Una storia di persecuzione e perseveranza nella Cina contemporanea

9 Novembre 2015 10:13 Aggiornato: 24 Gennaio 2025 16:50

TORONTO – Correva l’anno 2009 e ci sono voluti sei mesi di permanenza in Canada prima che Zhen Dong smettesse di guardarsi le spalle e di chiedersi se quella persona che camminava dietro di lei fosse o meno un membro delle forze di sicurezza, o avesse cattive intenzioni.

Il mese scorso, sei anni dopo, sfilava per le vie del centro di Toronto assieme a centinaia di altri individui che come lei vogliono dimostrare il loro sostegno alle oltre 180 mila persone, residenti in Cina e in circa 27 altri Paesi, che hanno denunciato l’ex leader cinese Jiang Zemin. La maggior parte delle denunce sono state presentate da persone che vivono ancora in Cina: una sfida coraggiosa nei confronti di quell’uomo responsabile della morte di così tanta gente come loro.

Per Zhen è stato un giorno di festa: adesso è libera di fare ciò in cui crede. La sua storia ha avuto inizio con l’amore per la sua cultura tradizionale.

‘VERITÀ, COMPASSIONE E TOLLERANZA’

Zhen aveva una passione per la filosofia tradizionale cinese e aveva studiato i canoni del Buddismo e del Taoismo alla ricerca del senso della vita.

«I libri del Falun Gong mi hanno spiegato ulteriormente quello che stavo cercando in relazione all’antica saggezza della cultura cinese», ha spiegato. «Il Falun Gong è basato sulla verità, sulla compassione e sulla tolleranza, e ritengo che questi siano valori universali per le persone di tutto il mondo».

Come 100 milioni di altre persone, un giorno ha deciso di iniziare a praticare il Falun Gong, noto anche come Falun Dafa. Questa pratica di meditazione e di auto-miglioramento, introdotta in Cina nel 1992, ha rapidamente guadagnato popolarità tramite il passaparola grazie ai benefici che porta alla salute fisica e mentale.

Ogni fine settimana, nel grande stadio situato nei pressi della South China Normal University di Guangzhou, nella provincia del Guangdong, dove la Zhen ha studiato, si riunivano circa seimila praticanti per fare insieme gli esercizi.

«La pratica del Falun Gong dà realmente la sensazione di essere una persona in salute e penso che questo sia il motivo principale per cui le persone trascorrevano una o due ore del mattino a praticare», ha detto. «E io ero semplicemente una di loro».

Zhen era una dei tre praticanti che abitualmente portavano il lettore musicale per riprodurre la musica degli esercizi, e questa è la ragione per cui la polizia l’ha poi inquadrata come un’organizzatrice chiave – un’etichetta che si è rivelata un pesante fardello all’interno del sistema cinese dei campi di lavoro forzato.

Nel 1999, l’ex leader cinese Jiang Zemin ha bandito il Falun Gong e ha dato avvio a un intensa diffamazione della pratica. Prima di allora c’erano stati solo sporadici arresti, tuttavia, improvvisamente è stata lanciata una massiccia campagna di persecuzione.

«È UNA PRATICA BUONA» CHE PORTA BENEFICIO ALLE PERSONE

Zhen ha raccontato che in un primo momento aveva affrontato la situazione ingenuamente, e pensando che fosse tutto un malinteso aveva fatto diversi tentativi per fare appello al governo. «Desideravo realmente che il governo potesse comprendere che, per mia esperienza personale, il Falun Gong è una pratica buona. È un qualcosa che dà beneficio alla gente e che il governo non dovrebbe vietare».

È stata rapita quattro volte e torturata in un campo di lavoro, prima di comprendere definitivamente che al governo non importava che il Falun Gong fosse una pratica buona: quindi non c’era stato nessun malinteso. Il Partito Comunista Cinese (Pcc), che agiva sotto le direttive di Jiang, voleva semplicemente che la pratica venisse eliminata, a qualunque prezzo per il popolo cinese e la Nazione.

Il primo arresto di Zhen è avvenuto il 22 luglio del 1999, due giorni dopo l’inizio della persecuzione. Aveva cercato di volare direttamente a Pechino per fare appello al governo, tuttavia la polizia l’aveva già identificata come un cosiddetto organizzatore. Gli agenti sotto copertura della sicurezza si erano infatti premuniti di fotografie e documentazioni dei praticanti del Falun Gong già mesi prima che la persecuzione fosse lanciata ufficialmente.

