Il Presidente americano Donald Trump visiterà il Medio Oriente dal 13 al 16 maggio, con tappe previste in Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. É il primo grande viaggio internazionale dal suo secondo mandato, dopo la visita in Vaticano per i funerali di papa Francesco.
Come nel primo mandato, Trump ha scelto il Medio Oriente per il suo primo grande viaggio all’estero, ma a differenza di otto anni fa, Israele non è in agenda.
Trump dovrebbe annunciare una serie di importanti accordi di investimento per attirare capitali del Golfo in settori chiave come difesa, tecnologia e intelligenza artificiale. Gli incontri si concentreranno anche su questioni urgenti, tra cui la guerra tra Israele e l’organizzazione terroristica Hamas, così come i negoziati sul nucleare con l’Iran. La prima destinazione è Riad, in Arabia Saudita.
Trump ha chiarito che le sue visite all’estero daranno priorità ai Paesi che si impegnano a investire significativamente negli Stati Uniti. L’Arabia Saudita ha promesso 600 miliardi di dollari nei prossimi quattro anni, mentre gli Emirati Arabi Uniti stanzieranno degli investimenti pari a 1 miliardo e 400 milioni di dollari nei prossimi dieci anni, mirati a infrastrutture per l’intelligenza artificiale e i semiconduttori, al settore energetico e alla manifattura.
Il primo grande viaggio all’estero del Presidente «simboleggia l’importanza che attribuisce agli alleati del Golfo», ha dichiarato Joel Rubin, esperto di Medio Oriente ed ex funzionario del ministero degli Esteri sotto Barack Obama, «questo simbolismo è significativo per il posizionamento degli Stati Uniti nel mondo e per consolidare questi rapporti», e con questo viaggio Trump punta a promuovere la sua agenda economica, cercando impegni di investimento rilevanti dalle nazioni del Golfo.
Il Presidente si concentrerà anche su importanti accordi per la vendita di armi, tra cui un accordo da oltre 100 miliardi di dollari per l’Arabia Saudita e delle importanti forniture al Qatar. Recentemente, il ministero degli Esteri ha approvato una possibile vendita di missili AIM-120C-8 per 3 miliardi e 500 milioni di dollari all’Arabia Saudita. Trump parteciperà inoltre al Forum per gli investimenti Usa-Saudita il 13 maggio, che riunirà leader aziendali di entrambi i Paesi per esplorare nuove opportunità.
Jon Alterman, vicepresidente e direttore del Programma Medio Oriente al Centro per gli Studi Strategici e Internazionali, prevede cifre di investimento rilevanti. «Saranno annunciati accordi commerciali e di investimento che rafforzeranno l’immagine di Trump come negoziatore», ha dichiarato Alterman in una conferenza stampa di anteprima del viaggio. «Mi aspetto che alcuni accordi riguardino settori come l’Ia e le criptovalute».
A febbraio, Trump aveva tenuto un discorso al Summit sulle priorità dell’Iniziativa per gli Investimenti Futuri, sponsorizzato dai sauditi a Miami, e ha annunciato una visita in Arabia Saudita per finalizzare un accordo da mille miliardi di dollari. L’11 maggio, Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti riceveranno gratuitamente un aereo dal Qatar, destinato a diventare il nuovo Air Force One. «Il ministero della Difesa riceverà in dono, a costo zero, un aereo 747 per sostituire temporaneamente l’Air Force One, vecchio di 40 anni, in una transazione pubblica e trasparente», ha scritto Trump su Truth.
Un funzionario della Casa Bianca ha confermato che il Qatar ha offerto di donare un aereo al ministero della Difesa, precisando però che il dono non sarà né presentato né accettato durante la visita di Trump in Qatar. Il governo qatariota ha dichiarato che il trasferimento è ancora «in fase di valutazione». La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha ribadito: «Qualsiasi dono da un governo straniero viene accettato nel pieno rispetto delle leggi. L’amministrazione Trump si impegna a garantire totale trasparenza».
NORMALIZZAZIONE TRA ARABIA SAUDITA E ISRAELE
Sebbene l’obiettivo principale di Trump sia annunciare investimenti e accordi sulle armi, affronterà anche questioni di sicurezza regionale. Al centro, la guerra tra Israele e Hamas e la questione della normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele. Il focus sarà spingere l’Arabia Saudita a unirsi formalmente agli Accordi di Abramo, che nel 2020 hanno stabilito relazioni diplomatiche tra Israele e diversi Paesi arabi, un successo della politica estera del primo mandato di Trump.
