All’ombra degli importanti accordi tra Washington e Gerusalemme, l’Autorità Nazionale Palestinese sta inviando un messaggio chiaro a Israele, agli Stati Uniti e alla comunità internazionale: “noi non rinunceremo mai a creare uno Stato palestinese indipendente e non ci ritireremo mai dalla Striscia di Gaza”. L’8 luglio, all’inizio di una riunione di governo a Ramallah, il primo ministro palestinese Muhammad Mustafa ha infatti dichiarato: «L’idea israeliana di impedire la creazione di uno Stato palestinese e di lasciare Gaza senza sovranità palestinese non avrà successo […] La nostra posizione ufficiale e coerente è quella di realizzare la creazione di uno Stato palestinese sui territori dello Stato di Palestina. Questo richiede la cooperazione di tutte le parti in un quadro politico unitario, istituzioni nazionali unificate e un meccanismo di sicurezza unificato, in modo da poter fornire assistenza al nostro popolo nella Striscia di Gaza, promuovere il processo di ricostruzione e finalmente realizzare il sogno di uno Stato palestinese indipendente che auspichiamo da anni». Parole pesanti.
Muhammad Mustafa ha poi descritto una realtà in cui «la parte israeliana sta deliberatamente agendo per strangolare economicamente l’Autorità Nazionale Palestinese e impedirle di svolgere il proprio ruolo, non solo a Gaza, ma in tutti i territori», e in cui tutti i sistemi di governo in Israele stanno operando in uno sforzo concertato volto a «impedire la creazione dello Stato palestinese» un obiettivo che però, sottolinea il primo ministro palestinese, «attualmente gode di largo sostegno internazionale».
Alti funzionari dell’Autorità Nazionale Palestinese sostengono che le dichiarazioni rilasciate da Donald Trump e da Benjamin Netanyahu alla conferenza stampa congiunta di Washington, siano state interpretate dai dirigenti palestinesi come una politica comune volta a impedire all’Autorità Nazionale Palestinese di assumere il controllo della Striscia di Gaza e a ostacolare la creazione di uno Stato palestinese. Netanyahu ha affermato in modo perentorio: «i palestinesi devono avere la capacità di autogovernarsi, ma nessuna di queste capacità deve costituire una minaccia per noi. E questo significa che certe capacità, come la sicurezza generale, rimarranno sempre nelle nostre mani […] E nessuno in Israele accetterà niente di diverso da questo, perché non abbiamo intenzione di suicidarci. Noi vogliamo vivere». Riguardo al piano di Trump sul trasferimento, Netanyahu ha dichiarato: «Stiamo lavorando a stretto contatto con gli Stati Uniti per trovare Paesi che vogliano realizzare quello che hanno sempre detto di voler fare: dare ai palestinesi un futuro migliore. E io penso che stiamo per trovare alcuni di questi Paesi».
Alti funzionari dell’Autorità Nazionale Palestinese sottolineano che è difficile ignorare il contesto di queste dichiarazioni: un consenso israelo-americano secondo cui la Striscia di Gaza rimarrà senza il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese, senza Hamas e sotto una presenza militare israeliana continua, almeno nella prima fase.
Un’importante fonte politica israeliana di Epoch Israele, afferma che le forze armate israeliane rimarranno nella Striscia di Gaza per «contrastare le minacce» e che la responsabilità della sicurezza della Striscia rimarrà a Israele; e, secondo la stessa fonte, i militari israeliani potrebbero «rimanere a Gaza per un po’ di tempo per garantire l’ordine».
In questo contesto, alti funzionari dell’Autorità Nazionale Palestinese affermano che l’Autorità Nazionale Palestinese stia di fatto venendo estromessa dall’arena, sia da Israele che da Hamas. Per questo motivo, il primo ministro palestinese sta assumendo una posizione intransigente e guidando una strategia di “ferma posizione” (Tsumud), dichiarando: «Noi siamo determinati ad adempiere alla nostra responsabilità nazionale con tutta la nostra forza e determinazione». Una fonte palestinese di alto livello all’interno dell’Autorità Nazionale Palestinese ha chiarito: «La posizione di Netanyahu e Trump è nota, ma noi continueremo a promuovere un processo politico. Non rinunceremo al nostro diritto a uno Stato che includa la Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est».
Alti funzionari della sicurezza sottolineano che il conflitto tra la visione israeliana e quella palestinese che, come vediamo sono e restano opposte, sta assumendo una nuova forma: non c’è più una negoziazione sui confini tra lo Stato di Israele e il territorio autogovernato palestinese (che però non è un vero Stato), ora si è al livello di una vera e propria lotta sull’idea stessa se debba esistere o meno una nazione palestinese. Un salto indietro di decenni quindi. Ma il grande interrogativo irrisolto per il popolo palestinese è: l’Autorità Nazionale Palestinese, guidata da Mahmoud Abbas, ha le capacità politica, di sicurezza e sociali necessarie a riprendere il controllo della Striscia di Gaza? Non va dimenticato, infatti, come tre anni fa abbia perso il controllo della Samaria settentrionale a favore di organizzazioni terroristiche sostenute dall’Iran. La lotta dell’Autorità Palestinese per il controllo della Striscia di Gaza potrebbe quindi essere già persa in partenza. E non per colpa di Israele.