Incendi in California e cambiamento climatico, la confessione dello scienziato

di Bill Pan
12 Ottobre 2023 10:43 Aggiornato: 24 Gennaio 2025 9:57

Il principale autore di uno studio sugli incendi della California, Patrick Brown, scienziato climatico e docente della Johns Hopkins University, ha ammesso di aver glissato su alcuni fatti fondamentali per adattarsi all’ideologia di Nature su cui pubblicava.

Lo scienziato autore dello studio (ampiamente citato dal mainstream, dopo la sua pubblicazione su Nature) ha ammesso che lo studio stesso è stato manipolato per adattarsi all’ideologia sul cambiamento climatico sposata dalla rivista scientifica: «Sapevo di non dover cercare di quantificare aspetti chiave diversi dal cambiamento climatico nella mia ricerca, perché questo avrebbe annacquato il messaggio che riviste prestigiose come Nature e la sua rivale Science vogliono dare», spiega il professor Brown.

Nell’articolo del 30 agosto, intitolato Climate warming increases extreme daily wildfire growth risk in California, Brown e sette coautori hanno esaminato come il cambiamento climatico abbia influenzato l’«estrema crescita degli incendi». Utilizzando un modello di apprendimento automatico, i ricercatori hanno analizzato quasi 18 mila incendi scoppiati in California tra il 2003 e il 2020, scoprendo che l’aumento delle temperature ha incrementato la frequenza complessiva della crescita giornaliera degli incendi in media del 25%.

Però ci sono altri fattori, forse ben più importanti, che aumentano i rischi di incendi estremi, come la cattiva gestione delle aree forestali e il crescente numero di persone che provocano incendi, colposi o dolosi.
Brown ha ammesso di aver scelto di non discuterne, in modo che il documento rimanesse in linea con l’ideologia dominante: «Nel mio articolo non ci siamo preoccupati di studiare l’influenza di questi altri fattori ovviamente rilevanti», ha spiegato lo scienziato del clima, sottolineando che oltre l’80% degli incendi negli Stati Uniti sono causati dall’uomo.

«Sapevo che includerli avrebbe reso l’analisi più realistica e utile? Sì! Ma sapevo anche che avrebbe distolto l’attenzione dalla storia che la colpa è tutta del cambiamento climatico. E quindi sarebbero diminuite le probabilità che il documento passasse il vaglio dell’editore di Nature».

Le tre regole tacite

Secondo il professor Brown, la prima regola non detta, è che un «astuto ricercatore climatico» deve sapere che il suo lavoro deve supportare l’ideologia mainstream, secondo cui gli effetti del cambiamento climatico sono «sia pervasivi che catastrofici», e che la migliore strategia per affrontarli sarebbe attraverso massicci programmi pubblici mirati a ridurre le emissioni di gas serra, piuttosto che misure di adattamento che potrebbero rendere le persone meno vulnerabili agli impatti dei cambiamenti, come infrastrutture più resilienti e più aria condizionata, o magari una migliore gestione delle foreste per prevenire gli incendi: «Per dirla chiaramente: la scienza del clima è diventata meno intesa a comprendere le complessità del mondo e più a servire come una sorta di Cassandra, che preme sull’opinione pubblica paventando i pericoli del cambiamento climatico. Per quanto comprensibile possa essere questo istinto, distorce gran parte della ricerca scientifica sul clima, disinforma la gente e, soprattutto, rende più difficile raggiungere soluzioni pratiche».

Come esempio, cita un altro recente articolo di Nature, che indica che per ogni tonnellata di emissioni di anidride carbonica vi sarebbe un «costo sociale» di 185 dollari, in termini di morti legate al caldo e danni ai raccolti. Gli autori dello studio, però, non menzionano mai il fatto che il cambiamento climatico non sia una causa principale di nessuno di questi due effetti: «Le morti legate al caldo sono in calo, e i raccolti sono in aumento da decenni, nonostante il cambiamento climatico» spiega il professor Brown; quindi, includere questi fatti nel documento violerebbe la tacita regola numero due, secondo cui si deve ignorare o minimizzare le azioni pratiche che possano essere necessarie alle persone per superare gli effetti negativi del cambiamento climatico. «Riconoscere questo implicherebbe che il mondo abbia avuto successo in alcune aree nonostante il cambiamento climatico, il che minerebbe la motivazione della riduzione delle emissioni».

La terza regola secondo Brown è utilizzare parametri che producano numeri strabilianti. Nel documento sugli incendi in California, i ricercatori hanno esaminato il rischio che gli incendi distruggano più di 10 mila acri in un solo giorno, un parametro che non ha un valore pratico ma che genera numeri che possono impressionare editori, revisori e media: «Perché questo tipo di metrica, che è più complicata e meno utile, è così comune? Perché generalmente produce fattori di aumento più grandi rispetto ad altri calcoli. Vale a dire: “devi ottenere numeri più grandi, che giustifichino l’importanza del tuo lavoro e il suo posto legittimo su Nature, o Science, e una sostanziosa copertura mediatica».

L’ossessione del cambiamento climatico

Il professor Brown cita articoli di Associated Press, Pbs NewsHour, New York Times e Bloomberg, che ritiene diano l’impressione che gli incendi di quest’estate, dal Canada all’Europa alle Hawaii, siano principalmente il risultato del cambiamento climatico: «Sebbene il cambiamento climatico sia un fattore importante che influenza gli incendi in molte parti del mondo, non è nemmeno lontanamente l’unico fattore meritevole della nostra esclusiva attenzione».

«I mass media dovrebbero smettere di accettare questi documenti per oro colato, e indagare su quello che viene escluso. Gli editori delle riviste più importanti devono superare il focus ristretto che spinge alla riduzione delle emissioni di gas serra. E i ricercatori devono iniziare a opporsi agli editori. O trovare altri posti in cui pubblicare».

 

Estratto da: Scientist Says He Omitted ‘Full Truth’ From Paper to Fit Top Journal’s Climate Change Narrative

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