Tsu’Chu, l’antico gioco cinese che ha dato origine al calcio

di Redazione ETI/Sophia Lam
25 Agosto 2025 16:38 Aggiornato: 25 Agosto 2025 16:38

Quanti tra gli appassionati di calcio sono a conoscenza che la forma più antica di questo sport non ha avuto origine in Inghilterra ma nell’antica Cina? Dal 2004 anche la Fifa ha riconosciuto lo Tsu’Chu, gioco con la palla risalente a oltre duemila anni fa, come la forma più antica conosciuta di calcio. Lo Tsu’Chu è documentato in testi classici come Strategie degli Stati Combattenti e Cronache del Grande Storico, entrambi con riferimenti alla sua popolarità a Linzi, capitale dello Stato di Qi durante il periodo degli Stati Combattenti (circa 475-221 a.C.).
Il termine Tsu’Chu è la combinazione tra tsu (calciare) e chu (palla). Secondo la cronaca storica sulla dinastia Qing Jianhu Shouji di Chu Renhuo, le prime palle da gioco della dinastia Han erano fatte di pelle e imbottite con peli di animali. In origine, le tecniche erano finalizzate all’esercizio militare, per addestrare i soldati e testare la loro forma fisica. Il testo della dinastia Han Cronache del Grande Storico afferma: «lo Tsu’Chu riflette le tattiche militari. Addestra i guerrieri e rivela le loro capacità».

Lo Tsu’Chu assunse una forma più ufficiale durante la dinastia Han (206-220 d.C.) e fu considerato un’attività fisica strutturata che comprendeva sia un significato tattico che morale. Lo studioso Li You scrisse il testo Descrizione del campo da gioco, in cui spiegava in modo particolareggiato la struttura del campo e le regole del gioco: il campo da gioco simboleggiava lo yin e lo yang; ogni lato era caratterizzato da sei porte a forma di luna chiamate “camere chu” e le partite venivano giocate tra due squadre di dodici giocatori. La descrizione di Li richiamava l’attenzione anche sulla correttezza del gioco:

Gli arbitri dovevano essere imparziali: «Nessun favoritismo, nessun pregiudizio personale».
I giocatori dovevano mostrare una buona condotta: «Mantenere la calma e non accusare gli altri».
I capitani e gli arbitri dovevano essere eletti e le regole seguite in modo coerente.
Li concludeva: «Se il calcio richiede virtù, quanta più ne richiede il governo?».

Anche nel Libro degli Han, classico della storiografia cinese, è presente un manuale di venticinque capitoli intitolato Tsu’Chu. Purtroppo, dopo la scomparsa della dinastia Tang è andato perduto, ma un tempo era classificato sotto la voce Scienze militari per il suo rigore strategico.

LA DINASTIA TANG

Durante la dinastia Tang (618-907), le palle solide furono sostituite con altre gonfiate ad aria, che consentivano maggiore rimbalzo e agilità e portarono a nuove tecniche e stili di gioco. Wang Wei, famoso poeta della dinastia Tang, scrisse: «La palla arrivò tanto in alto che volò oltre gli uccelli». Durante la dinastia Tang, lo Tsu’Chu divenne talmente popolare che entrò a far parte delle attività della corte imperiale. Imperatori come Tang Taizong e Xuanzong erano spettatori appassionati. Gli imperatori premiavano i vincitori con broccati, preziosi tessuti di seta decorati con motivi intessuti con fili d’oro o d’argento che rappresentavano il favore imperiale, lo status elevato e il grande onore.

Tra gli imperatori che giocavano a Tsu’Chu, figurava Song Taizu, imperatore della dinastia Song (960-1279) che fu anche il giocatore di rango più alto. Il dipinto L’imperatore Taizu gioca a Tsu’Chu, dell’artista della dinastia Song Su Hanchen, mostra l’imperatore Taizu che calcia la palla, affiancato dal suo fedele ministro Zhao Pu, mentre altri quattro dignitari li guardano. Il dipinto originale è andato perduto e la versione conservata oggi nel Museo del Palazzo di Pechino è una copia realizzata da Qian Xuan, pittore attivo tra la fine della dinastia Song meridionale e l’inizio della dinastia Yuan.

Il documento della dinastia Song meridionale Wulin Old Stories elencava una squadra completa di trentadue giocatori, forse la prima formazione titolare registrata al mondo, con posizioni simili a quelle del calcio moderno. Secondo una ricerca condotta dall’Università Soochow di Taiwan, la partita si apriva con un giocatore che dava il calcio d’inizio e la palla veniva successivamente passata ai giocatori in diverse posizioni seguendo uno schema prestabilito. Ai giocatori non era consentito usare le mani e la palla non poteva toccare terra durante i passaggi. La sequenza continuava fino a quando la palla non veniva restituita al giocatore che aveva effettuato il calcio d’inizio, il quale tentava di segnare una rete calciando la palla attraverso la porta, chiamata “occhio del vento”, posizionata in alto su due pali. Segnare una rete significava vincere quel turno.
Anche le donne partecipavano: nel Comprehensive Examination of Literature si parla di una squadra femminile formata da 153 componenti della corte Song, vestite con abiti ricamati e cinture d’argento, che si esibivano davanti a un vasto pubblico.

Nonostante la sua lunga e vivace storia, durante le dinastie Ming e Qing lo Tsu’Chu subì un declino. A causa dell’eccessiva indulgenza dei funzionari di alto rango e degli ufficiali militari nei confronti del gioco, l’imperatore Hongwu emanò dei divieti e le punizioni erano severe: secondo alcune fonti, alcuni giocatori furono condannati all’amputazione dei piedi. All’epoca della dinastia Qing, lo Tsu’Chu aveva ormai perso l’immagine nobile che lo caratterizzava, scomparendo dalla tradizione culturale cinese. Tuttavia, la sua eredità come primo calcio organizzato al mondo continua a vivere, offrendo un capitolo ricco e sorprendente nella storia mondiale dello sport.