Jiang Zemin, l’uomo che ha ordinato il genocidio di 100 milioni di persone

di Frank Fang
1 Dicembre 2022 20:20 Aggiornato: 24 Gennaio 2025 16:54

Jiang Zemin, di fatto il capo assoluto del regime comunista cinese dal 1989 al 2002, è morto a causa di una leucemia e di un’insufficienza multipla degli organi il 30 novembre a Shanghai. La sua eredità è quella di uno spietato dittatore sanguinario, probabilmente il peggiore criminale dei diritti umani della Storia.

L’ascesa politica

Jiang era nato il 17 agosto 1926 a Yangzhou, nella provincia costiera orientale di Jiangsu, una regione a nord-ovest del centro finanziario di Shanghai.

Secondo quanto lui stesso sosteneva, era stato adottato all’età di 13 anni dallo zio, una sorta di icona comunista, che era rimasto ucciso mentre combatteva contro l’esercito giapponese durante la Seconda guerra mondiale. Sebbene gli storici rimangano scettici su queste “eroiche” origini, è chiaro come avesse cercato di prendere le distanze dal padre, Jiang Shijun, che era stato ministro del governo fantoccio sotto l’occupazione giapponese negli anni ’40, insomma un traditore.

Secondo la sua biografia, pubblicata dal Quotidiano del Popolo (il principale organo di propaganda del regime cinese), Jiang si era iscritto al Partito comunista cinese nel 1946 mentre studiava all’Università Jiaotong di Shanghai. Nel 1956, aveva vissuto in Russia, lavorando come apprendista presso la fabbrica di automobili Stalin: ma si ipotizza che Jiang in realtà fosse entrato a far parte dell’Ufficio dell’Estremo Oriente del Kgb, dopo un periodo addestramento a Mosca.

Nel 1985 era diventato sindaco di Shanghai e vicesegretario del Comitato del Partito Comunista di Shanghai, e nel 1987 era entrato a far parte dell’Ufficio politico del Comitato centrale. Era finalmente salito al potere nel 1989, poco dopo che l’allora capo del Pcc, Deng Xiaoping, aveva inviato carri armati e soldati a massacrare gli studenti filo democratici che manifestavano in Piazza Tienanmen. Poche settimane dopo la strage, Jiang fu promosso segretario generale del Partito, il capo assoluto del regime, in sostituzione di Zhao Ziyang, che aveva commesso l’errore di dimostrarsi comprensivo verso gli studenti in piazza.
In molti ritengono che Jiang, promosso da un momento all’altro mentre stava per andare in pensione come capo del partito di Shanghai, abbia tratto i maggiori benefici dall’azione militare di Piazza Tienanmen, dove si stima abbia fatto massacrare migliaia di manifestanti inermi.

Nel 1990, Jiang aveva anche assunto il comando delle forze armate del regime, dopo che Deng aveva annunciato le sue dimissioni. Tre anni dopo era arrivato anche il titolo di Capo dello Stato.

Jiang spesso vantava i propri “successi”, tra cui il l’aver portato Hong Kong fuori dal dominio britannico nel 1997, o l’aver ottenuto l’ingresso della Cina nell’Organizzazione mondiale del commercio nel 2001.

Quello di cui invece Jiang aveva sempre accuratamente evitato di parlare, erano i numerosi dissidenti cinesi che faceva incarcerare; fino al cambio di marcia della repressione del suo regime dittatoriale, avvenuto nel 1999, quando Jiang aveva personalmente ordinato (e imposto con la forza) la persecuzione contro la pratica spirituale del Falun Gong. Nel 2009, Jiang e quattro alti funzionari del Partito erano stati incriminati dalla magistratura spagnola per genocidio e tortura ai danni del Falun Gong. Nel 2003, tre associazioni in difesa del Tibet avevano presentato denuncia presso l’Alta Corte spagnola, accusando Jiang Zemin e Li Peng quali, rispettivamente presidente e capo del parlamento cinese, di aver commesso genocidio e crimini contro l’umanità in Tibet.

