Crolla il solare in Cina, licenziamenti e perdite record

di redazione eti/Reuters
4 Agosto 2025 15:35 Aggiornato: 4 Agosto 2025 15:35

La Repubblica Popolare Cinese, leader mondiale nella produzione di pannelli solari, sta attraversando una crisi senza precedenti: le principali aziende del settore sono state costrette a tagliare drasticamente il personale, travolte da una feroce guerra dei prezzi e da un’eccessiva capacità produttiva. Secondo un’analisi di Reuters basata sui bilanci aziendali, Longi Green Energy, Trina Solar, Jinko Solar, Ja Solar e Tongwei hanno eliminato circa 87 mila posti di lavoro nel 2024, pari al 31% della loro forza lavoro complessiva. Dallo scorso anno, oltre 40 aziende solari sono fallite, sono state escluse dalla quotazione in Borsa o acquisite, secondo un’analisi di luglio dell’associazione dell’industria fotovoltaica. I tagli al personale, spesso non dichiarati ufficialmente, derivano da licenziamenti e dimissioni legate alla riduzione di stipendi e orari. Solo Longi Green Energy ha ammesso un taglio del 5%, mentre le altre aziende non hanno risposto alle richieste di commento. In un Paese dove l’occupazione è fondamentale per la stabilità sociale, questi tagli sono politicamente delicati.

Il solare, individuato dal regime cinese come uno dei pilastri per la crescita insieme ai veicoli elettrici e alle batterie, è in crisi dal 2023. La Repubblica Popolare Cinese produce il doppio dei pannelli richiesti dal mercato mondiale, provocando una sovrapproduzione del tutto “anti-economica” che ha scatenato una brutale competizione sui prezzi. Insomma il regime cinese ha fatto un autogol. La situazione è poi peggiorata con l’introduzione dei dazi contro le esportazioni da impianti cinesi nel Sud-est asiatico. Nel 2024 il settore ha registrato perdite per 60 miliardi di dollari, un livello paragonabile a quello dell’immobiliare, pur rappresentando solo un decimo del suo valore. Tra il 2020 e il 2023, il regime ha spostato risorse dal settore immobiliare verso le cosiddette “nuove tre” industrie strategiche: solare, auto elettriche e batterie. Ne è seguita un’espansione sfrenata degli impianti produttivi, con nuove fabbriche costruite a tappe forzate. L’offerta ha però superato la domanda, facendo crollare i prezzi del 42% nel 2023 e portando molti produttori al fallimento.

Non sorprende, quindi, che il settore attraversi una crisi profonda. Cheng Wang, analista di Morningstar, ha osservato che il declino, iniziato alla fine del 2023, si è aggravato nel 2024 e potrebbe ulteriormente deteriorarsi nel 2025. Alan Lau, analista di Jefferies, ha descritto la situazione come senza precedenti, sottolineando che, sebbene settori come acciaio e cemento abbiano spesso affrontato un eccesso di capacità, mai si era verificata una perdita di liquidità su scala industriale protrattasi per un anno e mezzo. Per ristabilire la redditività, gli esperti ritengono indispensabile ridurre la capacità produttiva di almeno il 20-30%. Il Partito comunista cinese ha infatti cominciato a dare segnali di intervento. A luglio 2025, i prezzi del polisilicio sono aumentati del 70%, mentre quelli dei pannelli solari sono cresciuti più lentamente. GCL Technology, tra i principali produttori di polisilicio, ha annunciato l’intenzione di creare un organismo simile all’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio per regolare prezzi e offerta, e ha lanciato un fondo da 50 miliardi di yuan (circa 6 miliardi e 600 milioni di euro) per acquisire e chiudere circa un terzo della capacità produttiva di bassa qualità.

All’inizio di luglio, il Segretario generale del Pcc Xi Jinping ha chiesto di porre fine alla «concorrenza disordinata sui prezzi». Pochi giorni dopo, il ministero dell’Industria si è impegnato a moderare la guerra dei prezzi e a ritirare gli apparati obsoleti (secondo fonti interne, il regime cinese intenderebbe risolvere il problema entro la fine dell’attuale piano quinquennale). Nell’Anhui, una delle principali province manifatturiere, le autorità hanno ordinato a giugno lo stop a nuove produzioni e la chiusura delle linee operative al di sotto del 30% della capacità. Inoltre, ogni nuova iniziativa produttiva richiede l’approvazione verbale della Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma. Ma nonostante le direttive di Pechino, i governi locali restano riluttanti a ridurre la capacità produttiva, temendo le ovvie ripercussioni che vi sarebbero sull’occupazione e sulla crescita. A giugno, infatti, il presidente di Trina Solar ha confermato l’avvio di nuovi progetti per il 2025, ignorando l’ordine della Commissione di sospendere le espansioni.


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