Piazza Tienanmen e la rivoluzione democratica in Cina

4 Giugno 2016 9:50 Aggiornato: 24 Gennaio 2025 16:50

«Cimici» pensò Luo Yu mentre si svegliava nella notte del 3 giugno 1989 dopo aver provato la sensazione di un pizzico; accese la luce e controllò nel letto, ma senza trovare nulla.

Luo era un colonnello dell’Esercito di Liberazione del Popolo, con l’incarico di capo dell’ufficio equipaggiamento dell’aviazione.
Dei ‘ta, ta, ta’ intermittenti sembravano provenire dalla zona di Jianguomen, vicino alla piazza Tienanmen a Pechino. Luo rimase sveglio per il resto della notte.

A colazione il suo domestico gli disse che c’erano dei veicoli militari in fiamme nelle strade. «Erano colpi di pistola quelli che ho sentito ieri notte» pensò tra sé Luo; sospetto poi confermato dal telegiornale di Stato più tardi: nella notte fra il 3 e il 4 giugno l’esercito aveva aperto il fuoco sugli studenti e i cittadini comuni che da sette settimane occupavano pacificamente piazza Tienanmen per manifestare al governo le loro istanze di democrazia.

Quella di Luo, ora settantunenne, e della sua famiglia è una lunga storia, emblematica di sette decenni di Cina comunista: aveva resistito agli attacchi del Partito che, con la sua famiglia, aveva subito negli anni della Rivoluzione Culturale di Mao Zedong (1966-76).
Passate l’ondata di radicalismo di ultra-sinistra e la distruzione di tutto quello che in Cina era rimasto della cultura tradizionale cinese dopo la presa del potere di Mao nel 1949, Luo aveva osservato con sgomento come la Cina si fosse aperta economicamente pagando un costo enorme in termini di corruzione generalizzata di pubblici ufficiali e di declino morale generale del popolo cinese.
E perse la fede nel Partito, quando i soldati dell’Esercito di Liberazione del Popolo massacrarono dei cittadini cinesi di fronte a un sito storico di epoca imperiale.

Considerato il suo pedigree da rivoluzionario, Luo Yu era destinato a raggiungere i massimi gradi delle forze armate, senza contare che – se fosse stato uomo senza scrupoli – nella sua posizione avrebbe potuto facilmente accumulare un’immensa ricchezza.
Invece, nel 1990, diede le dimissioni dall’esercito e si dimise dal Partito: uscì di scena e lasciò la Cina in punta di piedi.

Ora, dopo 26 anni, Luo torna in scena, e con parole forti: nel suo libro di memorie best-seller, ricorda i rapporti e il disincanto nei confronti dei più alti ufficiali dell’esercito; e offre anche i suoi consigli politici in diverse lettere aperte indirizzate all’attuale leader del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping.

Parlandogli come a un ex giovane commilitone sopravvissuto alla follia del Partito, Luo rivolge a Xi l’appello affinché la Cina inizi il processo di transizione verso l’inizio della democrazia e la fine del partito comunista. Luo sostiene Xi nel suo tentativo di diventare il vero ‘uomo forte’ – un passo considerato necessario per ottenere dei cambiamenti duraturi in Cina – e spera che il capo del Pcc riesca a porre fine ai crimini contro i diritti umani di cui la Cina si è resa colpevole negli ultimi anni.

IL GERME DEL DUBBIO

La famiglia di Luo aveva superato illesa le spietate campagne politiche ed economiche del 1966. Finché il generale Lin Biao aveva convito Mao che il padre di Luo Yu (Luo Ruiquing, al tempo capo dello staff dell’esercito) e altri tre importanti dirigenti del Partito stavano cospirando un colpo di Stato e andavano purgati.

