I pannelli solari cinesi producono il triplo di emissioni

di Tom Ozimek
30 Luglio 2023 21:19 Aggiornato: 24 Gennaio 2025 12:17

Le celle fotovoltaiche prodotte in Cina hanno un’impronta di carbonio molto più alta di quella che si pensa?

Environmental Progress, un’organizzazione no-profit co-fondata dal giornalista investigativo Michael Shellenberger, in collaborazione con The Blind Spot e con l’analista italiano Enrico Mariutti, sostiene in uno studio recentemente pubblicato che i pannelli solari di produzione cinese sono circa tre volte più sporchi – in termini di emissioni di carbonio durante la loro produzione – di quanto sostenuto dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa di valutare la scienza dei cambiamenti climatici.

«La gente dice che i pannelli solari non producono emissioni di carbonio, ma è così. E ora, una nuova importante indagine di Environmental Progress, basata sulle ricerche di @enricomariutti, scopre che i pannelli solari prodotti in Cina emettono almeno tre volte più emissioni di carbonio di quanto sostiene l’Ipcc», ha scritto Shellenberger in un tweet del 24 luglio.

In particolare, l’Ipcc sostiene che la cosiddetta “impronta di carbonio” dei pannelli solari – la maggior parte dei quali è prodotta in Cina – è di circa 48 grammi di anidride carbonica (Co2) per chilowattora (kWh). Ma Environmental Progress ha dichiarato che la ricerca condotta da Mariutti indica che le vere emissioni di carbonio siano più vicine a 170-250 grammi di Co2 per kWh, ossia da tre a cinque volte superiori a quanto riportato dalle Nazioni Unite.

«Per 10 anni, l’@Ipcc-CH ha presentato prove fuorvianti sull’intensità di carbonio dell’energia fotovoltaica», ha dichiarato Mariutti in un post su Twitter del 24 luglio. L’Ipcc non ha risposto a una richiesta di commento.

“Sporco segreto”

Ad aprile, Mariutti, analista specializzato in economia e politica climatica ed energetica, ha pubblicato uno studio intitolato Lo sporco segreto dell’industria solare. Nello studio, Mariutti dice che l’Ipcc sta sottostimando notevolmente la quantità di carbonio generata dalle celle fotovoltaiche prodotte in Cina, perché effettua i suoi calcoli partendo da una filiera produttiva a basse emissioni di carbonio incentrata sull’Europa, piuttosto che sui processi di produzione dipendenti dal carbone in Cina. «Stiamo investendo centinaia di miliardi di dollari all’anno in tecnologie a basse emissioni di carbonio solo perché qualcuno l’ha scritto da qualche parte», ha dichiarato Mariutti nella sintesi del suo studio.

Secondo Environmental Progress, il problema è che la maggior parte dei dati sull’intensità di carbonio su cui l’Ipcc e i governi fanno affidamento per i pannelli solari, si basano su modelli che probabilmente hanno ampiamente sottostimato le emissioni di carbonio dell’energia solare per mancanza di trasparenza o semplicemente a causa di dati imprecisi o «inventati» dai produttori cinesi.

Nel corso degli anni, la Cina è diventata una forza dominante nella produzione di pannelli solari. Ad esempio, circa il 97% della fornitura globale di wafer solari, componenti essenziali delle celle fotovoltaiche, è prodotto in Cina.

Tuttavia, la crescente quota cinese del mercato dei pannelli solari non è dovuta all’innovazione: «La maggior parte degli esperti consultati da Environmental Progress, concorda sul fatto che il vantaggio competitivo della Cina non risieda in un nuovo processo tecnologico innovativo, ma piuttosto negli stessi fattori che il Paese ha sempre utilizzato per superare la concorrenza occidentale: energia fossile a basso costo, massicce sovvenzioni governative per le industrie strategiche e manodopera umana che opera in condizioni di lavoro drammatiche».

Quando ad aprile ha pubblicato per la prima volta il suo studio indipendente, Mariutti ha dichiarato in un post su Twitter di essere stato motivato a pubblicare i suoi risultati «alla luce dell’accelerazione della politica climatica europea, che minaccia di condannare l’Italia a un declino irreversibile». E ancora: «Negli ultimi 10 anni, l’Ipcc ha sistematicamente sottostimato l’intensità di carbonio dell’energia fotovoltaica, fingendo che i moduli fotovoltaici siano prodotti in Europa invece che in Cina». Ma «ricalcolando l’impronta di carbonio di un impianto fotovoltaico sulla base di un mix energetico prevalentemente legato al carbone, è possibile stimare l’intensità di carbonio media globale dell’energia fotovoltaica in almeno 200 [grammi di Co2 per kWh, ndr]».

Shellenberger, a sua volta, ha da tempo messo in guardia sugli impatti ambientali olistici dell’industria dei pannelli solari.

Tsunami di rifiuti dai pannelli solari

Questa veduta aerea mostra il Crescent Dunes Solar Energy Project situato vicino a Tonopah, a 310 chilometri a nord-ovest di Las Vegas, il 30 luglio 2020. (Daniel Slim/AFP via Getty Images)
Veduta aerea del Crescent Dunes Solar Energy Project situato vicino a Tonopah, 310 chilometri a nord-ovest di Las Vegas (foto: Daniel Slim/AFP via Getty Images)

Nel 2021, Shellenberger ha dichiarato alla trasmissione The Nation Speaks di Ntd Tv che l’economia della produzione, dell’utilizzo e del riciclaggio dei pannelli solari dimostra come questa tecnologia abbia una dimensione «tossica» e «pericolosa», e che la sua promozione è guidata da tendenze ideologiche piuttosto che da una solida scienza. «Siamo stati in una sorta di trance ipnotica», ha dichiarato Shellenberger riferendosi a quella che ha definito la convinzione fuorviante che l’energia solare sia un’alternativa ecologica alle forme tradizionali di produzione di energia come il nucleare.

«È un perseguimento spirituale […] C’è l’idea che […] proteggeremo l’ambiente naturale dipendendo da flussi energetici naturali come la luce del sole. Non è una visione scientifica. In realtà, è peggio per l’ambiente».

Non solo: uno studio della Harvard Business Review ha concluso che i pannelli solari vengono sostituiti più velocemente del previsto a causa di vari incentivi economici, e ha lanciato l’allarme per la crescente montagna di rifiuti di pannelli solari che ne deriva, a meno che non vengano adottati incentivi (pubblici, verosimilmente) per ridurre gli alti costi di riciclaggio.

Lo studio di Harvard ha citato le stime di Garvin Heath, scienziato esperto del National Renewable Energy Laboratory, che ha dichiarato alla rivista PV Magazine che riciclare un pannello costa dai 20 ai 30 dollari, mentre mandarlo in discarica costa da 1 a 2 dollari. L’Harvard Business Review ha concluso che la brillante promessa di un’adozione più diffusa dell’energia solare come alternativa ecologica «si oscurerà rapidamente quando l’industria affonderà sotto il peso delle sue stesse scorie».

Shellenberger conferma gli alti costi di riciclaggio, ma precisa che sono solo una parte del peso del fine vita dell’energia solare: i pannelli contengono metalli pesanti come il piombo, che possono finire nell’atmosfera sotto forma di nubi tossiche, se i pannelli si frantumano durante lo smaltimento: «si tratta di rifiuti pericolosi».

Estratto da: ‘Dirty Secret’: Made-in-China Solar Panels Produce 3 Times More Carbon Emissions Than UN Claims: Study

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