Tuttavia, il principe ereditario saudita ha dichiarato pubblicamente che la normalizzazione con Israele dipende da progressi concreti verso la creazione di uno Stato palestinese, condizione che l’attuale governo israeliano rifiuta categoricamente. Le aspettative di una svolta su questo fronte restano quindi basse. «La normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele appare sempre più lontana», ha osservato Rubin, «più distante rispetto al passato». Ha aggiunto che il costo per formalizzare i rapporti tra Tel Aviv e Riad è «molto alto», poiché richiede che il governo israeliano accetti un processo di pace che porti a una soluzione a due Stati.
NEGOZIATI SUL NUCLEARE IRANIANO
Un altro tema di sicurezza che Trump discuterà con i leader arabi è lo stato dei negoziati con l’Iran sul suo programma nucleare. I Paesi del Golfo sono sempre più preoccupati per le tensioni tra Iran e Israele, temendo che un conflitto più ampio possa destabilizzare la loro economia. «Hanno paura che un’azione militare con l’Iran li metta nella zona d’impatto», ha dichiarato Alterman.
Ritengono inoltre che sia il momento giusto per Washington di raggiungere un accordo con l’Iran, data la vulnerabilità del regime islamico e i suoi gravi problemi economici. «In modo sorprendente, gli Stati del Golfo sostengono i colloqui Usa-Iran molto più di quanto facessero nel 2015», ha aggiunto Alterman, sottolineando una maggiore fiducia dei Paesi arabi nella capacità di Trump di risolvere la questione rispetto ai precedenti Presidenti.
L’11 maggio si è tenuto in Oman il quarto giro di negoziati tra Usa e Iran. Trump aveva dichiarato il 9 maggio che gli Stati Uniti non hanno ancora deciso se l’Iran potrà arricchire uranio internamente nell’ambito del nuovo accordo in discussione. «Non abbiamo ancora preso quella decisione», ha detto il Presidente. Il giorno successivo, il ministro degli Esteri iraniano Sayyid Abbas Araghchi ha ribadito che Teheran non rinuncerà mai ai suoi «diritti nucleari» nonostante le pressioni americane.
Trump ha anche proposto di recente di rinominare il Golfo Persico in Golfo Arabico. «Non so se qualcuno si offenderà», ha detto ai giornalisti il 7 maggio, annunciando che comunicherà la decisione durante il viaggio in Medio Oriente.
I PREZZI DEL PETROLIO
Trump è determinato a ridurre i prezzi del carburante negli Stati Uniti per frenare l’inflazione e intende inoltre fare pressione sugli Stati del Golfo affinché mantengano bassi i prezzi del petrolio. Oltre all’inflazione, un altro obiettivo è indebolire le entrate petrolifere di Mosca. A gennaio aveva chiesto all’Arabia Saudita e all’Opec di abbassare i prezzi. Nelle ultime settimane, i prezzi del Brent sono scesi di oltre 10 dollari al barile, attestandosi poco sopra i 60 dollari, grazie all’aumento della produzione saudita a maggio, una vittoria importante per Trump prima della sua visita. Tuttavia, secondo gli esperti del Csis, non è chiaro se Riad possa mantenere questi livelli, dato che il prezzo di pareggio fiscale del Paese è stimato a circa 100 dollari al barile.
In un discorso del 23 gennaio al Forum Economico Mondiale di Davos, Trump aveva dichiarato: «Se i prezzi scendessero, la guerra Russia-Ucraina finirebbe immediatamente», convinto che prezzi più bassi accelererebbero la fine del conflitto, privando Mosca delle entrate per finanziare la campagna militare.
ACCORDO SULLE TERRE RARE
L’Arabia Saudita si sta posizionando come attore chiave nel mercato delle terre rare, con progressi significativi nel settore minerario negli ultimi 15 anni. Il Paese possiede riserve minerarie stimate a 2 mila miliardi e 500 milioni di dollari ed è in cerca di investitori. Durante il viaggio, Trump potrebbe rafforzare i legami con l’Arabia Saudita nell’estrazione e esplorazione di minerali critici, una priorità strategica per la sua amministrazione, come dimostrato da iniziative in Congo e Ucraina, ha dichiarato Gracelin Baskaran, direttrice del Programma per la Sicurezza dei Minerali Critici al Csis, durante la conferenza stampa. «Per gli Stati Uniti, dove la lavorazione dei minerali resta un punto critico e la Cina controlla dal 60 al 90% della capacità, una partnership più stretta con l’Arabia Saudita offre un’opportunità strategica per espandere la capacità di lavorazione, ridurre la dipendenza dalla Cina e rafforzare la sicurezza della catena di approvvigionamento a lungo termine», ha spiegato.
L’Arabia Saudita sta espandendo aggressivamente il settore minerario nell’ambito del programma Vision 2030, che mira a diversificare l’economia dalla dipendenza dal petrolio. La settimana scorsa, il Consiglio dei ministri saudita ha annunciato che il Regno sta valutando un accordo formale con Washington per la cooperazione mineraria.