Come sarebbe la Cina senza il comunismo?

21 Ottobre 2015 16:43 Aggiornato: 31 Gennaio 2025 17:08

Come sarebbe la Cina di oggi se il Partito Comunista non fosse mai salito al potere? La curiosa domanda è stata analizzata da un nuovo romanzo di Chan Koon-chung, noto autore nato ad Hong Kong e residente a Pechino.

Il romanzo, dal titolo The second year of Jianfeng: A uchronia of the new China [Il secondo anno di Jianfeng: un’ucronia della nuova Cina, ndt], è stato presentato a Hong Kong il 25 settembre. Il termine ‘ucronia’, ispirato dall’etimologia del vocabolo ‘utopia’, descrive una realtà alternativa o presupposta. I precedenti lavori di Chan, tra cui il romanzo distopico The fat years [Gli anni di abbondanza, ndt], rimangono inediti nella Cina continentale.

Il romanzo di Chan immagina una vittoria del Partito Nazionalista nella guerra civile cinese, avvenuta immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale e che nella realtà è terminata con l’occupazione comunista della Cina continentale nel 1949.

Il romanzo si basa su una storia alternativa della Cina, sotto il comando del leader nazionalista Chiang Kai-shek. Scrivendo dal punto di vista di persone con svariate estrazioni sociali e geografiche, Chan compone una descrizione di tre decenni dell’alternativa ‘Nuova Cina’, fino alla fine degli anni 70.

Lo scenario, dal momento che la Cina si modernizza e ottiene rilevanza globale, è quello di un Paese che ha guadagnato interesse persino a livello internazionale, e gli inconvenienti della sua peculiare configurazione di nazionalismo, leninismo e atteggiamento singolare verso lo Stato di diritto, iniziano a essere percepiti più acutamente. All’inizio di quest’anno, l’Economist ha pubblicato un articolo ipotetico per chi si chiede come potrebbe apparire la Cina in assenza delle politiche totalitarie brutali e inefficienti attuate dal loro istitutore, il leader comunista Mao Zedong.

UN FUTURO ALTERNATIVO

Chan Koon-chung ritiene che una Cina integrata con i mercati esteri avrebbe avuto maggiori opportunità di prosperità economica e un progresso sociale molto più rapido.

«Entro il 1979, la Cina avrebbe potuto essere molto ricca, o almeno sarebbe stato così nelle città, in conseguenza delle esportazioni, della manodopera a basso costo e dell’industria leggera nelle regioni costiere», ha dichiarato Chan in un’intervista con il media di Hong Kong Initium.

Il boom economico vissuto dal Giappone e da altre Nazioni dell’Asia orientale sarebbe stato di portata minore, dal momento che il loro posto sarebbe stato preso dalle città costiere cinesi, quali Shanghai, Tianjin o Guangzhou. Hong Kong sarebbe rimasto un porto ordinario di scarsa peculiarità, se non per il suo status di colonia britannica, attraverso il quale il commercio di merci estere avrebbe promosso lo sviluppo nella vicina provincia del Guangdong. «Inoltre, le Olimpiadi si sarebbero tenute a Nanchino», ha detto Chan. Nel suo romanzo, la città di Nanchino, che prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale era la capitale dello Stato di Chiang Kai-shek, rimane la sede del governo repubblicano.
Pechino, che letteralmente significa ‘Capitale del Nord’, conserva nel libro il nome ‘Beiping’, che significa ‘Pace del Nord’, dell’era repubblicana. Piazza Tiananmen, che ha subito un sostanzioso ampliamento sotto il presidente Mao, sarebbe rimasta di dimensioni più ridotte.

Il titolo del romanzo, ‘Il secondo anno di Jianfeng’, si riferisce all’inizio del dominio di Chiang Ching-kuo, figlio di Chiang Kai-shek, che adotta il nome di cortesia [un nome assegnato in Cina dopo il compimento dei venti anni di età al posto del nome di nascita, in segno dell’ingresso nell’età adulta e di rispetto, ndt] ‘Jianfeng’. (Nella realtà, anche Chiang Kai-shek ha un nome di cortesia, Zhongzheng). Nel libro di Chan, come nella vita reale, il Chiang anziano muore nel 1975 e suo figlio viene ‘eletto’ presidente dai 1200 membri dell’assemblea nazionale. La seconda parte del libro comprende sette capitoli sulle prospettive dei singoli personaggi.

Il trionfo della Cina nazionalista sul Partito Comunista arriva nell’aprile del 1946, quando il generale Sun Liren, noto ai suoi alleati americani come il ‘Rommel d’Oriente’, distrugge le armate del comandante nemico Lin Biao in Manciuria, dove i comunisti avevano consolidato il loro esercito e la loro base logistica con l’assistenza sovietica.

