Israele e Stati Uniti avrebbero raggiunto un accordo secondo cui, alla luce della inutilità di continuare a trattare con Hamas, ora si passerebbe da un piano per liberare alcuni ostaggi a un piano per liberarli tutti, disarmare Hamas e smilitarizzare la Striscia di Gaza. Insomma un colpo di mano. Secondo fonti israeliane, infatti, il tempo per gli «accordi parziali» è finito e non vi sarebbe più alcun margine di trattativa; Israele, quindi si starebbe preparando a un’escalation della guerra nella Striscia di Gaza. Allo stesso tempo, però, Israele e Stati Uniti lavoreranno per aumentare il flusso di aiuti umanitari. La decisione di avviare negoziati per un accordo che porti al rilascio di tutti gli ostaggi e alla fine della guerra, ha di fatto azzerato la richiesta di Hamas di garanzie internazionali per porre fine ai combattimenti. Israele non ha modificato le sue richieste di disarmo di Hamas, smilitarizzazione della Striscia di Gaza e deportazione dei leader di Hamas all’estero.
Fonti politiche israeliane di alto profilo, sottolineano come l’incontro di ieri tra Benjamin Netanyahu e l’inviato statunitense Steve Witkoff sia stato positivo.
L’opinione prevalente in Israele è che Hamas abbia «perso il contatto» con i negoziati. L’organizzazione terroristica ha rilasciato una dichiarazione ieri sera in cui affermava di essere pronta a «riprendere i negoziati immediatamente dopo la fine della crisi umanitaria e della carestia a Gaza» perché, sostiene Hamas, «continuare i colloqui all’ombra della carestia li rende inutili, soprattutto dopo che Israele si è ritirato dai negoziati la scorsa settimana senza alcuna giustificazione, quando eravamo vicini a un accordo» conclude Hamas, di fatto accusando Gerusalemme di volere la pace solo a parole. D’altra parte, in Israele si ritiene che sia invece Hamas a non volere la pace, nonostante le concessioni israeliane. E anche Donald Trump è giunto alla stessa conclusione. Lo ha dichiarato apertamente ai giornalisti il 25 luglio: «in realtà, loro non lo volevano l’accordo, e hanno lasciato il negoziato» aveva detto Trump, aggiungendo: «Gli israeliani dovranno combattere e farla fuori» riferendosi ovviamente a Hamas.
Hamas, d’altra parte, non è interessata a un accordo parziale e men che meno alle condizioni offerte da Israele, in forza di una decisione presa dal Consiglio della Shura (ossia la direzione suprema) dell’organizzazione di non stipulare ulteriori accordi con Israele, senza ricevere sufficienti garanzie internazionali che Israele cesserà immediatamente la guerra e ritirerà tuti i militari dalla Striscia di Gaza. Ma esiste anche una corrente di pensiero, nelle forze armate israeliane, secondo cui vi sarebbero serie divergenze tra i capi militari di Hamas nella Striscia di Gaza e i suoi dirigenti all’estero, e che sia il capo ad interim dell’ala militare, Izz ad-Din al-Haddad, a opporsi all’accordo. Inoltre, Hamas presume che Israele sia sotto un pesante assedio politico, a causa della campagna mediatica scatenata in tutto il mondo sul tema della carestia, e a causa dell’iniziativa franco-saudita di riconoscere uno Stato palestinese; Hamas riterrebbe quindi che il tempo giochi a suo favore, e che la pressione politica su Israele non farà che aumentare, costringendo Gerusalemme a cessare l’assedio della Striscia e a fermare la guerra. Il tutto senza che sia necessario liberare gli ostaggi. Un colpo gobbo che, nelle intenzioni di Hamas, dovrebbe darle più spazio di contrattazione con Israele.
Un terzo fattore considerato dai vertici israeliani sarebbe poi il fatto che non tutti i rapiti siano ora nelle mani di Hamas, e quindi non tutti possano essere immediatamente recuperati dal luogo in cui sono tenuti prigionieri. Alcuni dei rapiti sono infatti nelle mani di altre fazioni, come la Jihad Islamica, altri sono nelle mani di clan armati locali, e alcuni sono probabilmente sepolti sotto le macerie o rimasti uccisi nei bombardamenti. Hamas è indebolita, e non ha il controllo completo della situazione, per cui non è disposta a consegnare l’elenco dei rapiti nelle sue mani, ed è ovviamente esitante a impegnarsi in un accordo del quale non sarebbe poi in grado di soddisfare le richieste.
In conclusione, Israele non ha alcuna intenzione di rinunciare alle sue principali richieste a Hamas per porre fine alla guerra. Mentre Hamas è convinta di poter vincere la guerra non sul campo di battaglia ma a livello politico, quando Israele sarà costretto a sottomettersi ai suoi dettami. Alla luce di tutto questo, le possibilità di arrivare a un accordo che metta fine alla guerra risultano attualmente molto scarse. A Israele non resta quindi che decidere se inasprire ulteriormente la sua operazione militare a Gaza per aumentare la pressione su Hamas. Ma con uno scarsissimo appoggio a livello internazionale (Stati Uniti esclusi).