«All’aeroporto, non ho potuto imbarcarmi. Sono stata rapita a tutti gli effetti e confinata in una piccola stanza. In seguito sono stati portati in quella stanza anche molti altri praticanti». La polizia ha cercato di costringerli a guardare il canale statale Cctv e i telegiornali che diffamavano la pratica, tuttavia, agli occhi delle persone rinchiuse in quella stanza, non erano altro che sciocchezze.

«Non dicevano la verità. Per nostra esperienza personale e di quella di migliaia di persone che praticavano ogni settimana, sapevamo molto bene che era una pratica buona, quindi non era qualcosa che il governo poteva trasformare improvvisamente da bianco a nero».

Per Zhen, che a quel tempo aveva 23 anni ed era al suo ultimo anno degli studi post-laurea in letteratura inglese, l’idea del governo di voler costringere lei e gli altri a rinunciare alla pratica era semplicemente ridicola. «Ma purtroppo, non è questo il modo in cui il governo cinese desidera che i giovani pensino. La realtà, è che stavo per imbattermi in grossi guai».

ARRESTI E DETENZIONI

I ripetuti tentativi di Zhen di appellarsi al governo e il fatto che fosse una degli incaricati a portare la musica nel luogo di pratica, l’avevano trasformata in un bersaglio. In totale ha trascorso quasi due anni tra centri di detenzione e campi di lavoro forzato, e ogni volta che veniva incarcerata era sempre più dura.

Il suo ultimo arresto è avvenuto una sera che era andata a far visita a degli amici, anche loro praticanti del Falun Gong. Si trattava semplicemente di cinque persone che stavano per andare a cena, tuttavia la polizia l’ha definito un ‘raduno illegale’. «Si può essere messi in prigione per questa ragione, perché ci si riunisce o perché si parla con altri praticanti. Dopo così tanti anni, ripensando a quelle cose, l’idea di essere incarcerata perché si parla con un altro praticante, mi appare totalmente assurda».

Non c’è mai stato alcun processo. I praticanti venivano semplicemente portati via, prima in un centro di detenzione e poi in un campo di lavoro. Quando a Zhen è stata comunicata la ragione della sua detenzione, era incredula: era stata accusata di disturbo dell’ordine sociale. «La motivazione era bizzarra, perché ero in visita dai miei amici e stavamo parlando all’interno della casa, e questo è ciò che per loro significa disturbare l’ordine sociale. Tutto questo è successo nel 1999».

TORTURE E PERCOSSE

Quella fu l’ultima volta che Zhen ha visto molti dei suoi amici. Sono stati messi in diversi centri di detenzione, poi in differenti campi di lavoro e poi condannati a pene diverse, e alcuni di questi amici hanno persino perso la vita. Nel raccontare questa storia Zhen rimane composta, tuttavia comincia a deglutire più frequentemente e il suo sorriso spensierato lentamente svanisce. Uno tra coloro che sono morti era un suo carissimo amico. «È stato messo in un campo di lavoro maschile e ha perso la vita. Era il 2002 o 2003, non ricordo esattamente. Sono venuta a conoscenza più tardi che era stato picchiato molto duramente con il manganello elettrico perché continuava a praticare anche dentro la prigione».

Sono troppe le storie come questa delle quali è a conoscenza e anche la sua storia personale si sarebbe potuta facilmente concludere nello stesso modo. Anche lei è stata picchiata duramente e torturata in modi che non riteneva possibili. Ha detto di non aver mai immaginato che ci potessero essere così tanti modi per torturare una persona.

«Se non avessi vissuto l’esperienza sulla mia stessa pelle, non avrei creduto che ci fossero così tanti metodi di tortura. La pratica per loro è così abituale che hanno persino attribuito alle torture nomi del tipo “volare come l’aereo”». Questa tortura richiede che la vittima si chini da ritta con la testa tra le gambe e le braccia tese verso l’alto, e mantenga questa posizione per ore. «E poi le guardie ti prendono a calci con i loro pesanti stivali».

È un metodo straziante che a differenza di altre forme di tortura, non strema le guardie. Per quanto strano possa sembrare, le percosse e altre forme di tortura possono essere fisicamente affaticanti per gli esecutori, e questa è la ragione per la quale una delle sessioni di tortura di Zhen è stata interrotta. Una donna poliziotto l’aveva portata in una cella privata e poi picchiata con i suoi scarponi pesanti. «Ha percosso ogni parte del mio corpo con gli scarponi, [utilizzandoli] come armi, fino ad accusare la stanchezza. Non ero io a essere sfinita, è stata lei a stancarsi a forza di picchiarmi». Zhen è stata poi messa in una cella isolata affinché gli altri non potessero vedere le sue ferite, e questo è uno dei metodi abitualmente utilizzati per far sì che la tortura rimanga segreta.

