Escalation militare attorno a Taiwan

di S.Festa & B. Sadler per ET USA
16 Aprile 2025 18:15 Aggiornato: 18 Aprile 2025 18:10

Nei giorni a ridosso delle elezioni presidenziali americane, decine di caccia dell’Esercito popolare di liberazione cinese hanno solcato i cieli di Taiwan. Un’azione che riflette l’audacia di Pechino e della sua crescente spavalderia nell’agire impunemente.

Durante la presidenza di Joe Biden, il regime cinese ha ripetutamente testato la prontezza di Taiwan e la leadership di Washington. Secondo il ministero della Difesa taiwanese, le attività militari cinesi nei pressi dell’isola sono aumentate di oltre il 30% rispetto al 2024, forse una manovra calcolata per sondare le reazioni dell’amministrazione Trump al crescente antagonismo nello Stretto di Taiwan.

Alla fine del 2024, Pechino ha intensificato la pressione, ostentando la propria forza ogniqualvolta si presenti l’occasione. Il 15 ottobre, l’esercitazione Joint Sword 2024B ha visto 111 velivoli attraversare la linea mediana dello Stretto, un primato assoluto. A dicembre, dopo il ritorno del presidente taiwanese Lai Ching-te da un viaggio negli Stati Uniti, le attività navali cinesi sono tornate a intensificarsi: tra il 9 e l’11 dicembre, oltre 90 navi da guerra e decine di aerei sono stati individuati attorno a Taiwan. Nelle ultime settimane, l’esercito cinese ha ripreso a inviare segnali provocatori, come da consuetudine, con manovre militari che seguono un ritmo altalenante, concepito per lanciare messaggi strategici specifici o per rispondere a provocazioni percepite, come il transito nello Stretto di Taiwan delle unità navali statunitensi Uss Ralph Johnson e Usns Bowditch a inizio anno.

Quel passaggio ha scatenato una risposta insolitamente intensa: il 2 febbraio, 30 aerei cinesi sono stati rilevati nella zona aerea di Taiwan, contro i soli 14 inviati in risposta al transito della Uss Higgins il 21 ottobre 2024. A differenza di quanto avvenuto durante l’amministrazione Biden, con Trump, Pechino sa che l’attenzione americana complica i suoi piani di annettere Taiwan secondo i propri tempi.

Il 27 febbraio, dopo il Capodanno lunare, il Pcc ha condotto esercitazioni a fuoco vivo non annunciate, un evento senza precedenti in quel periodo dell’anno, solitamente meno attivo e con condizioni metereologiche avverse. Le manovre si sono estese per 74 chilometri al largo di Taiwan fino al Mar di Tasman, tra Australia e Nuova Zelanda, suscitando allarme a Canberra e Wellington. A metà marzo, la media decennale di attraversamenti cinesi della linea mediana è quasi raddoppiata, passando da 6 il 17 marzo a 11,8 il 21 marzo, con un picco improvviso registrato il 18 marzo.

Interpellato sull’escalation, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Guo Jiakun ha attribuito la responsabilità a una recente modifica del sito web del ministero degli Esteri americano, che ha eliminato il riferimento all’opposizione all’indipendenza di Taiwan, definendola «l’ennesima dimostrazione della caparbia ostinazione americana nell’usare Taiwan per contenere la Cina». Le esercitazioni a sorpresa di febbraio e marzo confermano che, anche sotto Trump, Pechino intende continuare a saggiare i limiti.

Per comprendere a fondo la strategia militare cinese, gli Stati Uniti dovranno affinare il proprio apparato di intelligence, sorveglianza e ricognizione. A febbraio, l’ammiraglio Samuel Paparo, comandante del Comando Indo-Pacifico, ha avvertito che il crescente dinamismo cinese nei pressi di Taiwan rappresenterebbe in realtà una prova generale per una riunificazione forzata e abituare l’isola e i suoi alleati a una presenza militare costante, mediante operazioni cosiddette di zona grigia, capaci di mascherare i preparativi per un conflitto armato.

Per contrastare simili tattiche, il progetto Overmatch — contributo della Marina statunitense all’iniziativa Joint All-Domain Command and Control — sta accelerando i tempi di sviluppo previsti, dotando la flotta di intelligenza artificiale e di sofisticati droni. Una prova tangibile di questo investimento potrebbe arrivare già con le esercitazioni primaverili previste nel Pacifico. In quest’ottica, l’adozione operativa di sistemi di analisi massiva dei dati e di decisione assistita dall’intelligenza artificiale potrebbe ispirarsi ai risultati conseguiti dalla Task Force 59 nel Golfo Arabico.

In quell’area, veicoli autonomi e reti informatiche collegate hanno rappresentato il collante fra sistemi automatici e unità navali con equipaggio, garantendo una copertura di sorveglianza ampia e continua, finora mai raggiunta, che potrà presto essere resa offensiva come dimostrato dall’esercitazione Digital Talon dello scorso novembre. Quelle manovre hanno messo in luce le capacità del Central Command nel testare il lancio e il recupero di droni aerei, oltre a individuare le sfide che i cosiddetti «pionieri» della sperimentazione dovranno affrontare in futuro.

Applicata al Pacifico, questa strategia potrebbe conferire agli Stati Uniti un vantaggio decisivo nel contrastare le tattiche cinesi e dissuadere eventuali aggressioni. Anche il settore privato si è ormai mosso in questa direzione: modelli predittivi e sistemi di sensori messi a punto da aziende come Windward monitorano i comportamenti anomali grazie a sistemi automatici di informazione, in grado di individuare soggetti ostili che tentano di occultare la propria identità in mare.

Flussi di dati provenienti da piattaforme come il Manta Ray di Northrop Grumman potrebbero creare un ecosistema di sensori, capace di identificare, tracciare e prevedere in tempo reale attività mirate come la navigazione di navi dark coinvolte nell’elusione delle sanzioni, le operazioni delle milizie marittime cinesi, il traffico internazionale di stupefacenti e operazioni clandestine.

Ora, il regime cinese tenta di misurare la reazione degli Stati Uniti — e di Trump — alla propria strategia di intimidazione su Taiwan. È necessario che il Parlamento agisca con competenza e senza indugio per fornire al Comando Indo-Pacifico le risorse necessarie a dispiegare le tecnologie adeguate per tenere il passo con le crescenti provocazioni di Pechino. In questo modo, gli Stati Uniti, la prossima volta che Cina o Russia tenteranno di sabotare cavi sottomarini in Asia o molestare alleati nella regione, grazie a strumenti di sorveglianza all’avanguardia capaci di rilevare attività anomale o illecite, potranno schierare tempestivamente le proprie forze, prevenendo così uno scontro in mare aperto. Per raggiungere questo obiettivo, è indispensabile che le forze navali americane dispongano di una piena consapevolezza del dominio marittimo, così da essere sempre un passo avanti.

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