La figura di Luo Ruiquing era una delle più carismatiche, nella mitologia della Repubblica Popolare Cinese: aveva partecipato alla Lunga Marcia e successivamente aveva aiutato Mao a fare pulizia dei suoi avversari nelle forze armate. Dopo che i comunisti avevano preso il potere, poi, Mao aveva affidato a Luo padre la creazione dell’apparato di sicurezza del regime, e gli aveva dato incarichi di massimo rilievo nelle forze armate.
Pare che Mao una volta abbia anche dichiarato: «Con Luo lo Smilzo al mio fianco, se il cielo cade lui me lo regge».

Come primo capo del temuto ministero della sicurezza, Luo Ruiquing sovrintendeva alla creazione del sistema dei campi di lavoro  e autorizzava le sentenze di morte contro i milioni di ‘controrivoluzionari’ nemici – reali o immaginari che fossero – del Partito.

Era stato poi promosso a capo di stato maggiore dell’Esercito di Liberazione per il suo contributo nella guerra di Corea, aveva diretto il dipartimento generale dello staff dell’esercito e successivamente era stato nominato segretario generale della commissione militare centrale, il potente organo di comando del Partito sulle forze armate.

Ma la posizione e le gesta di Luo padre non significavano niente per le Guardie Rosse, l’organizzazione giovanile di zelanti esecutori del volere di Mao dal 1966 al 1968. Incapace di sostenere l’onda d’urto delle Guardie Rosse – fatta di tormenti, abusi e umiliazioni – il vecchio Lao si buttò da una finestra del terzo piano fratturandosi entrambe le gambe (mentre Hao Zhiping tentò di suicidarsi con un’overdose di sonniferi).

Quanto a Luo Yu, in quanto parente fu riconosciuto colpevole e adeguatamente punito: nel gennaio del 1968, il 24enne Luo Yu fu mandato prima in carcere e poi in un campo di lavoro. Durante la detenzione, Luo ebbe modo di toccare con mano quanto il Partito fosse governato sulla base dei legami personali.

Nelle sue memorie, ricorda infatti di aver rifiutato – mentre era in carcere –  di confessare di essere ‘anti Lin Biao’; dopo aver notato che i giornali di partito non lo nominavano da troppo tempo, Luo aveva capito che doveva essere successo qualcosa a Lin (allora successore designato di Mao) e scrisse una lettera al direttore del campo di lavoro, smascherandone il bluff.

Il direttore, dopo aver letto la sua lettera, gli disse sghignazzando: «Sei davvero un personaggio! Prima, quando tutti dicevano che eri contro Lin Biao tu negavi; ora che tutti sono anti Lin Biao, tu insisti a dichiararti non anti Lin Biao».

Luo Yu fu rilasciato il giorno del suo compleanno, il 18 novembre 1972. Tre anni dopo, il padre – ormai invalido e debilitato nel fisico – veniva ‘riabilitato’ da Mao, con conseguente nuovo capovolgimento delle sorti della sua famiglia.

L’ASCESA DEL CAPITALISMO BUROCRATICO 

La Cina è stata segnata per sempre dalla Rivoluzione culturale di Mao e il popolo cinese da sempre trova del tutto impossibile vedere il Partito comunista attraverso le classiche ‘lenti rosa’.
Per recuperare il supporto della gente e consentire alla Cina di riprendersi economicamente, i leader del partito diedero cautamente inizio alle riforme economiche. Ma con esse iniziarono a dilagare anche la corruzione e il declino morale.

Dopo essersi arruolato nel 1977, Luo Yu fece carriera senza alcun ostacolo. Seguendo le orme del padre, infatti, Luo lavorò nella Direzione generale del personale e nell’arco di un decennio, venne promosso capo dell’Ufficio equipaggiamento dell’aviazione e ottenne il grado di colonnello.

Ma Luo non poteva tollerare l’ascesa del ‘capitalismo burocratico’ (soprattutto in campo militare) ovvero del genere di condotta con cui i funzionari di partito si stavano arricchendo. All’esercito era stato permesso di fare affari, soldi con cui integravano il loro budget ridotto: era stata un’idea del leader supremo del regime, Deng Xiaoping, con l’appoggio del vice capo di stato maggiore delle forze armate Yang Shangkun.

