La politica estera secondo Donald Trump

di Conrad Black per ET USA
13 Marzo 2025 17:05 Aggiornato: 14 Marzo 2025 22:25

La politica estera di Trump è considerata da molti controversa. Ma è facile perdere di vista il fatto che prima del suo ritorno in carica, nessuno discutesse seriamente della pace in Ucraina, e che il rientro degli ostaggi a Gaza ora sia stato accelerato e la violenza in generale è diminuita, anche se Israele non si è, come richiesto, ritirato completamente da Gaza.

Trump ha chiarito che non tollererà un Iran dotato di armi nucleari e, pur esprimendo una forte preferenza per i negoziati con il Paese, è pronto a un intervento militare. Nonostante la forte dichiarazione dell’Ayatollah Khamenei di essere restio a negoziare con gli Stati Uniti, non dubita che Trump farà ciò che promette.

In Ucraina, sono bastati tre giorni perchè Zelensky, dopo il famoso scambio alla Casa Bianca, firmasse l’accordo sulle terre rare. Nel frattempo, rafforzando le sanzioni contro la Russia, Trump ha avviato il processo per portare Putin al tavolo delle trattative. Trump è l’unica persona che può effettivamente condurre entrambe le parti a un accordo. Gli Stati Uniti detengono un potere decisivo nel conflitto ucraino. Kiev è vulnerabile senza il sostegno americano, ma un aumento delle forniture di armi potrebbe ribaltare la situazione, rendendo la guerra insostenibile per la Russia

In base a quanto dichiarato da Trump, la Russia manterrà la maggior parte delle sue conquiste in Ucraina, ma riconoscerà inequivocabilmente la legittimità e la sovranità dell’Ucraina entro i suoi confini rivisti. Ci saranno forze della Nato, inclusi contingenti di Francia e Regno Unito, stabilmente presenti in Ucraina, e in caso di attacco, i due Paesi, potenze nucleari e stretti alleati degli Stati Uniti, sarebbero libere di invocare l’Articolo 5 dell’accordo Nato e richiedere assistenza militare diretta dagli Stati Uniti.

In base all’accordo sulle terre rare, gli Stati Uniti impiegherebbero personale specializzato in Ucraina, e come Trump ha dichiarato nello scambio alquanto acceso nell’Ufficio Ovale il mese scorso, questo costituirebbe una notevole garanzia di sicurezza per l’Ucraina.

Un tale accordo rappresenterebbe un riconoscimento definitivo della legittimità dell’Ucraina come Paese indipendente. Dalla caduta dell’Unione Sovietica nel 1991, il governo russo è stato deliberatamente ambiguo sull’entità del riconoscimento della sovranità delle altre 14 cosiddette repubbliche dell’Urss.

La Russia, nonostante la fine dell’Urss, cerca di mantenere una sfera d’influenza sui Paesi ex sovietici, usando mezzi diversi: dominio diretto sulla Bielorussia, intervento militare in Georgia e sostegno a separatisti della Moldova o intimidazione dei Paesi baltici. Tuttavia, la sua capacità di azione è limitata nei Paesi Nato come Lettonia, Lituania ed Estonia, dove la presenza dell’Alleanza funge da deterrente.

È facile dimenticare, poiché siamo stati a lungo abituati a pensare alla Russia come a una delle grandi potenze mondiali, che il suo Pil è in realtà inferiore a quello del Canada. E sebbene sia un esperto produttore di armamenti sofisticati, pur non essendo all’altezza degli Stati Uniti, è un Paese che arranca, e il suo tentativo di vanificare la vittoria dell’Occidente nella Guerra Fredda con il riassorbimento dell’Ucraina è stato un fiasco. Ci sono state oltre 750 mila vittime russe, e Putin si è ridotto a chiedere armi all’Iran e alla Corea del Nord.

Questo, insieme alla defezione dell’esercito mercenario Wagner nel 2023 e alla sua marcia verso Mosca, acclamata dalla popolazione civile, ha rivelato la Russia come una potenza militare mediocre, a parte per il suo arsenale nucleare.

Oltre alle umiliazioni subite dalle forze armate russe, l’aggressione di Putin, aggravata dall’impazienza di Trump, sembra aver finalmente spinto l’Europa a prendersi cura della propria Difesa. Trump è sicuramente sulla strada giusta e una pace che soddisfi tutti dovrebbe essere raggiunta presto.

È più difficile prevedere cosa accadrà in Medio Oriente. La proposta di Trump di assumere il controllo di Gaza, ricostruirla, demilitarizzarla e trasferire gran parte della sua popolazione altrove potrebbe fornire le basi per una soluzione duratura al problema mediorientale.

La difficoltà di fondo è sorta quando i britannici, nonostante l’area fosse governata dalla Turchia, nel 1917 hanno promesso una patria ebraica in Palestina senza compromettere i diritti degli arabi. Questo ha creato una “soluzione a due Stati”, e i palestinesi avrebbero potuto avere il loro stato in qualsiasi momento negli ultimi 20 anni, ma hanno scelto di insistere su una soluzione a stato unico in cui espellere, sottomettere o massacrare gli ebrei.

L’emergere dell’Iran come avversario aggressivo degli arabi ha creato un clima propizio per una conciliazione arabo-israeliana. Potrebbe essere che la pace si possa ottenere sulla base di uno stato palestinese che comprenda l’ampliamento di Gaza.

Sebbene i suoi metodi siano poco ortodossi, Trump è un’influenza positiva in queste aree.

 

 

Copyright Epoch Times

Consigliati