Il Pil-bolla cinese

18 Luglio 2016 10:49 Aggiornato: 24 Gennaio 2025 16:50

Nel secondo trimestre del 2016 il Pil della Cina è cresciuto del 6,7 per cento su base annua. Ma solo ufficialmente, perché la maggior parte degli analisti non crede ai numeri dati dal governo cinese: «La cifra ufficiale è ancora intorno al 7 per cento, ma è un dato artefatto» spiega Willem Buiter, il capo economista di Citigroup. Buiter ritiene infatti che la Cina non stia crescendo più del 4 per cento.

Dopo la divulgazione del dato di crescita al 6,7 per cento per l’anno in corso divulgata nel primo trimestre 2016, gli analisti si aspettavano il 6,6 per cento nel secondo trimestre rispetto al secondo trimestre del 2015, per cui i leader cinesi hanno dovuto manipolare i dati per dare un’illusione di stabilità. E la crescita su base trimestrale è persino incrementata dall’1,1 per cento del primo trimestre all’1,8 per cento nel secondo.

«La Cina è in fase di stallo, e penso potrà uscirne solo con un ribilanciamento di lungo periodo», commenta Willem Buiter di Citigroup.

«La velocità di crescita che si attribuisce la Cina è sempre più difficile da credere, considerato che l’economia si trova ad affrontare una chiara resistenza strutturale», secondo un articolo della società di ricerche Capital Economics, i cui analisti – sulla base di un indicatore di attività proprio – ritengono che la Cina sia cresciuta del 4,5 per cento, più o meno lo stesso che nel primo trimestre.

Gli investimenti privati sono stati il più grande ostacolo per la crescita, con appena un incremento dell’1 per cento a maggio, in calo del 15 per cento rispetto ai primi mesi del 2015. E a reggere il colpo finora sono le aziende di Stato.

Un sondaggio di migliaia di aziende pubblicato all’inizio di luglio dal China Beige Book dipinge un quadro analogo: la maggior parte degli indicatori sono migliorati nel secondo trimestre, anche se l’attività è più o meno stabile nel corso dell’anno. Nella maggior parte dei casi, meno del 50 per cento degli intervistati segnala un miglioramento delle vendite, assunzioni, investimenti o prestiti bancari.

La Capital Economics ritiene che la maggior parte di questa stabilizzazione della crescita sia dovuta allo stimolo della spesa e che si esaurirà, a meno che il governo non intervenga di nuovo: «A meno che i politici non decidano per un’ulteriore immissione di moneta, il vento a favore della crescita si esaurirà entro l’inizio del prossimo anno».

Molti analisti sono ancora in attesa di un ribilanciamento dell’economia e di una crescita che sia guidata dai consumi piuttosto che dagli investimenti, cosa che per Willem Buiter non sta accadendo: «La Cina è in fase di stallo e penso che non cambierà fino a quando non avverrà un riequilibrio, cioè fino a quando le questioni politiche che si riflettono nella campagna anti-corruzione non saranno regolate, e sostenute dalle giuste politiche fiscali».

Buiter conclude: «Se la Cina non affronta sostanziali progetti di riforma, non tornerà a tassi reali di crescita oltre il 6 per cento. La Cina sta affrontando una perdita di fiducia nella propria capacità di gestire la moneta e un brusco rallentamento dell’attività».

Articolo in inglese: China’s Q2 GDP Growth Stable at 6.7 PCT YOY

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