La storia alternativa di Chan mette anche in evidenza la tragica perdita del talento letterario alla quale la Cina ha fatto fronte quando i comunisti sono giunti al potere, dal momento che l’autore esplora il potenziale non realizzato degli scrittori, che è svanito a causa del clima politico distruttivo. Alcuni dei suoi personaggi sono scrittori cinesi storicamente esistiti, ma che tuttavia sono stati relegati all’anonimato.
«Ho scritto riguardo alla prima e alla seconda generazione di scrittori. Questi nomi sono tutti di persone reali, anche se potrebbero non essere ampiamente conosciuti», ha spiegato Chan all’Initium.

Sotto il governo dei nazionalisti, l’autore di Pechino Lao She, che è stato spinto al suicidio dalla Rivoluzione Culturale di Mao Zedong, non avrebbe affrontato la lotta politica. Nel libro, Chan lo ritrae come uno scrittore che ha pubblicato un milione di parole, anziché le sole 80 mila che ha osato scrivere nella realtà. Lui e un altro noto scrittore cinese, Lin Yutang, divengono laureati da premio Nobel.

Il celebre romanziere Shen Congwen, che è stato duramente perseguitato dai comunisti, è un altro autore che compare nella Nuova Cina di Chan. Sebbene un crollo mentale e altri traumi causati dalle campagne politiche dei comunisti, abbiano ridotto Shen a un uomo che non ha mai più scritto romanzi fino alla sua morte nel 1988, Chan gli ha attribuito la scrittura del libro Survivor [Sopravvissuto, ndt], un capolavoro paragonabile al Cento anni di solitudine della realtà. «C’è un serio lavoro accademico nei romanzi», ha detto Chan descrivendo la letteratura della sua madrepatria alternativa. «In una Cina pacifica e prospera, queste persone avrebbero potuto fare un buon lavoro».

D’altra parte, Chan sceglie di non includere quegli scrittori di sinistra che nella realtà sono diventati nomi familiari nella Cina continentale. Nel suo scenario di vittoria nazionalista, questi individui sono fuggiti in Unione Sovietica insieme alle forze comuniste sopravvissute, alle quali è stato dato rifugio in Crimea.

Questo sembra essere un paragone alla nostra realtà, dove si è visto il ritiro da Taiwan del Partito Nazionalista di Chiang Kai-shek. Èanche un possibile omaggio a L’isola dei Crimea, il romanzo scritto dall’autore sovietico Vasily Aksènov. Sebbene la Crimea sia in effetti una penisola, l’ucronia di Aksènov immagina il territorio completamente staccato dal continente europeo.
In questo libro, il governo della Russia Bianca che ha combattuto i bolscevichi di Lenin sopravvive ‘sull’isola’, che si sviluppa distaccatamente dalla Russia continentale comunista. Il libro «avrebbe dovuto essere pubblicato a Taiwan tempo fa, ma non lo è stato», ha detto Chan Koon-chung.

Da segnalare nel libro di Chan anche il personaggio di Zhang Dongsu, uno studioso liberale di Hong Kong che vive a Pechino. Nella nostra realtà, quella di Zhang è una figura storica oscura. In un travisamento autoreferenziale, Chan fornisce la previsione di Zhang di come sarebbe stata la Cina se i comunisti fossero stati in realtà vittoriosi. L’opera si intitola Killing a hundred flowers after I bloom: What if the Communist Party ruled China? [L’uccisione di cento fiori dopo la mia fioritura: Come sarebbe se il Partito Comunista governasse la Cina?, ndt] e riecheggia la campagna comunista dei ‘cento fiori’, realmente attuata nel 1950, con la quale il presidente Mao ha incoraggiato gli intellettuali a criticare apertamente il Partito Comunista, solo per poi perseguitarli senza pietà dopo che avevano rivelato i loro veri pensieri.

Nonostante il progresso economico e la moderazione culturale, i nazionalisti non sono tutti rose e fiori. Chan mette in chiaro che, come nel caso della Taiwan del libro, la Cina repubblicana dopo la Seconda Guerra Mondiale è ancora uno Stato autoritario che sopprime le voci democratiche.

Se questa Cina a un certo punto si liberalizzi e democratizzi, come ha fatto Taiwan nella vita reale, non è preso in esame nella narrazione. Chan ha perlustrato diari e dati relativi alla vita e alle attività dei principali funzionari e statisti nazionalisti, tra cui Chiang Ching-kuo, figlio e successore di Chiang Kai-shek.

Nella sua intervista con l’Initium, Chan osserva che diari del Chiang più giovane arrivano fino al 1979, per cui le motivazioni che ci informano sulla sua politica di vita reale che alla fine hanno portato la democrazia a Taiwan, non possono essere facilmente intuite. «Fortunatamente, non ho coperto quella parte», ha commentato Chan.

Il finale in sospeso della politica è un dilemma che minaccia il Partito Comunista al potere nella realtà: potrebbe il presidente Jianfeng consentire che la supremazia del suo partito politico passi in secondo piano rispetto alle esigenze del Paese?

 

Articolo in inglese: What If China Never Went Communist? Hong Kong Author Envisions an Alternate History

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