L’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha denunciato l’uso del cibo come “arma” contro la popolazione civile a Gaza, definendolo un crimine di guerra. È la presa di posizione più forte finora contro un nuovo sistema di distribuzione degli aiuti gestito da un’organizzazione sostenuta da Israele.
Dalla fine di maggio, oltre 410 persone sono rimaste uccise da colpi d’arma da fuoco, sparati o meno dall’esercito israeliano, mentre cercavano di raggiungere i punti di distribuzione degli aiuti, ha riferito il portavoce dell’Ufficio, Thameen Al-Kheetan, durante un briefing con la stampa a Ginevra.
Ma il bilancio — basato su dati delle autorità sanitarie palestinesi e di alcune organizzazioni non governative — è ancora in fase di verifica. Secondo Al-Kheetan, la popolazione di Gaza, affamata e disperata, si trova davanti a un bivio: rischiare la vita per ottenere cibo o morire di fame. Il sistema di distribuzione è stato definito un «meccanismo di assistenza umanitaria militarizzato» messo in piedi da Israele. Limitare o impedire l’accesso a beni essenziali per la sopravvivenza, ha precisato, costituisce un crimine di guerra e, in certi casi, può configurare anche altre violazioni secondo il diritto internazionale. Alla domanda sulla responsabilità giuridica di Israele, Al-Kheetan ha risposto che spetta a un tribunale stabilirla. Israele, da parte sua, respinge ogni accusa di crimini di guerra e imputa ai combattenti di Hamas la responsabilità per i danni inflitti alla popolazione civile, accusandoli di operare tra i civili stessi. Un’accusa che i miliziani negano.