La persecuzione della Falun Dafa

Il Falun Gong, noto anche come Falun Dafa, consiste in insegnamenti morali basati sui principi universali di ‘Verità, Compassione e Tolleranza’, insieme a esercizi meditativi quotidiani. Da quando è stata introdotta in Cina nel 1992, la pratica ha avuto un’impennata di popolarità, tanto che si stima che alla fine del decennio gli aderenti nel Paese fossero tra i 70 e i 100 milioni (secondo i dati del Pcc stesso).

Il 10 giugno 1999, Jiang Zemin aveva dichiarato che avrebbe eliminato il Falun Gong entro tre mesi, colpendone i praticanti sul piano della reputazione, sequestrandone le  ricchezze e distruggendoli fisicamente. I praticanti uccisi nella persecuzione dovevano essere dichiarati “vittime di suicidio” e cremati immediatamente, senza identificazione. Questi erano i suoi ordini.
Jiang Zemin aveva mobilitato tutte le risorse del regime compresa la magistratura, la propaganda, le istituzioni culturali e politiche, e le scuole, per distruggere il Falun Gong. E considerando che ognuno dei 100 milioni di praticanti aveva una famiglia, amici, colleghi e conoscenti, la fetta di popolazione cinese colpita da Jiang Zemin era enorme. Da qui l’importanza dei dipartimenti di propaganda per diffamare questo credo spirituale agli occhi della popolazione cinese, così da poter “giustificare” la necessità della persecuzione, che all’inizio vedeva l’opposizione persino di diversi alti dirigenti del Partito, che avevano tra le loro fila dei praticanti del Falun Gong.

Praticanti occidentali della Falun Dafa durante la veglia in memoria dei praticanti cinesi uccisi dal Pcc in Cina. (Epoch Times)

Per quanto riguarda la propaganda mediatica, gli organi del regime – televisione, radio, giornali e poi internet – a tutti i livelli sono, come è facilmente intuibile, asserviti al Pcc nel produrre notizie false che mistificano gli insegnamenti del Falun Gong, diffamavano il suo fondatore e disumanizzano i suoi aderenti.

Non solo: il Pcc ha anche esteso la sua azione propaganda all’estero. Molti gruppi mediatici internazionali hanno infatti ripetuto acriticamente le falsità del Pcc, fuorviando l’opinione pubblica mondiale.

Il regime cinese sotto la guida di Jiang ha fatto largo uso di violenza estrema, propaganda costante e tattiche di lavaggio del cervello nel tentativo di costringere i praticanti del Falun Gong a scegliere tra la loro fede e la loro vita. Nel corso della persecuzione, milioni di persone sono state imprigionate in campi di lavoro, manicomi, centri di detenzione e centri di tortura per essersi rifiutate di rinunciare al proprio credo.

Le organizzazioni per i diritti umani hanno documentato oltre 100 metodi di tortura utilizzati dalle autorità cinesi per perseguitare il Falun Gong. Molti praticanti sono morti, mutilati o impazziti a causa di questi abusi.

Oltre alle torture fisiche e psicologiche, Jiang Zemin aveva anche imposto misure da “morte civile” per escludere il Falun Gong dalla vita pubblica: licenziamento, espulsione da scuole e università, revoca della pensione e di altri benefici sociali. Una repressione che quindi ha distrutto innumerevoli famiglie, in ogni angolo della Cina.

Marcia a Washington in ricordo delle vittime della persecuzione per mano del Pcc ( JIM WATSON/AFP/Getty Images)

Il numero dei morti che Jiang Zemin ha sulla coscienza è difficile da stimare, a causa della difficoltà nel trasmettere informazioni dalla Cina continentale. Minghui.org, un progetto web fondato da praticanti del Falun Gong per documentare la persecuzione, è riuscito a confermare e verificare la morte di 4.828 persone. Ma gli esperti ritengono che il numero reale sia molto più alto.

Il prelievo forzato di organi

Ma perseguitare, arrestare, torturare e uccidere i praticanti del Falun Gong, per Jiang Zemin non era abbastanza.

