Il deficit commerciale degli Stati Uniti ha superato 1.200 miliardi di dollari nel 2024, raggiungendo un nuovo record. Quasi un quarto di questa cifra è attribuibile al settore automobilistico e alla componentistica.
Per contrastare lo squilibrio, a febbraio il presidente Donald Trump ha annunciato il suo ormai famoso piano di “dazi reciproci”, con l’obiettivo di livellare gli squilibri e contrastare le pratiche commerciali «sleali». Questi dazi entreranno in vigore il 2 aprile, dopo la determinazione delle aliquote specifiche per ogni Paese.
Trump ha più volte evidenziato l’industria automobilistica come un settore chiave per l’applicazione dei dazi. Dopo l’annunciato di febbraio di un dazio del 25% sulle importazioni da Canada e Messico, le case automobilistiche statunitensi hanno attraversato una fase turbolenta. I tre grandi produttori — Stellantis, Ford e General Motors — hanno ottenuto un’esenzione di un mese dopo un confronto telefonico con Trump. Tuttavia, questa tregua non li esenterà dai futuri dazi reciproci.
Annunciando l’esenzione, il portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato che il presidente si aspetta che le case automobilistiche riportino la produzione negli Stati Uniti: «Ha detto loro di mettersi all’opera, iniziare a investire e spostare la produzione qui negli Stati Uniti, dove non pagheranno alcun dazio. Questo è l’obiettivo finale».
DEFICIT CRONICO
Alla base del persistente deficit commerciale statunitense ci sono numerose aziende che scappano all’estero per ridurre i costi della manodopera, ha spiegato Yao-Yuan Yeh, professore di studi internazionali all’Università di St. Thomas a Houston. Le importazioni di beni prodotti all’estero generano spesso un saldo negativo, poiché il valore delle merci acquistate supera di gran lunga quello delle esportazioni. Tradotto: gli Stati Uniti comprano molto più di quanto vendono, soprattuto automobili.
Nel 2024, automobili e componentistica hanno contribuito con 274 miliardi di dollari al deficit complessivo degli Stati Uniti. Il Messico è responsabile di quasi la metà del saldo negativo del settore automobilistico (117 miliardi di dollari), seguito dal Giappone (50 miliardi) e dalla Corea del Sud (43 miliardi). La Cina, con 9 miliardi di surplus, si posiziona al sesto posto, mentre il Canada è undicesimo con 2 miliardi.
Ma alcuni economisti sostengono che il deficit commerciale sia un segnale positivo, indicando un’economia forte e una domanda sostenuta. Inoltre, ridurre il saldo negativo potrebbe avere ripercussioni sulla crescita economica mondiale.
IL DIBATTITO
Secondo il professor Yeh, la visione della globalizzazione influenza le scelte economiche. In un mercato libero altamente sviluppato, esternalizzare la produzione in Paesi con manodopera a basso costo è una questione di efficienza e specializzazione. Negli anni ’90, questa logica ha spinto gli Stati Uniti a promuovere la creazione dell’Organizzazione mondiale del commercio e a firmare accordi di libero scambio come il Nafta. Ma per chi lavora nel settore manifatturiero, il deficit commerciale è sinonimo di perdita di posti di lavoro a favore di manodopera straniera, con «un enorme impatto sulla maggior parte dei lavoratori nei Paesi sviluppati».
Per questo motivo, le politiche dei dazi di Trump hanno trovato sostegno nel sindacato United Automobile Workers. Secondo il presidente, Shawn Fain, negli ultimi trent’anni il settore ha perso 90 mila impianti produttivi a causa di scambi squilibrati con i vicini del Nord America. Dal 1994, primo anno di Nafta, la produzione automobilistica annua del Messico è passata da 1,1 milioni a quasi 4 milioni di unità. Lo scorso anno, circa 3 milioni di auto — l’80% della produzione messicana — sono state esportate negli Stati Uniti.
«I dazi sono un tentativo di fermare l’emorragia di posti di lavoro in America» ha dichiarato Fain il 9 marzo alla ABC «Non sono la soluzione definitiva, ma un passo fondamentale per risolvere il problema.»
L’OBIETTIVO DI TRUMP
L’esenzione di un mese concessa dalla Casa Bianca ai produttori automobilistici non sarà sufficiente per consentire loro di rivedere radicalmente la catena di approvvigionamento. Tuttavia, potrebbero sfruttare il tempo a disposizione per elaborare un piano credibile di rilancio della produzione interna, ha spiegato William Lee, capo economista del Milken Institute.
Secondo Lee, le case automobilistiche potrebbero negoziare un dazio basato sulle transazioni nette transfrontaliere o ottenere un’esenzione più lunga in cambio di investimenti negli Stati Uniti. Aumentare la produzione è l’obiettivo principale della Casa Bianca, sia attraverso il rientro della produzione delocalizzata sia con l’espansione degli impianti esistenti. I dazi rientrano nella strategia economica di Trump, articolata in tre punti, ha spiegato Lee. «Ridurre le dimensioni del governo e abbassare le tasse» ha dichiarato a The Epoch Times, aggiungendo che ciò favorisce anche il trasferimento di manodopera al settore privato.
«Secondo, ridurre la regolamentazione e usare i dazi come incentivo per produrre negli Stati Uniti anziché all’estero. Terzo, proteggere i produttori nazionali» ha concluso, riferendosi all’uso dei dazi per riequilibrare il mercato aumentando il costo dei beni esteri.
Yeh ha dichiarato che l’obiettivo finale di Trump è rafforzare la posizione economica degli Stati Uniti e renderli più autosufficienti. Con un mandato di quattro anni, è più realistico impostare una direzione chiara e creare slancio. «I dazi sono uno strumento di negoziazione. L’obiettivo è attrarre più investimenti negli Stati Uniti o aumentare l’export di prodotti americani».
Alcuni segnali di cambiamento sono già evidenti: diverse aziende stanno investendo di più negli Stati Uniti per evitare i dazi. Dopo l’insediamento di Trump, Stellantis ha confermato la riapertura del suo impianto di Belvidere, Illinois, e la produzione del nuovo Suv di medie dimensioni a Detroit, invece che in Canada.
Anche Nissan ha valutato la possibilità di spostare la produzione fuori dal Messico. A inizio mese, Honda ha annunciato che il suo nuovo modello di berlina sarà prodotto in Indiana anziché in Messico. Il 24 marzo, dalla Casa Bianca, Hyundai ha annunciato un investimento di 20 miliardi di dollari negli Stati Uniti, compresa una nuova acciaieria da 5,8 miliardi in Louisiana. «Questo investimento dimostra chiaramente che i dazi funzionano» ha dichiarato Trump, anticipando nuovi dazi per le automobili.