Un’analisi del Mamiri Institute rivela che centinaia di religiosi musulmani provenienti da tutto il mondo, la maggior parte dei quali affiliati al movimento dei Fratelli Musulmani, si sono riuniti il 27 giugno 2025 in Turchia e hanno pubblicato una nuova “Carta halakhica”, che dà pieno sostegno religioso all’attacco di Hamas del 7 ottobre e alla politica dell’organizzazione. Lo scopo della Carta è quello di stabilire la “legittimità halakhica” dell’attacco in cui circa 1.200 israeliani sono stati assassinati e 250 sono stati rapiti, nonché di negare le richieste di disarmo di Hamas.
Secondo Mamri, finora 39 organizzazioni e associazioni di personalità religiose e 350 eminenti personalità religiose del mondo musulmano hanno firmato il trattato. Tra i firmatari di spicco figura Ahmed al-Khalili, il Mufti del Sultanato dell’Oman, noto per le sue posizioni anti-israeliane. La maggior parte dei firmatari appartiene all’Unione Mondiale degli Studiosi Musulmani, un’organizzazione ideologicamente affiliata ai Fratelli Musulmani, che promuove una linea islamista radicale di incitamento al jihad, al terrorismo, all’antisemitismo e all’odio verso Israele.
Il trattato definisce il conflitto con Israele come una lotta religiosa e afferma che si tratti di una guerra di jihad tra musulmani e infedeli, con la resistenza armata di Hamas come dovere religioso. Il trattato definisce la Palestina “dal mare al fiume” come terra islamica e afferma che Israele non ha alcun diritto di esistere. Qualsiasi accordo con Israele, inclusi i trattati di pace e le risoluzioni Onu, è considerato privo di validità.
La Carta afferma inoltre che la jihad contro Israele è un “obbligo halakhico” e che chiunque rinunci a qualsiasi territorio palestinese è un «traditore»: è obbligatorio sostenere i combattenti della jihad, e chiedere a Hamas di disarmarsi è considerato un tradimento di Allah. «Conquistare il potere» è considerato un obbligo halakhico e qualsiasi richiesta di fermarlo è pure un tradimento. La Carta respinge poi le critiche interne a Hamas e afferma che in tempo di guerra è vietato mettere in discussione o criticare i combattenti del jihad, e invita le figure religiose, i governanti, i finanzieri, i personaggi mediatici e gli accademici a sostenere i combattenti della jihad in ogni modo: partecipando ai combattimenti, armandoli, con donazioni finanziarie, supportandone i mass media e istruendo le giovani generazioni sulla jihad. Non solo: i religiosi devono incoraggiare la jihad, chiarire il dovere della resistenza e condannare gli oppositori; i governanti devono assistere i combattenti della jihad con manodopera, armi e denaro, recidere i legami con Israele e consentire l’educazione alla jihad.