Il regime cinese ha introdotto nuove restrizioni all’accesso delle aziende europee di dispositivi medici al proprio mercato, in una sorta di “ritorsione preventiva” nel contesto delle crescenti tensioni commerciali con l’Unione Europea e gli Stati Uniti.
Secondo un avviso pubblicato online dal ministero delle Finanze del regime comunista cinese, i contratti di appalto pubblico con un valore superiore a 45 milioni di yuan (circa 6,3 milioni di dollari) non potranno essere assegnati a imprese con sede nell’Unione Europea, a meno che le aziende europee non operino e producano all’interno dei confini cinesi.
Il ministero cinese ha inoltre imposto limitazioni ai fornitori non europei, richiedendo che l’importo dei dispositivi medici provenienti dall’Ue non superi il 50% del valore totale del contratto.
Il ministero cinese ha inoltre imposto limitazioni ai fornitori non europei, richiedendo che l’importo dei dispositivi medici provenienti dall’Ue non superi il 50% del valore totale del contratto.
La decisione del regime comunista cinese rappresenta anche una risposta alle restrizioni adottate a giugno da Bruxelles, che hanno escluso aziende e prodotti cinesi dalla partecipazione alle gare d’appalto pubbliche per dispositivi medici, come indicato in una dichiarazione separata del ministero del Commercio cinese, rilasciata sempre il 6 luglio. Un portavoce del ministero ha accusato l’Ue di «proseguire sulla propria strada». A giugno, la Commissione Europea ha infatti deciso di escludere le aziende cinesi di dispositivi medici dalle offerte per contratti pubblici di valore superiore a 5 milioni di euro (circa 5,7 milioni di dollari). Questo dopo un’indagine durata mesi, che ha concluso che il regime cinese limita l’accesso dei produttori europei di dispositivi medici al livello dei contratti governativi «in modo iniquo e discriminatorio».
In un rapporto dettagliato, la Commissione ha evidenziato un programma industriale volto a trasformare la Cina in un polo di produzione ad alta tecnologia entro il 2025. Già noto come “Made in China 2025”, questo piano del Partito comunista cinese identifica i dispositivi medici ad alte prestazioni come uno dei suoi dieci settori strategici, e stabilisce obiettivi precisi per gli ospedali cinesi, che dovranno acquistare dispositivi medici di produzione nazionale al 70% entro il 2025 e al 95% entro il 2030. Protezionismo puro, quindi.
Gli investigatori europei hanno inoltre confermato un fatto noto da diversi anni: il regime comunista cinese ha istituito un sistema di appalti che incentiva le aziende cinesi a vincere le gare offrendo prezzi spesso insostenibili per le imprese straniere, che operano rispettando le regole del libero mercato, mentre quelle cinesi possono permettersi di fornire beni e servizi fortemente sottocosto perché il Partito interviene sistematicamente ripianando del perdite con soldi pubblici. Questo ingiusto “aiuto” statale ai produttori di articoli medicali cinesi, consente a questi ultimi di fare offerte, secondo il rapporto Ue, più basse anche del 90% rispetto a quelle europee, ed è da sempre conosciuto col termine di “dumping”.
Il bellicoso annuncio del regime cinese giunge mentre il suo principale diplomatico, Wang Yi, ha concluso un viaggio di una settimana in Europa, per preparare il terreno al vertice dei leader che si terrà a Pechino entro la fine del mese, in cui si celebreranno i 50 anni dall’instaurazione delle relazioni diplomatiche formali tra il regime cinese e l’Ue. La delegazione europea sarà guidata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo, António Costa.
Ma, al di là del cerimoniale, le tensioni tra la seconda e la terza economia mondiale rimangono elevate. Il 4 luglio, il ministero del Commercio cinese ha imposto dazi fino al 34,9% sul brandy importato dall’Ue. Alcuni grandi produttori sono stati esentati dai nuovi dazi dopo aver promesso di mantenere i prezzi al di sopra di una soglia minima sul mercato cinese, anche se il ministero non ha reso noto quali siano tali prezzi minimi. La Cina aveva avviato un’indagine antidumping sui liquori europei a gennaio 2024, come parte delle sue misure di ritorsione contro l’aumento delle tariffe dell’Ue sui veicoli elettrici prodotti in Cina. La disputa commerciale è già stata portata all’attenzione dell’Organizzazione mondiale del commercio da parte dell’Ue.
Ma, al di là del cerimoniale, le tensioni tra la seconda e la terza economia mondiale rimangono elevate. Il 4 luglio, il ministero del Commercio cinese ha imposto dazi fino al 34,9% sul brandy importato dall’Ue. Alcuni grandi produttori sono stati esentati dai nuovi dazi dopo aver promesso di mantenere i prezzi al di sopra di una soglia minima sul mercato cinese, anche se il ministero non ha reso noto quali siano tali prezzi minimi. La Cina aveva avviato un’indagine antidumping sui liquori europei a gennaio 2024, come parte delle sue misure di ritorsione contro l’aumento delle tariffe dell’Ue sui veicoli elettrici prodotti in Cina. La disputa commerciale è già stata portata all’attenzione dell’Organizzazione mondiale del commercio da parte dell’Ue.