Elevare la capacità di giudizio

di Eric Bess per ET USA
15 Marzo 2025 16:39 Aggiornato: 15 Marzo 2025 16:39

Come esseri umani, la nostra capacità di esprimere giudizi sembra essere innata: giudichiamo quello che ci piace o che non ci piace, che cosa è buono o cattivo, cosa è brutto e cosa è bello. Probabilmente, i nostri giudizi determinano lo svolgimento della nostra vita, perché non faremo determinate scelte senza prima averle giudicate vere.
Ma perché siamo così inclini a giudicare? È davvero una tendenza innata nell’essere umano? È dovuto solamente al modo in cui funziona il nostro cervello? O forse è una questione culturale?
Fino a poco tempo fa, ogni religione presente nei popoli determinava le tradizioni delle rispettive culture, e molte di queste religioni preannunciano per le anime umane un Giudizio Universale. In questo senso, il “giudizio” è inseparabile dalle profonde preoccupazioni per il nostro destino.

Tuttavia, considerando questa attività come atto sociale, il giudizio può manifestarsi come desiderio di potere: per alcuni può essere un modo di imporre le proprie verità agli altri. La Storia è piena di esempi di persone o gruppi che giudicano altre persone o gruppi come “cattivi”, mentre in realtà sono semplicemente diversi. Le conseguenze di questi giudizi si rivelano spesso dannose per una società libera, perché non può esserci libertà senza diversità.

Ciononostante, anche la paura di giudicare qualcosa come cattivo quando tutto sembra indicare che lo sia, può essere dannosa. Qui sta la differenza tra giudicare l’aspetto di una persona e giudicare il suo comportamento, che deriva dal dibattito filosofico sul primato della forma rispetto al contenuto. Martin Luther King Jr. riassunse bene questo dibattito quando sognò che i suoi figli «non sarebbero stati giudicati per il colore della loro pelle, ma per il loro modo di comportarsi».

Decenni dopo, la disputa tra forma e contenuto continua e sembra che i mezzi di informazione giudichino ancora la forma come primaria rispetto al contenuto. Cioè: quello che conta di più è l’aspetto e non il comportamento, e anche questo giudizio viene espresso con la convinzione che sia un giudizio morale, basato sull’empatia e sulla libertà. Ma è questo l’uso migliore della nostra capacità di giudizio?

LA PESATRICE DI PERLE

Johannes Vermeer, La pesatrice di perle, 1664. Olio su tela. Galleria Nazionale d’Arte, Washington. Pubblico dominio

Il dipinto La pesatrice di perle o Donna con una bilancia del pittore olandese Johannes Vermeer (1632-1675) può dare una risposta alla nostra domanda. Vermeer ha dipinto una donna, illuminata da una fonte di luce proveniente dalla finestra in alto a sinistra, indossa una gonna gialla e una giacca di velluto blu con cappuccio bianco e bordo di pelliccia bianca.

Si trova in una stanza, accanto a un tavolo su cui posa un portagioie con catene d’oro e collane di perle e, in un angolo, si notano delle monete. Sulla sinistra, un panno blu incornicia la composizione. La donna osserva attentamente la bilancia che tiene in mano: l’oggetto appare come in trasparenza, dipinto con tratti talmente sottili che è quasi difficile vederlo. La bilancia appare vuota, ma questo non sembra importante.

Sulla parete dietro la donna c’è un quadro raffigurante una scena del Giudizio Universale. Al centro, una figura circondata da un’aureola gialla è sospesa con le braccia aperte, altre figure la affiancano su entrambi i lati e, in basso, altre ancora si protendono verso l’immagine centrale, ma queste sono poste anche ai lati della testa della donna.

Johannes Vermeer, La pesatrice di perle, particolare. Pubblico dominio

GUARDARE A SE STESSI

Ma perché il dipinto di Vermeer si rivolge alla nostra capacità di giudicare? Sul tavolo ci sono oggetti che rappresentano la ricchezza della donna: tessuti pregiati, oro, perle e monete che alludono al suo status sociale elevato. E il suo abbigliamento, la gonna gialla e la giacca di velluto bordato di pelliccia, indicano che può permettersi un certo stile di vita. Anche il quadro appeso alla parete rivela che la donna appartiene a una classe privilegiata.

Tiene la bilancia davanti agli oggetti come per giudicarne il valore, ma sulla bilancia non c’è nulla. La bilancia è dipinta come se fosse eterea, come se appartenesse al regno spirituale. Questo potrebbe far pensare che non stia giudicando gli oggetti in sé, ma il proprio atteggiamento nei loro confronti: rivolge lo sguardo dentro di sé per giudicare se stessa in relazione al proprio ambiente.

Ma il guardare la propria interiorità non la porta a scartare gli oggetti che le appartengono, né a sostituire la giacca foderata di pelliccia con un sacco di patate: anche questo suggerisce che non sono gli oggetti a dover essere giudicati buoni o cattivi, ma il proprio atteggiamento nei loro confronti. Che cosa è più importante per un’anima in cammino verso il cielo, le ricchezze del paradiso o l’atteggiamento dell’animo nei loro confronti?

Johannes Vermeer, La pesatrice di perle, particolare. Pubblico dominio

E possiamo presumere che la sua anima sia veramente in viaggio verso il cielo. Cosa è presente nella sua anima lo rivela l’abbigliamento: il giallo della gonna potrebbe rappresentare il rinnovamento della sua fede in Dio; il blu della giacca, colore spesso associato alla Vergine Maria, potrebbe rappresentare la verità e l’amore celeste e il bianco del copricapo rappresenta probabilmente la sua purezza d’animo.
Lo spiritualità della sua anima è rivelata dalla posizione rispetto al quadro alle sue spalle. Dobbiamo tenere presente che è un dipinto del Giudizio Universale e che le figure in basso, nella maggior parte delle rappresentazioni del Giudizio Universale, lottano per raggiungere il cielo.

La parte inferiore di questa raffigurazione sovrasta la testa della donna e le figure presenti quasi la circondano, come a indicare che l’acquisizione della purezza d’animo, rappresentata dal copricapo bianco, è un percorso difficile, ma che la donna comunque affronta. E nel dipinto, Dio sembra osservare i suoi progressi dall’alto.
Vermeer dipinge la scena semplice di una donna che scopre lo scopo del giudizio: rivolge la propria capacità di giudicare verso se stessa. Le sue ricchezze non contano, non importa possederle oppure no, la cosa importante è che quello che ha nel cuore e nella mente sia puro, amorevole e rivolto a Dio.

Questo dà una risposta alla nostra domanda iniziale: perché siamo così inclini a giudicare? Forse la nostra capacità di giudicare è una via verso il divino. In altre parole: se la usiamo nel modo giusto, rivolgendo lo sguardo alla nostra interiorità e giudicando attentamente il nostro comportamento, i cieli si rallegreranno della nostra presenza e Dio sarà lieto di vederci.

Consigliati