«A quel tempo ero un po’ spaventata, perché pensavo che se fossi deceduta in quel posto, la mia famiglia non avrebbe mai saputo dove e perché ero morta», ricorda. Sostiene comunque di essere stata fortunata, dal momento che molti altri non sono sopravvissuti e che per molti di loro la storia della loro morte rimane nascosta al mondo.

Tuttavia, persino in quella circostanza, Zhen nutriva ancora qualche speranza che il regime cinese si potesse rendere conto della bontà del Falun Gong. Aveva ancora la speranza che gli sforzi dei praticanti detenuti nel mostrare alle guardie e ai funzionari della prigione la pratica pacifica, li avrebbe aiutati a realizzare che coloro di cui stavano abusando erano solo persone che seguivano la loro fede al fine di raggiungere la verità, la compassione e la tolleranza nella loro vita di tutti i giorni. Sono questi gli ideali che guidano i praticanti del Falun Gong nella loro ricerca dell’illuminazione spirituale.

Guardando al passato, Zhen pensa di essere stata probabilmente troppo ingenua. Alla domanda su cosa le ha fatto cambiare idea sul regime, ovvero perdere la speranza che il regime comunista avrebbe alla fine avuto una comprensione positiva del Falun Gong, ha risposto che è stata semplicemente una conseguenza delle eccessive torture subite.

LA VITA IN UN CAMPO DI LAVORO

Per gran parte dei quasi due anni trascorsi in detenzione, Zhen è stata in un campo di lavoro forzato collocato su un’isola lacustre a Guangzhou, raggiungibile unicamente per mezzo di un traghetto. Il suo lavoro quotidiano consisteva nel trascorrere 16 ore a produrre fiori di plastica destinati all’esportazione. Aveva compreso che erano per l’esportazione dalle scritte in inglese che riportava la confezione e dai commenti del personale del campo di lavoro.

«Il cibo è pessimo, si dorme pochissimo e l’orario di lavoro è molto lungo – questa è la vita all’interno di un campo di lavoro», ha detto. Un ricordo che affiora alla sua memoria è quando il parente di un praticante ha portato di nascosto in prigione una copia dello Zhuan Falun, il libro principale del Falun Gong. «È stato molto importante per noi», ha detto Zhen.

Il libro è stato poi confiscato da una guardia carceraria e questo ha indotto lei e una decina di altri praticanti a fare uno sciopero della fame. Tuttavia, dopo circa una settimana, Zhen ha interrotto la sua protesta in quanto aleggiava la minaccia dell’alimentazione forzata, una procedura violenta che spesso causa lesioni interne. «Un mio amico praticante è stato la prima persona a morire a Guangzhou e il suo decesso è stato causato dell’alimentazione forzata. Il suo nome era Gao Xianmin – ha ricordato Zhen, aggiungendo – Ho avuto paura delle eventuali conseguenze, così ho rinunciato allo sciopero della fame, ma tre dei miei amici non hanno desistito», e di conseguenza sono stati sottoposti all’alimentazione forzata.

Dopo la tortura, erano completamente ricoperti di sangue, ed è stato allora che Zhen ha visto qualcosa che non credeva fosse possibile: i capelli di uno dei suoi amici erano diventati improvvisamente bianchi. «L’idea che mi ero fatta è che i capelli di una persona fossero potuti diventare tutto a un tratto bianchi a causa della pressione esercitata dalla tortura. Questo è un qualcosa che non posso dimenticare».

Zhen è stata liberata quando i suoi familiari hanno firmato un contratto con la prigione con il quale s’impegnavano a monitorarla fuori del campo di lavoro e a impedirle di praticare il Falun Gong. Spesso i familiari dei praticanti detenuti pagano anche delle multe molto sostanziose, ma fortunatamente la famiglia della Zhen è sfuggita ad almeno questa ingiustizia.

LA FUGA VERSO IL CANADA

Correva l’anno 2001 e Zhen aveva cercato di riprendere i suoi studi. Tuttavia, quando si è dedicata al programma di dottorato, le è stato detto che non avrebbe potuto superare l’esame perché aveva praticato il Falun Gong. «A quel tempo compresi che non avrei mai avuto alcuna possibilità in Cina, sia riguardo agli studi che alla mia carriera futura». In Cina vige infatti la politica che tutti gli uffici e i reparti connessi al governo non possono assumere praticanti del Falun Gong.

