I leader del Tratto Brics hanno dichiarato domenica che i Paesi più ricchi hanno il dovere di sostenere finanziariamente le nazioni meno ricche nella transizione verso l’obiettivo delle emissioni zero. I Brics si contrappongono alle istituzioni a guida occidentale, promuovendo la cooperazione economica e sociale tra i suoi membri e l’influenza dei Paesi del cosiddetto Sud mondo nella governance internazionale.
In una dichiarazione congiunta diffusa prima dell’ultima giornata del 17esimo vertice dei leader Brics, tenutosi a Rio de Janeiro, i capi di Stato e di governo hanno sottolineato che il finanziamento climatico «è una responsabilità dei Paesi sviluppati nei confronti di quelli in via di sviluppo», e che «garantire un accesso tempestivo, equo e accessibile ai fondi per il clima è cruciale per favorire percorsi di transizione giusti, che coniughino l’azione climatica con lo sviluppo sostenibile».
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, il termine “finanziamento climatico” indica tutti i flussi finanziari destinati alle iniziative per contrastare i cambiamenti climatici. Durante la Cop29, la conferencia Onu sul clima svoltasi l’anno scorso a Baku, in Azerbaigian, i negoziatori hanno indicato l’obiettivo di mobilitare fino a mille miliardi di dollari all’anno per tali scopi. Le banche multilaterali di sviluppo, inoltre, propongono di incrementare i fondi per il clima destinati ai paesi a basso e medio reddito fino a 120 miliardi di dollari annui entro il 2030, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Al vertice Brics di Rio erano presenti anche il primo ministro indiano Narendra Modi, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov (facente le veci di Putin), il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi e il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. Analogamente a Putin, anche il segretario generale del Partito comunista cinese, Xi Jinping, ha delegato inviando al suo posto al premier Li Qiang.
Ad aprire i lavori è stato il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, che nel suo discorso inaugurale ha evocato il Movimento dei Paesi Non Allineati dell’epoca della Guerra Fredda, un gruppo di nazioni in via di sviluppo che si proponevano di rimanere neutrali, evitando di schierarsi con Stati Uniti o Unione Sovietica: «I Brics sono gli eredi del Movimento dei Non Allineati» ha dichiarato Lula aggiungendo: «con il multilateralismo sotto attacco, la nostra autonomia è nuovamente messa in discussione».
Secondo un rapporto del Consiglio per le relazioni estere dello scorso giugno, il regime cinese è il principale partner commerciale del Sudamerica e una fonte rilevante di investimenti diretti esteri, oltre che di prestiti per energia e infrastrutture, anche attraverso la Nuova via della Seta. In giugno, Brasile e Cina hanno siglato 20 accordi di cooperazione in settori come energia, scienza e tecnologia, agricoltura, ferrovie e altri, tra cui un investimento da un miliardo di dollari da parte della cinese Envision Energy per produrre carburante sostenibile per l’aviazione in Brasile.
Secondo Sun Guoxiang, docente di Affari internazionali all’Università Nanhua di Taiwan, Lula «ha sempre avuto un orientamento filocinese e attribuisce grande importanza alla costruzione di una “partnership strategica del Sud globale” con la Cina».
Il professor Sun, sottolinea inoltre come il presidente brasiliano enfatizzi in modo particolare il «multilateralismo e la “de-dollarizzazione”» privilegiando una cooperazione più stretta con potenze non occidentali come Cina e Russia, ma (ovviamente) evitando scontri diretti con gli Stati Uniti. Senza menzionare direttamente Trump o gli Stati Uniti. I Brics, nella loro dichiarazione congiunta, hanno ribadito la condanna delle politiche protezionistiche e doganali dell’amministrazione Trump.