Il 4 giugno ricorre il 35esimo anniversario del massacro di Piazza Tienanmen. Un leader studentesco dell’Università Tsinghua, ora residente negli Stati Uniti, ha condiviso con Epoch Times le sue strazianti esperienze, facendo luce sugli eventi che portarono al tragico massacro.
La storia
La politica di «riforma e apertura», lanciata dal Pcc nel 1978, suscitò l’indignazione dell’opinione pubblica perché era stata causa di una dilagante corruzione all’interno del sistema comunista cinese. La presa di coscienza di questa distorsione sistemica fu al centro della “Manifestazione studentesca del 1986”: dal 5 dicembre 1986 al 2 gennaio 1987, gli studenti protestarono chiedendo una riforma in senso democratico dello Stato cinese.
A posteriori, Li Hengqing identifica in queste manifestazioni la causa storica che portò poi alla tragedia di Piazza Tienanmen.
In seguito alle manifestazioni studentesche, l’allora capo del Partito comunista cinese, Deng Xiaoping, convocò il plenum del Pcc per sentire le ragioni dei due riformisti interni al Partito, Hu Yaobang e Zhao Ziyang. Deng definì «significative» le agitazioni studentesche, ma si disse contrario all’adozione della democrazia occidentale, ossia a un sistema basato sulla separazione dei poteri.
Noto per le sue convinzioni democratiche filo-occidentali, Hu fu criticato per aver sostenuto il movimento studentesco e dovette dimettersi da segretario generale del Pcc nel gennaio 1987. Due anni dopo, il 15 aprile 1989, Hu morì. In seguito, durante le commemorazioni e i raduni in Piazza Tiananmen, è stato riconosciuto per il suo coraggioso sostegno al movimento studentesco. La sua scomparsa aveva riacceso le istanze di democrazia e di libertà e le denunce di corruzione degli studenti.
In quel periodo, Li Hengqing era iscritto all’Università Tsinghua ed era esponente del sindacato studentesco. L’ex studente dissidente racconta che il 22 aprile decine di migliaia di studenti di Pechino si erano radunati davanti alla porta est della Grande Sala del Popolo, dove si teneva la cerimonia commemorativa per Hu Yaobang. In seguito, tre rappresentanti degli studenti si erano inginocchiati sui gradini davanti alla porta, presentando alle autorità una petizione per la riabilitazione della memoria di Hu, e per avere garanzia di libertà e lotta alla corruzione.
Studenti ignorati
La petizione venne ignorata e gli studenti iniziarono a scioperare. Era l’inizio della resistenza studentesca.
Ricordando quel momento cruciale, Li Hengqing ricorda: «Inizialmente credevano che si trattasse di un’iniziativa studentesca indipendente. Io avevo risposto che invece ne ero a conoscenza e che l’avevo appoggiata». Vedendo la sua posizione irremovibile, il Comitato del Partito chiuse ogni discussione. Li Hengqing ricorda anche un legame personale: «La persona che mi aveva contattato era Chen Xi, allora capo del Dipartimento studentesco del Comitato di Partito. Oggi è a capo dello staff di Xi Jinping e presidente della Scuola Centrale del Partito. Allora eravamo insieme».
Il dissenso si diffonde
Il 26 aprile 1989 il Quotidiano del Popolo, organo di propaganda del regime, pubblica in prima pagina un editoriale in cui si afferma la necessità di opporsi alle agitazioni, e sostiene che un piccolo gruppo di facinorosi sovversivi sta complottando un colpo di Stato.
Questo inasprisce il risentimento degli studenti, spingendoli a protestare in diverse città; il giorno successivo decine di migliaia di studenti marciano a Pechino.
Dal 16 al 18 maggio, milioni di cittadini, persone di ogni estrazione sociale scendono in piazza dando vita alla più grande manifestazione della Storia cinese. Diversi democratici scrivono ai capi del Partito sostenendo le richieste degli studenti, più di mille intellettuali sottoscrivono la «Dichiarazione del 16 maggio», a favore degli studenti.
Il 17 maggio, il Comitato permanente del Politburo è riunito a casa di Deng Xiaoping, che vuole applicare a Pechino la legge marziale. Quella sera, durante la discussione del piano di legge, Zhao, ormai segretario generale del Pcc, esprime “indisponibilità” ad applicare la legge marziale.
