Migranti, sbarchi in calo del 25 per cento

di Agenzia Nova
18 Aprile 2025 14:38 Aggiornato: 18 Aprile 2025 14:38

È opportuno sottolineare che la Libia sta registrando un aumento della presenza di migranti sul suo territorio. Secondo l’ultimo rapporto della Displacement Tracking Matrix (Dtm) dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), relativo al periodo novembre-dicembre 2024, almeno 824.131 migranti di 47 diverse nazionalità sono presenti in 100 municipalità libiche, con un incremento del 5 per cento rispetto al ciclo precedente di raccolta dati. Il numero rappresenta il dato più alto dal 2016, anno di inizio della raccolta sistematica di dati da parte dell’Oim.

L’agenzia delle Nazioni Unite ha smesso di pubblicare aggiornamenti sui migranti intercettati in mare lo scorso mese di marzo. L’ultimo aggiornamento disponibile indicava che, dal primo gennaio all’8 marzo 2025, le autorità libiche avevano intercettato e riportato a terra 4.767 migranti. Fonti libiche confermano ad «Agenzia Nova» che il 96 per cento dei migranti approdati finora in Italia dalla Libia sono tendenzialmente partiti dalle coste occidentali, sotto il controllo del Governo di unità nazionale (Gun). All’8 marzo 2025, l’Oim aveva inoltre registrato 82 morti e 58 dispersi in mare in tutto il Mediterraneo centrale.

Secondo l’ultimo rapporto annuale dell’intelligence italiana, l’attivismo dei gruppi criminali in Tripolitania è «determinante per l’aumento delle partenze, a dimostrazione della loro resilienza nei confronti delle attività di contrasto e della capacità di reindirizzare i flussi migratori sfruttando le opportunità offerte dal vasto bacino di migranti presenti nel Paese». Quanto alla Cirenaica, il rapporto ha evidenziato una «significativa rapidità con cui i gruppi criminali hanno risposto alle attività di contrasto, indirizzando le partenze verso la Grecia (Creta) e coordinandosi con gruppi criminali tripolitani». Inoltre, le proiezioni internazionali delle reti criminali, che godono di sodali anche in Italia, agevolano l’ingresso in Libia di migranti provenienti via aerea da Siria e Bangladesh. Lo stesso rapporto sottolinea come l’aumento di migranti provenienti da Paesi lontani dimostri «il potere di attrazione delle diaspore negli Stati di destinazione e la maggiore capacità di alcune nazionalità di disporre dei fondi necessari a coprire il viaggio».

Il Bangladesh emerge come la principale nazione di provenienza dei migranti, con 4.494 persone sbarcate, seguito dal Pakistan con 1.497 e dall’Egitto con 1.212. Altre nazionalità rilevanti includono Eritrea (989 arrivi), Siria (900), Sudan (510), Etiopia (507), Somalia (285), Tunisia (241) e Mali (166). I migranti provenienti da altre nazionalità sommano un totale di 1.390 persone. Le principali località di sbarco restano concentrate prevalentemente in Sicilia, con 10.675 migranti giunti via mare. Seguono Calabria (329), Campania (320), Sardegna (248), Liguria (166), Toscana (127), Marche (111), Puglia (101), Emilia Romagna (71) e Lazio (43).

Il dossier migratorio resta centrale nel dibattito politico libico. Il 2 aprile, l’Agenzia di sicurezza interna della Libia (Asi) ha annunciato la sospensione delle attività di dieci organizzazioni non governative internazionali, tra cui alcune italiane, e dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), accusandole di «attività ostili» volte a minare la sovranità libica. Durante la recente riunione della cellula di coordinamento tenuta a Napoli tra i ministri dell’Interno di Italia, Algeria, Libia e Tunisia, il rappresentante libico Imad Trabelsi ha dichiarato che il suo Paese ha «un piano chiaro per il ritorno dei migranti», sottolineando la necessità di «enormi sforzi, risorse e collaborazione internazionale» e ribadendo che la Libia protegge le sue frontiere per garantire la stabilità regionale ed europea.

L’ambasciatore libico presso le Nazioni Unite, Taher el Sonni, ha dichiarato ieri al Consiglio di sicurezza dell’Onu che la Libia si considera «un Paese di transito, non una destinazione finale per i migranti». Il diplomatico ha chiesto alla comunità internazionale di «assumersi le proprie responsabilità» nella gestione dei flussi migratori, sottolineando «l’inaccettabilità di soluzioni unilaterali che implichino il reinsediamento dei migranti in territorio libico». El Sonni ha denunciato «l’approccio a doppio standard» adottato da diversi attori internazionali, lamentando «l’assenza di sanzioni efficaci contro le reti di trafficanti» che sfruttano le rotte migratorie. Ha inoltre accusato alcune organizzazioni internazionali di aver commesso «gravi violazioni delle leggi nazionali libiche», alimentando sospetti sulle loro finalità e mettendo a rischio la sicurezza del Paese.

Nel suo intervento, l’ambasciatore ha legato il dossier migratorio alla più ampia questione della sovranità, sostenendo che «non potrà esserci una vera soluzione alla crisi libica senza un’autorità civile unificata che detenga il pieno controllo delle armi e dei confini». Secondo la rappresentante speciale Onu in Libia, Hanna Tetteh, le divisioni istituzionali in Libia hanno il creato un «vuoto in cui gli attori armati violano i diritti umani nell’impunità». L’inviata delle Nazioni Unite, a capo della Missione di sostegno Onu in Libia (Unsmil), ha segnalato una «preoccupante impennata della retorica razzista e xenofoba» contro migranti e operatori umanitari. «L’incitamento alla violenza ha causato proteste, arresti di massa e persino morti», ha affermato.

 

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