In Medio Oriente rischi limitati per i dazi ma economie vulnerabili al calo del petrolio

di Agenzia Nova
21 Aprile 2025 10:59 Aggiornato: 21 Aprile 2025 10:59

I dazi statunitensi non influenzeranno direttamente i profili creditizi dei Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), date le esportazioni minime verso gli Usa. Tuttavia, il potenziale calo dei prezzi del petrolio e la conseguente contrazione della spesa pubblica potrebbero mettere a rischio le economie della regione del Medio Oriente e Nord Africa. È quanto emerge da un’analisi dell’agenzia di rating internazionale Fitch Ratings, secondo cui il nodo cruciale risiede nella correlazione tra i prezzi del greggio e la spesa pubblica dei Paesi del Ccg (Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti), motore tradizionale dell’attività economica e del settore bancario nella regione. In generale, Fitch ha rivisto al ribasso le stime di crescita del Prodotto interno (Pil) globale. Un ulteriore ribasso delle quotazioni petrolifere, in uno scenario di indebolimento della domanda globale, potrebbe erodere le entrate statali del Ccg. Questa dinamica rischia di compromettere le previsioni di crescita dei prestiti bancari precedentemente delineate.

Gli analisti evidenziano anche il rischio di un deterioramento delle condizioni creditizie. Le aziende operanti nei settori colpiti dai dazi potrebbero vedere ridursi redditività e flussi di cassa a causa dei maggiori costi operativi e dell’inflazione indotta dalle tariffe. A ciò si aggiungerebbero l’incertezza sui tassi di interesse e potenziali ritardi nei tagli, aumentando il costo del debito per le imprese e potenzialmente frenando la domanda di credito, con conseguente aumento del rischio di credito per le banche e dei crediti problematici. Nonostante una generale resilienza del settore bancario del Ccg, che negli ultimi anni ha beneficiato di solidi utili legati ai prezzi elevati del petrolio e ai tassi di interesse, nonché di una buona liquidità, Fitch individua nel Bahrain l’area più a rischio. Il rating sovrano del Paese (B+) lo rende il più vulnerabile a un calo dei prezzi del petrolio a causa della fragilità delle finanze pubbliche, dell’elevato debito e del prezzo di pareggio del greggio più alto tra i membri del Ccg.

Per gli altri Paesi del Golfo, le prospettive per l’ambiente operativo bancario rimangono stabili, grazie a profili di credito più solidi e rating sovrani più elevati, che garantiscono una maggiore flessibilità finanziaria e capacità di sostenere la spesa pubblica in caso di shock. Emirati Arabi e Arabia Saudita si distinguono per i punteggi più elevati dell’ambiente operativo bancario nella regione (BBB+). Mentre i due Paesi sono soggetti ai dazi Usa al 10 per cento, Giordania, Algeria, Iraq, Siria, Libia e Tunisia affrontano tariffe significativamente più elevate, fino al 39-41 per cento, con un impatto potenzialmente più severo sulle loro economie, non petrolifere e dipendenti dalle esportazioni verso gli Stati Uniti. L’esenzione degli idrocarburi dai dazi offre una protezione ai principali esportatori di energia del Golfo, ma settori industriali come alluminio, manifatturiero e tessile potrebbero subire pressioni sui margini. L’incertezza commerciale e la potenziale riduzione della spesa pubblica rappresentano rischi macroeconomici significativi per l’intera regione.

Fitch Ratings ha drasticamente ridotto le sue previsioni di crescita mondiale in risposta all’escalation della «guerra commerciale globale» innescata dai dazi annunciati dal presidente statunitense Donald Trump. In un aggiornamento al rapporto Global Economic Outlook trimestrale, Fitch ha tagliato la crescita mondiale nel 2025 di 0,4 punti percentuali, e la crescita di Cina e Stati Uniti di 0,5 punti percentuali rispetto all’edizione di marzo. Secondo l’agenzia internazionale di rating, una grave escalation delle tensioni commerciali avrebbe un impatto drammatico sui flussi commerciali. Data la limitata possibilità di sostituzione delle importazioni o di deviazione degli scambi commerciali nel breve termine, lo shock negativo dell’offerta negli Usa potrebbe essere marcato.

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