Come riparo dal diluvio digitale i giovani scelgono l’analogico

di Kay Rubacek per ET USA
15 Luglio 2025 17:03 Aggiornato: 15 Luglio 2025 17:03

Quando parlo con amici sui sessanta o settanta anni, emerge spesso un lamento ricorrente: «I ragazzi di oggi sono incollati agli schermi. Sono ansiosi, disorientati, e non conoscono il valore della vita reale». A volte sembra che tra le generazioni si sia aperto un divario incolmabile. I notiziari serali amplificano questa sensazione con un flusso continuo di indignazione, contrapposizione e titoli da scorrere compulsivamente. Ma se si riesce ad andare oltre questo frastuono, si scopre una realtà più silenziosa — una storia che dovrebbe infondere speranza concreta in ogni Baby Boomer.

Nel 2024, le vendite di dischi in vinile negli Stati Uniti hanno superato i 44 milioni di unità, battendo per il terzo anno consecutivo i compact disc. Un dato già sorprendente di per sé — ma lo è ancor di più se si considera che circa la metà degli acquirenti ha meno di 35 anni. I giovani della Generazione Z e i Millennial più giovani, cresciuti esclusivamente con la musica in streaming, fanno la fila nei negozi di dischi per acquistare musica che possano toccare con mano. Se si chiede loro il motivo, le risposte si assomigliano: «Sembra più autentico», «Mi piace il rituale», «Mi aiuta a rallentare». In un mondo dominato dallo scorrimento infinito e dalla distrazione algoritmica, questi giovani cercano qualcosa di concreto. Qualcosa che li ancori. E non si tratta di un fenomeno isolato. I ragazzi stanno riscoprendo le librerie indipendenti. Organizzano serate di poesia. Scrivono diari a mano. E la cosiddetta silent walking — camminare senza musica, senza podcast, senza telefono — è diventata virale su TikTok, con oltre mezzo milione di visualizzazioni sotto l’hashtag dedicato. A un primo sguardo potrebbe sembrare un’ondata di nostalgia. Ma è molto di più. È una forma sommessa di ribellione contro il sovraccarico. Un modo per riprendere il controllo del proprio sistema nervoso.

Ironia della sorte, sono proprio le stesse abitudini che molti Baby Boomer già apprezzano: leggere un libro. Preparare cibo vero. Sedersi in veranda. Camminare per riflettere. In fondo, le generazioni non sono così distanti: stanno semplicemente affrontando la vita da estremità opposte della stessa tempesta digitale. Naturalmente, il mondo è cambiato da quando i Boomer sono diventati adulti. E vale la pena ricordare quanto sia diventato più complesso oggi il passaggio all’età adulta. Negli anni Settanta o Ottanta, sperimentare qualcosa a una festa poteva comportare una semplice sbornia. Oggi, lo stesso gesto può rivelarsi letale. Le pillole tagliate con fentanyl invadono le strade, spesso camuffate da farmaci comuni. L’overdose da fentanyl è oggi la prima causa di morte tra gli statunitensi tra i 18 e i 45 anni.
Nel frattempo, quasi ogni aspetto della cultura giovanile è modellato da un internet che non dorme mai — dove l’attenzione media dura appena 47 secondi prima di passare a un’altra distrazione. Anche la musica si è trasformata. I grandi successi del passato erano pervasi da amore, armonia e speranza. Quelli di oggi sono più cupi, più solitari, più espliciti — e riflettono lo stato interiore di una generazione che cerca di sopravvivere in un mondo frammentato.

Tutto ciò non significa che i giovani di oggi siano più deboli. Significa che lo scenario in cui si muovono è mutato. Le loro difficoltà sono meno visibili, più continue, più intime. Per questo motivo, il ritorno all’analogico — vinili, libri, camminate, diari — non è solo affascinante. È una scelta consapevole. È un modo per ritrovare calma, presenza, lucidità. Piuttosto che liquidare i giovani con giudizi affrettati, i Baby Boomer hanno oggi l’opportunità di diventare per loro delle guide. Non con prediche o condanne, ma con la propria presenza. I ragazzi non hanno bisogno di nuovi contenuti: hanno bisogno di legami autentici. E chi meglio di chi ricorda com’era la vita prima dell’invasione digitale può offrire un esempio concreto? Invitare un nipote ad ascoltare un vecchio disco. Leggere insieme un capitolo di un libro. Scambiarsi competenze: farsi spiegare una nuova applicazione e, in cambio, insegnare a sistemare una maniglia o a fare il bilancio delle spese. Più ci si confronta tra generazioni, più si scopre che in fondo desideriamo tutti le stesse cose: senso, quiete, scopo, e conversazioni vere.

Nel 1969, milioni di statunitensi, di ogni età, guardarono con meraviglia Neil Armstrong compiere il primo passo sulla Luna. Quell’emozione condivisa unì un intero Paese. Io appartengo alla Generazione X e non ero ancora nata per assistere a quel momento storico. Ma forse, oggi, la nostra missione comune ha un altro volto: un ritorno interiore alla profondità, alla concentrazione, alla fiducia reciproca. E la buona notizia è che questo cambiamento è già in atto. Solo che fa meno rumore di quanto ci si aspetti. Lo si scorge nel riflesso di un vinile che gira. Negli occhi di un adolescente che guarda il cielo anziché uno schermo. In una poesia scritta a mano, ripiegata nella tasca posteriore di un cappotto comprato al mercatino. Forse, in fondo, non siamo così lontani come crediamo. Forse abbiamo solo bisogno di una strada più lenta, più silenziosa, per ritrovarci.


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