Dissidente cinese: la dissociazione dal Pcc mi fa sperare per la Cina

di Redazione ETI/Limin Zhou
2 Maggio 2015 0:44 Aggiornato: 29 Giugno 2025 9:36

Il traguardo di duecento milioni di cinesi che hanno lasciato il Partito comunista cinese e le sue organizzazioni affiliate dà nuova speranza a un ex funzionario cinese rifugiato in Canada da quattordici anni.

Han Guangsheng, che ora risiede a Toronto, dice: «Il futuro della Cina è sicuramente luminoso dal momento che tanti si sono svegliati e riescono a vedere davvero la natura del Partito Comunista Cinese (Pcc), la tirannia e l’autocrazia che lo contraddistinguono, i suoi crimini contro l’umanità e la sua corruzione».

«E il fatto che ogni giorno nuove persone abbandonano il Partito renderà forse possibile alla Cina muoversi verso la democrazia, lo stato di diritto e un governo costituzionale». Han stesso si è dimesso dal Partito nel 2005.

Han è stato nominato vicedirettore dell’ufficio giudiziario di Shengyang nel 1996 e ne è diventato direttore nel 1999. Ma ha rinunciato all’incarico e nel settembre del 2001 si è trasferito in Canada, soprattutto perché disilluso e indignato dalla dittatura del regime comunista.

Il suo è stato un viaggio senza ritorno, ma non ha rimpianti.

Ha raccontato: «La cosa più giusta della mia vita è stata lasciare la Cina e staccarmi dal Pcc. È qualcosa di cui non mi pentirò mai. Inoltre i miei amici, gli ex colleghi, i miei ex dipendenti e tutti quelli che sono riusciti a mettersi in contatto con me si sono congratulati, mi hanno inviato saluti e si sono detti d’accordo con la mia scelta».

Tra gli studenti che nel 1977 erano entrati all’Università di Nankai, Han è stato il primo a iscriversi al Pcc. A quei tempi, dopo la Rivoluzione Culturale le università avevano appena ricominciato ad accettare gli studenti a fronte esami di ingresso standardizzati. Ma è rimasto ben presto deluso dalla realtà del Pcc e dal suo modo di operare: «Il mio risentimento è nato dal massacro di piazza Tiananmen a Pechino, il 4 giugno 1989. Nei dieci anni successivi volevo fare qualcosa per cambiare la situazione del Partito dall’interno, ma ho scoperto che era totalmente impossibile».

Per Han, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la campagna di persecuzione lanciata dal regime contro decine di milioni di aderenti alla pratica spirituale del Falun Gong, nel luglio del 1999.

Quando gli è stato ordinato di incarcerare i praticanti del Falun Gong o di portarli nei campi di lavoro forzato, si è rifiutato. In quanto direttore dell’ufficio giudiziario era responsabile delle strutture nella città di Shenyang. Ha raccontato di aver risposto che il Falun Gong era qualcosa che riguardava la fede e che quelle persone non erano criminali, ma senza risultato. Quindi ha iniziato a programmare segretamente la sua diserzione.

Ha spiegato: «Dopo l’inizio della persecuzione del Falun Gong, per molto tempo ho visto tanti praticanti innocenti imprigionati o costretti nei campi di lavoro forzato senza basi giuridiche, senza regolari processi».

«Essere testimone dei brutali e devastanti atti del Partito contro l’umanità mi ha fatto decidere di non volerne diventare complice, né di essere un carnefice della politica del Pcc, perciò ho deciso di andarmene».

Oggi Han gestisce una piccola impresa a Toronto e ritiene che il Pcc abbia i giorni contati.

«Sono come i passeggeri del Titanic: si preparano al naufragio».

Limin Zhou

Leggi l’articolo in inglese: ‘Quit the Party’ Movement Bodes Well for China, Says Former Official