Nonostante tutto, Zhen è riuscita a trovare un lavoro e ha potuto frequentare un’università privata per diventare insegnante, e ha poi programmato di andarsene dalla Cina, per emigrare in Canada. A quel punto si è sposata: il matrimonio è arrivato dopo un fidanzamento che era stato protratto per otto anni, quando sia lei che il suo fidanzato avevano finalmente scontato le varie condanne tra prigioni e campi di lavoro perché praticanti del Falun Gong. Ha scelto dunque il Canada come sua nuova patria ed è partita nel 2009.

Il giorno in cui ha lasciato la Cina, era terrorizzata. Si chiedeva se le guardie dell’aeroporto l’avrebbero arrestata, come avevano fatto quella volta che aveva cercato di volare a Pechino da Guangzhou, ma fortunatamente non ci sono stati problemi. «Il momento in cui ho lasciato la Cina, mi sono sentita come un uccello che vola nel cielo. Naturalmente, allo stesso tempo mi sentivo triste perché stavo lasciando il Paese dove sono nata e cresciuta, e sapevo che per un lungo periodo di tempo non ci sarei tornata».

Zhen ricorda di aver pianto la prima volta che ha frequentato un gruppo di studio del Falun Gong in Canada, erano trascorsi dieci anni dall’ultima volta che ne aveva frequentato uno simile in Cina. Da allora, apprezza profondamente la sua nuova vita e ha partecipato a numerose attività volte ad aumentare la consapevolezza delle persone sulla persecuzione tuttora in corso in Cina. «Credo che tutte le persone del mondo meritino questa libertà, incluse tutte quelle che vivono in Cina», ha detto. «Per tutti noi, la libertà e la democrazia sono proprio come l’aria. Ne abbiamo tutti bisogno, ma purtroppo in Cina non le hanno».

Zhen ha raccontato di non essersi resa conto subito al suo arrivo di quanto il Canada fosse differente dalla Cina. Per i primi sei mesi di permanenza avvertiva ancora la pressione fantasma che ossessiona i cinesi. «Sicuramente avvertivo ancora la pressione e la paura e mi guardavo intorno per vedere se c’era qualche persona sospetta intorno a me. È un qualcosa instillato nella tua mente molto a fondo».

Tuttavia, giorno dopo giorno la paura è lentamente svanita. Zhen ha detto che è come qualcosa nel tuo sangue che deve essere purificato e il tempo è di aiuto. «Adesso, non ho più tanta paura. Posso credere, respirare e pensare, proprio come qualsiasi persona che vive in un mondo libero. Mi sto godendo la più totale sensazione di essere una persona, un essere umano».

CITARE IN GIUDIZIO JIANG ZEMIN

Zhen è tra coloro che hanno denunciato Jiang e sta ancora mettendo per esteso tutti i dettagli della sua persecuzione e della prigionia, delle torture e delle cose che ha visto infliggere ai suoi amici. Ha detto che alcune persone in Cina non hanno ancora compreso la vera natura del Partito Comunista Cinese, il regime che governa il Paese. Per altri, è semplicemente troppo difficile parlarne perché hanno paura. Il Pcc controlla la polizia, i tribunali e un’imponente sistema di sicurezza. Per coloro che comprendono la sinistra natura di questo regime, parlarne apertamente rappresenta una prospettiva terrificante.

«Sono convinta che molti cinesi vivono nella paura per tutta la vita. Persino se potessero essere ricchi e potessero ottenere una condizione migliore, questa paura non svanirà mai. Quindi questo tipo di mentalità li perseguiterà per tutta la vita». Il risultato è questo: loro vivono la loro vita evitando l’ira del regime, obbedendo a qualunque cosa il governo ordini, cercando di agire nel modo in cui il regime ritiene che debbano agire e di pensare nel modo in cui il regime ritiene che debbano pensare.

Jiang, per il ruolo centrale che ha avuto nella violenta persecuzione del Falun Gong, si trova adesso ad affrontare oltre 180 mila cause penali. Recentemente in Cina, molti degli alleati di Jiang sono stati imprigionati con l’accusa di corruzione dal leader del Pcc Xi Jinping. Tra coloro che hanno sfilato a Toronto, sono in molti a pensare che sia solo una questione di tempo prima che Jiang entri a far parte della lista degli eliminati.

I punti di vista espressi in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non rispecchiano necessariamente un punto di vista di Epoch Times.

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