Nel 2016, investigatori indipendenti come David Kilgour (ex magistrato), David Matas (avvocato dei diritti umani) e Ethan Gutmann (giornalista investigativo) hanno pubblicato un rapporto di 700 pagine sul prelievo forzato di organi in Cina, in cui si stima che gli ospedali cinesi eseguano da 60 a 100 mila interventi di trapianto su base annua e che la principale fonte degli organi siano i praticanti del Falun Gong, che vengono uccisi a causa del prelievo (forzato) dell’organo. Interventi che avvengono mentre la vittima è pienamente cosciente, senza anestesia.

Sir Geoffrey Nice QC, presidente del China Tribunal, espone la sentenza del tribunale a Londra il 17 giugno 2019 (Justin Palmer)

Nel 2019, un tribunale popolare indipendente composto da un gruppo di avvocati ed esperti ha stabilito «al di là di ogni ragionevole dubbio» che il regime comunista cinese ha prelevato per anni, e continua a farlo, organi da ‘prigionieri di coscienza’ in vita in «proporzioni significative», e che i praticanti del Falun Gong sono la principale “fonte di approvvigionamento” degli organi. Il tribunale ha stabilito che si tratta di crimini contro l’umanità.

Un’influenza politica continua

Nel 2002, Jiang aveva trasferito il titolo di segretario del Partito (e quello di capo dello Stato un anno dopo) a Hu Jintao, mantenendo però la posizione di capo della Commissione militare centrale del Partito fino al 2004. Ma anche dopo aver ceduto formalmente tutti i suoi titoli, Jiang aveva continuato a esercitare una forte influenza politica da dietro le quinte, attraverso il suo clan di fedelissimi, noti come la Cricca di Shanghai. Alleati che erano ancora in posizioni chiave nell’esercito, nella magistratura, nell’apparato di pubblica sicurezza e nei governi regionali quando Xi Jinping, l’attuale capo del regime, è entrato in carica nel 2012.

Nella Cricca di Shanghai spicca la figura del famigerato Zhou Yongkang, ex membro del Comitato politico permanente del Pcc ed ex capo dell’apparato di sicurezza interna del regime. Il fedele Zhou aveva attuato scrupolosamente (anche) la persecuzione del Falun Gong, ed è probabile che avesse un ruolo di primo piano nel prelievo forzato di organi. Nel 2015, Zhou è stato condannato all’ergastolo per tangenti e abuso di potere, per aver favorito la fuga di segreti di Stato e vari altri reati.

L’influenza politica di Jiang si era recentemente affievolita, dopo che molti alti esponenti della sua Cricca, come l’ex capo del Partito di Chongqing Bo Xilai e l’ex vice ministro della Sicurezza Sun Lijun, erano stati arrestati e condannati durante la campagna anticorruzione di Xi Jinping (di fatto una sorta di Mani Pulite, messa in atto per distruggere la Cricca di Jiang).

Devastazione economica

La persecuzione dei praticanti del Falun Gong negli ultimi due decenni ha consumato un’enorme quantità di risorse finanziarie, umane e sociali, costando allo Stato e al popolo cinese una fortuna. La Cricca di Jiang ha mobilitato milioni di persone per attuare la persecuzione: gli stipendi, i bonus, gli straordinari e gli altri benefit riconosciuti agli aguzzini e ai carnefici di Jiang hanno superato i 100 miliardi di yuan all’anno (pari a circa 1 miliardo 250 milioni di euro).

Esempi di altri costi associati alla repressione del Falun Gong sono l’uso di taglie che incoraggiano i cittadini comuni a denunciare i praticanti, l’assunzione di agenti e delinquenti all’estero per perseguitare le comunità del Falun Gong all’estero, giornali in lingua cinese all’estero per diffamare il Falun Gong, e gli aiuti offerti ai Paesi in via di sviluppo in cambio del sostegno ai “risultati” della Cina in materia di diritti umani in seno alle Nazioni Unite.

Estratto da:  Former CCP Leader Jiang Zemin, Responsible for Persecution of Falun Gong, Dies at Age 96

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