(Anche) Bruxelles ora capisce che il regime cinese è un nemico

di Giovanni Donato/Lily Zhou
11 Luglio 2025 8:41 Aggiornato: 11 Luglio 2025 15:14

La Commissione europea ha presentato una strategia per costituire riserve di prodotti vitali, come le forniture medicali, e per rafforzare il settore chimico europeo, facendo seguito alle recenti dichiarazioni di Ursula von der Leyen, secondo cui l’Ue ha deciso di limitare la dipendenza dalle importazioni cinesi. Un’ulteriore dimostrazione del radicale cambio di rotta deciso a Bruxelles, dopo che, alcune settimane fa al G7, la von der Leyen aveva già esternato la necessità di cambiare radicalmente i rapporti commerciali col regime cinese dicendo «Donald ha ragione», rispetto ai dazi alla Cina. Il Covid aveva già evidenziato le vulnerabilità e le pericolose fragilità delle filiere degli Stati europei, ma solo dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca Bruxelles ha deciso di passare all’azione nei confronti del regime comunista cinese.

Mercoledì sono state annunciate la Strategia europea per l’accumulo di scorte e la Strategia per le contromisure mediche, pensate per garantire agli Stati membri l’accesso a risorse fondamentali — alimentari, acqua, energia e medicinali — in caso di “crisi” di qualunque genere: «È necessaria una strategia di lungo periodo, che assicuri la disponibilità continua delle forniture essenziali al funzionamento della società» ha confermato il commissario per la Parità e la Preparazione e la gestione delle crisi, Hadja Lahbib, in conferenza stampa.
Il piano prevede la creazione di una rete, attraverso cui gli Stati dell’Ue potranno coordinare le rispettive attività di stoccaggio. L’obiettivo è integrare in modo efficiente le scorte esistenti nei settori più carenti e migliorare la logistica nella distribuzione. «Alcuni Stati stanno già accumulando riserve in autonomia, ma manca una visione condivisa. Il primo passo è lo scambio delle informazioni» ha spiegato Hadja Lahbib.
La strategia prevede inoltre un rafforzamento della cooperazione tra ambito civile e militare, e l’avvio di partenariati tra settore pubblico e privato. Per quanto riguarda le contromisure mediche, l’obiettivo è velocizzare lo sviluppo, la produzione, la distribuzione e l’accesso ai prodotti sanitari all’interno dell’Unione.

I piano non copre solo la sicurezza sanitaria: inizia (finalmente) a delinearsi a Bruxelles una preoccupazione per il settore industriale europeo, in particolare di quello chimico, che in Europa contribuisce alla produzione del 96 per cento della produzione di beni, ma che ha visto la propria quota di mercato mondiale dimezzarsi dal 2003 (a favore dell’industria cinese). L’ambizioso Piano d’azione per l’industria chimica si propone quindi di rilanciare la produzione di risorse cruciali per settori strategici come difesa e innovazione. In coerenza con questo piano, Bruxelles fa notare come la maggior parte delle misure commerciali attualmente in vigore nel settore chimico riguardino appunto prodotti di origine cinese.

Nel corso di un dibattito al Parlamento europeo sui rapporti tra Unione europea e Cina, la von der Leyen ha sottolineato quanto il regime cinese abbia limitato l’accesso dell’Unione al proprio mercato, inondando contemporaneamente di beni cinesi (prodotti con sovvenzioni statali) i mercati internazionali: «Si tratta di sfide concrete che richiedono una risposta europea. Si è già intervenuti per ridurre i rischi legati a economia e industria, attraverso l’adozione di nuove misure di difesa commerciale e la diversificazione delle catene di approvvigionamento, nei settori in cui la Cina detiene una posizione dominante, se non monopolistica» ha detto la von der Leyen.

Poche settimane fa l’Ue ha vietato alle aziende cinesi produttrici di dispositivi medici di partecipare a gare pubbliche europee superiori a 5 milioni di euro, motivando la decisione con le «rilevanti barriere giuridiche e amministrative» che impediscono agli operatori europei di accedere agli appalti pubblici in Cina. Una misura che ha subito innescato la rappresaglia del regime comunista cinese, che il 6 luglio ha introdotto nuove restrizioni escludendo le aziende con sede nell’Unione Europea dalle gare d’appalto di valore superiore a 45 milioni di yuan (pari a circa 5 milioni 370 mila euro).


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