«Mi rattrista vedere Elon Musk deragliare in modo così clamoroso. La sua trasformazione nelle ultime cinque settimane è davvero disastrosa», ha scritto Trump il 6 luglio in un post su Truth. Ora «vuole addirittura creare un terzo partito politico, nonostante nella Storia degli Stati Uniti nessun partito di questo tipo abbia mai avuto successo» perché, benché il sistema americano lo permetta sul piano legale, ha aggiunto il presidente americano, nei fatti non è concepito funzionare con più di due partiti.
Parlando con i giornalisti il 6 luglio, prima di salire a bordo dell’Air Force One, Trump ha poi definito «ridicola» l’idea di Musk, sottolineando la solidità del sistema bipartitico statunitense, dominato da repubblicani e democratici: «Creare un terzo partito è assurdo. Abbiamo avuto un enorme successo con il Partito repubblicano. I democratici hanno perso la loro direzione, e il sistema è sempre stato bipartitico. Un terzo partito non fa che generare confusione». D’altronde, lo stesso Donald Trump, nonostante si sia trovato più volte in disaccordo con la “vecchia guardia” repubblicana, non risulta abbia mai seriamente considerato la possibilità di fondare un proprio partito, e ha preferito rifondare da dentro il Grand Old Party piuttosto che mettersi in competizione con l’establishment.
Sempre scrivendo su Truth, Trump ha poi suggerito che la furia di Musk sia sì legata alla nuova legge di bilancio, ma non per gli “sprechi” denunciati dal proprietario di Tesla, quanto piuttosto perché il Big Beautiful Bill ha eliminato i sussidi federali per i veicoli elettrici. Insomma: niente più soldi pubblici per comprare le macchine elettriche di Musk. Il quale, evidentemente glissando sul tema dei sussidi, ha risposto su X ribadendo che la nuova legge di bilancio è inaccettabile perché aumenta il debito pubblico di 5 mila miliardi di dollari.
Su piano politico, Elon Musk ha dichiarato di voler impedire a repubblicani e democratici di ottenere la maggioranza in Parlamento: «Un modo per procedere sarebbe puntare su due o tre seggi al Senato e su otto-dieci distretti alla Camera. Dati i margini risicati in Parlamento, questo basterebbe per avere un ruolo decisivo su leggi controverse, garantendo che riflettano davvero la volontà del popolo», ha scritto in un post del 4 luglio. Un partito che faccia da “ago della bilancia” insomma.
Ma la realtà potrebbe essere molto meno rosea di quanto Musk immagina: invece di far fare quello che lui vuole ai politici di professione (che evidentemente Musk tanto aborrisce), un simile scenario potrebbe rendere il suo partitino soggetto ai diktat (e quindi ai compromessi) dei due partiti più grandi. Oppure porterebbe all’ingovernabilità, mettendosi di traverso sistematicamente su tutto. O, terza possibilità, potrebbe fingere di fare opposizione per poi integrarsi in pieno nel sistema tanto vituperato a parole. In Italia abbiamo fin troppa esperienza, purtroppo, di queste dinamiche paritocratiche.
Sul piano dell’eventuale consenso che il partito di Musk potrebbe raccogliere, il ministro del Tesoro Scott Bessent ha lasciato intendere che Musk potrebbe non trovare grande sostegno, anzi: potrebbe subire pressioni dalle sue stesse aziende per abbandonare la politica: «I principi del Doge erano molto popolari, ma, stando ai sondaggi, Elon non lo era – ha dichiarato Bessent alla Cnn – Io credo che i consigli d’amministrazione delle sue varie società vogliano che lui torni a concentrarsi sulla gestione delle aziende, un campo in cui eccelle. Immagino che non abbiano accolto con entusiasmo il suo annuncio di ieri e che lo spingeranno a dedicarsi alle attività imprenditoriali, non alla politica».