Paolo Zangrillo, ministro della Pubblica amministrazione, con la sua riforma approvata in Consiglio dei ministri, propone forti cambiamenti nel processo di selezione dei dirigenti e nel meccanismo di attribuzione dei premi di rendimento. In particolare, se la riforma sarà approvata in Parlamento, il 30 per cento dei posti da dirigente sarà accessibile non più per concorso ma con una procedura che passa per la valutazione del lavoro svolto dal funzionario o dal quadro che si candida alla promozione.
Il ministro spiega al Corriere della Sera perché questa via sarebbe migliore del concorso: «Con questo provvedimento affianco al concorso un percorso che consente di attribuire a chi ha la responsabilità della gestione delle persone di promuovere i meritevoli. Le procedure concorsuali misurano la capacità di apprendere, ma a questa non è automatico che faccia seguito il saper fare. Inoltre, oggi, un funzionario che aspiri a crescere, ha necessità di studiare e di passare un concorso, ma non tutti possono farlo, perché sono molto impegnati. E comunque – aggiunge – lasciare tutto all’iniziativa del singolo deresponsabilizza i dirigenti, che non avvertono la necessità di adottare soluzioni per far crescere le persone. Invece, vogliamo un’organizzazione moderna che metta a disposizione percorsi per valorizzare i meriti maturati sul campo».
Ma nel suo sistema ideale non farebbe totalmente a meno dei concorsi: «Assolutamente no. Il corso-concorso della scuola superiore della pubblica amministrazione è un percorso consolidato di accesso alla dirigenza che garantisce un livello di qualità elevato. I due sistemi possono coesistere».
Quanto alle garanzie che la promozione a dirigente avvenga rispettando il criterio costituzionale dell’imparzialità e non sia invece frutto di cooptazione: «Abbiamo costruito un percorso che garantisce un livello di trasparenza e imparzialità molto elevato. La procedura prevede l’osservazione delle performance del funzionario che si candida nei 5 anni precedenti. Inoltre, la valutazione della candidatura sarà fatta da una commissione composta da dirigenti generali estratti a sorte a cui si aggiungono due professionisti che possono venire anche dal privato e il presidente è esterno, a garanzia dell’imparzialità. Chi supera questo step si vedrà assegnato un incarico dirigenziale temporaneo. Poi – rileva ancora il ministro – ci sarà una nuova valutazione ed eventualmente un nuovo incarico temporaneo e solo alla fine, in caso di performance positiva, la promozione definitiva a dirigente. Insomma, un percorso lungo e sottoposto a continue verifiche: difficile immaginare che ci possa essere cooptazione».
Anzi, crede che questo strumento sia «più severo e selettivo del concorso, perché si valuta non solo quello che si sa ma anche la capacità di fare». Ma se la selezione dei candidati ammessi alla procedura è svolta dal dirigente dello stesso funzionario, c’è il rischio di scelte fatte anche in base alla sintonia caratteriale o politica: «No, stiamo parlando di un percorso controllato. Il dirigente redige una relazione sul funzionario, poi sarà la commissione a selezionare. Nella valutazione si tiene conto dei giudizi espressi sulle performance dei candidati nei 5 anni precedenti. Valutazioni che il disegno di legge prevede siano riformate, per giungere a una verifica effettiva dei risultati rispetto a obiettivi misurabili che devono essere assegnati nel primo trimestre dell’anno» conclude Zangrillo.