forte, stabile e durevole» ha scritto ieri, 8 ottobre, Donald Trump su Truth. In un’intervista concessa in serata al giornalista di Fox News Sean Hannity, Trump ha poi annunciato la costituzione di un Consiglio di Pace, che sarà incaricato di supervisionare la transizione e la ricostruzione postbellica.
Donald Trump, inoltre, ha preannunciato una visita ufficiale in Medio Oriente che probabilmente inizierà sabato 11 ottobre: «Mi recherò verosimilmente in Egitto, dove al momento sono radunate tutte le parti in causa».
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha commentato la novità tramite Telegram: «Una giornata grandiosa per Israele. Domani convocherò il governo per ratificare l’accordo e riportare a casa tutti i nostri preziosi ostaggi». E poi: «Il mio ringraziamento più profondo va al presidente Trump e al suo staff per la dedizione dimostrata in questa missione sacra della liberazione degli ostaggi».
A seguito dell’annuncio, anche Hamas ha diramato una dichiarazione: «Esprimiamo grande apprezzamento per l’opera del Qatar, dell’Egitto e della Turchia quali mediatori e riconosciamo altresì l’impegno del presidente statunitense Donald Trump, orientato a porre fine alla guerra e a garantire il completo ritiro dell’occupazione dalla Striscia di Gaza […] Chiediamo al presidente Trump, agli Stati garanti dell’accordo e a tutte le parti arabe, islamiche e internazionali di vincolare il governo dell’occupazione affinché assolva integralmente a tutti i propri obblighi, senza lacune né ritardi».
Restano irrisolte numerose questioni centrali: la definizione delle linee di ritiro e dei futuri assetti di sicurezza, il destino della gestione politico-amministrativa della Striscia di Gaza (Hamas lascia un vuoto di potere che non deve essere colmato da un’altra organizzazione terroristica), il disarmo delle milizie, la ricostruzione la pacificazione di Gaza e il ruolo delle varie parti internazionali nel garantire e supervisionare gli accordi.
In sintesi, le decisioni più complesse e determinanti per il futuro di Gaza restano da definire nei prossimi negoziati: al momento l’accordo Israele-Hamas è limitato alla sospensione delle ostilità, alla liberazione degli ostaggi, al ritiro delle truppe israeliane e alla capitolazione di Hamas.
E qui si giunge all’aspetto più controverso e dell’accordo raggiunto ieri a Sharm el Sheik: nell’ambito dell’accordo concluso ieri, la sola “contropartita” certa da parte di Israele – almeno per ora – è il ritiro del proprio l’esercito dalla Striscia di Gaza, perché la scarcerazione dei detenuti di Hamas per essere eseguita necessita di un secondo voto da parte del Consiglio dei ministri israeliano, benché i ministri stessi abbiano approvato il piano di Trump, che già la prevede. Sul tema, l’opposizione interna al governo israeliano è forte ma per ora sembra essere in minoranza. Potrebbe però non essere detta l’ultima parola: da un lato, si tratterebbe di scarcerare molti terroristi pericolosi, che con ogni probabilità tornerebbero a fare l’unica cosa che sanno e vogliono fare: uccidere gli israeliani; dall’altro, la scarcerazione – diversamente dalla liberazione degli ostaggi israeliani – è un evento ancora relativamente lontano, e nel frattempo Hamas potrebbe violare uno o più punti dell’accordo, legittimando così una rappresaglia israeliana. Che potrebbe anche tradursi nel marcia indietro rispetto alla scarcerazione dei terroristi.




