Trump a Zelensky: per ora niente Tomahawk

di Artemio Romano
18 Ottobre 2025 8:23 Aggiornato: 18 Ottobre 2025 16:41

Donald Trump ha ricevuto ieri Volodymyr Zelensky. Al termine del colloquio (non una fumata nera ma quasi, almeno in apparenza) Trump ha descritto il confronto con il leader ucraino su Truth come «molto interessante» e «cordiale», limitandosi a rivolgere l’ennesimo appello affinché entrambe le parti cessino immediatamente le ostilità, riconoscendo reciprocamente le attuali posizioni delle truppe sul campo di battaglia.

La visita di Zelensky alla Casa Bianca è arrivata dopo la lunga e «molto proficua» conversazione telefonica fra Trump e Vladimir Putin del giorno prima, i dettagli della quale Trump ha detto di aver condiviso con Zelensky. «A mio parere, Putin vuole porre fine alla guerra» ha affermato Trump (forse col suo solito eccesso di ottimismo) durante il vertice con Zelensky, che era alla sua terza visita alla Casa Bianca dal ritorno di Trump. Il presidente ucraino ha esordito facendo i complimenti a Trump per essere riuscito a raggiungere un accordo in Medio Oriente dicendo: «Lei ce l’ha fatta. E io credo che oggi sia giunto il momento di concludere la guerra della Russia contro l’Ucraina».
Durante la chiamata di giovedì 16 ottobre, Trump e Putin si sono accordati per un secondo incontro – questa volta a Budapest – in tempi brevi. Il presidente americano ha specificato che il vertice sarà con ogni probabilità bilaterale tra lui e Putin, non un trilaterale con Zelensky. Troppi «rancori personali», ha precisato Trump: i «due non si sopportano» e l’odio reciproco andrebbe a detrimento della trattativa.

Nel frattempo, Zelensky ha ringraziato il settore energetico americano per il sostegno promesso all’Ucraina nella gestione dell’emergenza gas, conseguenza degli attacchi missilistici russi: «Ho avuto modo di incontrare i principali operatori energetici americani, che si sono mostrati pronti a tendere una mano» ha detto Zelensky rivolgendosi a Trump.
Con alle porte il rigidissimo inverno ucraino, Putin sta continuando a colpire per far male il più possibile ai civili ucraini. Nelle ultime settimane, la Russia ha intensificato gli attacchi colpendo soprattutto le infrastrutture civili del settore energetico. I bombardamenti di questo mese hanno distrutto quasi il 60% della produzione di gas. Per compensare la scarsità di gas, quindi, l’Ucraina importerà gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti, dopo aver individuato adeguati strumenti di finanziamento per sostenere la spesa.

I TOMAHAWK

Quanto alla (attesissima) decisione sui missili Tomahawk, Zelensky ha proposto di cedere agli Stati Uniti dei droni in cambio dei missili Tomahawk. Alla domanda se tale scambio possa interessare Washington, Trump ha risposto: «Saremmo favorevoli». L’ambasciatore ucraino negli Stati Uniti, Olga Stefanishyna, aveva dichiarato a Epoch Times Usa il 16 ottobre che Kiev ha avviato trattative per un accordo di condivisione tecnologica che «consentirebbe agli Stati Uniti di avere accesso alle tecnologie d’avanguardia sviluppate dall’Ucraina in ambito droni, sia terrestri che aerei e navali».

Ma Donald Trump ha osservato che «non è una decisione semplice» perché «si parla di un numero elevatissimo di armamenti estremamente potenti» e ha aggiunto di sperare di poter mettere fine alla guerra «senza dover ricorrere ai Tomahawk».
All’inizio della settimana, Trump aveva dichiarato di stare valutando la possibilità di fornire a Zelensky i Tomahawk, per rafforzare la capacità difensiva  (e forse anche controffensiva) dell’Ucraina. Successivamente, però, ha manifestato dubbi sull’opportunità della scelta, richiamando la necessità di preservare le scorte statunitensi.

Con ogni probabilità, infatti, per i Tomahawk c’è un semplice problema di disponibilità. La realtà è che attualmente – dopo il “disarmo” ordinato una quindicina d’anni fa da Obama – gli unici missili Tomahawk disponibili in numeri elevati e immediatamente impiegabili, sono quelli usati dalla marina americana. Questi missili, infatti, hanno bisogno di un sistema di lancio ad hoc a seconda dell’utilizzo a terra (artiglieria missili) o in mare.
Le nuove rampe per poter tornare a sparare i Tomahawk anche da terra – il sistema Typhon – esiste e funziona, ma non è ancora disponibile in numeri elevati, per raggiungere i quali sembra servano come minimo due/tre anni. E la marina ucraina non ha navi dotabili degli stessi sistemi di lancio usati sulle unità navali americane.
In sintesi, probabilmente Trump non darà i Typhon-Tomahawk all’Ucraina semplicemente perché non può permetterselo: quei pochi che attualmente ha, ora servono agli Stati Uniti.

 


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