L’ambasciatore Usa in Israele, Mike Huckabee, ha espresso forti dubbi sulla possibilità che uno Stato palestinese indipendente resti un obiettivo di Washington.
In un’intervista rilasciata martedì a Bloomberg News, alla domanda se la creazione di uno Stato palestinese sia ancora una priorità, Huckabee ha risposto con un secco «Non credo proprio». Parole che hanno suscitato immediate reazioni, spingendo il ministero degli Esteri Usa a chiarire che l’ambasciatore parlava a titolo personale. La Casa Bianca, invece, ha preferito richiamare dichiarazioni passate del presidente Donald Trump, che già in precedenza aveva messo in discussione la validità della soluzione a due Stati.
La Casa Bianca ha citato un discorso di Trump di inizio anno, in cui il presidente proponeva un controllo statunitense su Gaza. L’idea aveva scatenato una condanna a livello mondiale: Stati arabi, palestinesi, organizzazioni per i diritti umani e l’Onu l’avevano definita una forma di «pulizia etnica». Inoltre, un commento di Trump del 2024, prima della sua rielezione, aveva aggiunto ulteriori dubbi: «Non so se la soluzione a due Stati funzioni ancora». Interrogata su un possibile cambio di politica, la portavoce del ministero degli Esteri, Tammy Bruce, martedì, ha evitato di commentare. «Spetta a Trump e alla Casa Bianca definire la linea», ha dichiarato ai giornalisti, aggiungendo che Huckabee «parlava a titolo personale».
L’ambasciatore Huckabee, cristiano evangelico e convinto sostenitore di Israele, pensa che servano «cambiamenti culturali profondi per rendere possibile uno Stato palestinese», e che tali trasformazioni «non avverranno a breve», per cui suggerisce di cercare un territorio in un Paese musulmano, evitando di chiedere a Israele di cedere terreno: «Deve essere per forza in Giudea e Samaria?» ha chiesto, usando il termine biblico con cui il governo israeliano designa la Cisgiordania occupata, dove vivono circa 3 milioni di palestinesi.