Il 19 maggio, Zhao si reca a Piazza Tienanmen per esortare gli studenti a terminare lo sciopero della fame, dicendo: «Studenti, siete ancora giovani e il futuro è lungo. Noi siamo già vecchi e per noi non ha importanza». Quella è l’ultima apparizione pubblica di Zhao. In seguito verrà escluso dal potere e messo agli arresti domiciliari per 16 anni, fino alla sua morte nel 2005.
Inizia la legge marziale, 250 mila soldati da tutta la Cina vengono dislocati a Pechino. Ma il 23 maggio arriva un’altra imponente manifestazione studentesca a Pechino contro il primo ministro Li Peng.
Il 1° giugno, Li Peng presenta un rapporto al Politburo del Pcc etichettando i manifestanti come terroristi e controrivoluzionari. Il Ministero della Sicurezza del Pcc afferma (falsamente) che unità militari statunitensi sarebbero infiltrate nel movimento studentesco per provocare un colpo di Stato.
Arrivano i carri armati
Il nostro testimone ricorda: «La notte del 3 giugno, l’esercito entra in città con i carri armati massacrando le persone sul viale Chang’an. Le metropolitane trasportavano i soldati. Al momento non capivamo come avessero potuto apparire all’improvviso così tanti soldati dalla Grande Sala del Popolo e dal Museo di Storia, ma le gallerie sotterranee di Pechino erano interconnesse e i soldati erano rimasti appostati lì. I carri armati inseguivano gli studenti e li schiacciavano senza la minima pietà».
«Piazza Tienanmen era in fiamme, i carri armati erano entrati. È stata la prima volta che ho visto i carri armati; si muovevano molto velocemente e abbattevano i blocchi stradali come niente».
«Era un massacro. I militari sembravano emergere dal sottosuolo, dappertutto. Ma gli studenti resistevano. In piazza c’erano 20-30 mila studenti».
Morire per la libertà
«In quel momento eravamo determinati a morire in piazza. I militari aprirono il fuoco, molti feriti vennero portati in una stazione operativa improvvisata nell’angolo nord-est di Piazza Tienanmen».
Ma gli ospedali non erano autorizzati a inviare aiuti medici in piazza, e non c’erano ambulanze. I feriti e i morti venivano quindi ammassati in un’infermeria improvvisata.
«Gli abitanti di Pechino caricavano le vittime su carretti a tre ruote. I taxi si riempivano di feriti, addirittura li ammassavano sui cofani delle auto. Ho visto uno studente che trasportava un compagno pregare il medico di farlo salire su uno dei veicoli. Il medico ha guardato e ha risposto: “No, è irrecuperabile”. Il compagno di classe piangeva, inginocchiandosi e supplicando il medico, ma il dottore diceva: “No, davvero, non c’è speranza”. Aveva un enorme buco nel petto, era chiaro che non poteva essere salvato».
«A quel punto non avevamo paura della morte, eravamo pronti a morire lì. Ma poi ci siamo calmati, abbiamo capito che dovevamo portare gli studenti fuori di lì: quelli erano i semi della democrazia». E qui inizia l’evacuazione di Piazza Tienanmen.
La ritirata organizzata avviene attraverso un’uscita aperta all’angolo sud-est della piazza, prima dell’alba, mentre i carri armati si aggirano minacciosamente fra i giovani emettendo fasci di fumo nero.
Salvato da una «Mano divina»
Ma mentre alcuni iniziano la ritirata, altri non vogliono arrendersi. La tensione è alle stelle. All’improvviso scoppia una raffica di spari e i soldati attaccano. «Nel momento in cui ho sentito gli spari, mi sono bloccato: erano proprio dietro di me. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Ero pietrificato. Poi all’improvviso delle mani mi hanno afferrato, sollevandomi e portandomi via di corsa. A quelle mani devo la vita».
In seguito Li Hengqing viene arrestato e imprigionato nel carcere Qincheng di Pechino insieme ad altri dissidenti. Rilasciato un anno dopo, sopporta le pene dell’inferno prima di riuscire a trovare rifugio all’estero.
Ora, dopo 35 anni, Li Hengqing dice che «la Cina sta per cambiare. Il Pcc non durerà ancora a lungo».
«Anche se la situazione attuale in Cina è terribile, a molte persone è stato fatto il lavaggio del cervello e credono ancora nella falsa propaganda del Pcc. Ma noi stiamo combattendo questo lavaggio del cervello, raccontando la verità e rivelando i fatti. Per risvegliare le masse alle realtà del regime dittatoriale del Pcc».
Estratto da: Tiananmen Square Survivor Shares Harrowing June 4 Experience on 35th Anniversary