Luo riteneva che la politica di Deng avesse indebolito l’esercito come arma combattente, e che avesse incoraggiato il dilagare della corruzione. Era anche disgustato da come i suoi colleghi, decisamente più inclini business, avessero cercato solo di arricchirsi e dessero, regolarmente e senza alcun ritegno, a prostituzione e vizi di ogni genere. «Tutta la Cina è caduta in un rapido declino morale», ha dichiarato infatti Luo in un’esclusiva all’emittente televisiva New Tang Dynasty Television (NTDTV).

Con l’avvento dell’attività politica improntata alla riforma e all’apertura promosse da Deng, i cittadini cinesi producevano molti più beni rispetto a prima, ma molti di questi erano prodotti contraffatti, Luo con una battuta osserva che: «Se si va al mercato in Cina, bisogna assicurarsi che anche verdure e riso siano veri».

«Il partito non ha morale o principi, promuove quindi un esempio negativo per i cittadini» continua, «Proprio perché il Partito Comunista non rispetta la Costituzione, i cittadini imparano a loro volta a non rispettare la Costituzione. Quando i funzionari si lasciano corrompere, i cittadini riescono a diventare anche peggiori dei funzionari stessi».

Il capitalismo burocratico di Deng rappresenta la genesi della malversazione. Poi, il cieco perseguimento della ricchezza materiale attraverso la corruzione, si è definitivamente radicato e allargato a tutta la società cinese con Jiang Zemin: «Se non sei corrotto, cosa puoi fare?».

Così, Luo aveva accolto di buon grado il fatto che gli studenti universitari avessero occupato la storica piazza Tienanmen, il 17 aprile 1989, per commemorare la morte di Hu Yaobang (ex leader del partito riformista) e più tardi avessero richiesto un governo pulito e il passaggio alla democrazia.

IL 4 GIUGNO E LA DEFEZIONE

Gli studenti e i cittadini a loro solidali della città di Pechino non avrebbero potuto scegliere un momento più opportuno per attaccare il partito comunista.
Nel mese di maggio, infatti l’allora segretario generale dell’Unione Sovietica, Mikhail Gorbaciov, era andato in Cina in visita di Stato, e i media di tutto il mondo avevano dato massima copertura alla notizia della protesta studentesca in favore della nascente democrazia.

Un milione di persone marciavano a Pechino. Mentre il premier cinese Li Peng incontrava i rappresentanti degli studenti, altri giovani collassavano a causa dello sciopero della fame in corso in piazza. Era stata dichiarata la legge marziale, e il leader del Partito Zhao Ziyang– seriamente in difficoltà –aveva fatto in persona un’accorata, ultima e disperata richiesta agli studenti di lasciare la zona, per la loro stessa sicurezza.

Luo Yu aveva perso ogni fiducia nel Partito comunista, dopo aver appreso che i carri armati e i veicoli blindati di stanza alla periferia di Pechino, erano entrati in piazza Tienanmen e avevano letteralmente schiacciato i manifestanti: puntare le pistole contro gli studenti è «qualcosa che non può essere tollerato».

«Prima del 4 giugno, avevo delle idee diverse da quelle di Deng e Yang» scrive Luo nelle sue memorie, «Ma dopo il 4 giugno non potevo più essere associato a loro».

Dopo il massacro di Tienanmen, Luo diede le dimissioni appena possibile. Poiché la posizione di Luo nella Direzione Generale del personale era molto ambita, andar via senza un valido motivo avrebbe potuto causargli l’arresto e il carcere. Per tre mesi Luo dovette sollecitare i suoi superiori a firmare le sue dimissioni, e dovette aspettarne altri sei mesi prima di essere espulso dal Partito.

Ma il Segretario generale del Partito Comunista Cinese, Jiang Zemin, non lasciò in pace Luo: nel 1992, dopo aver saputo che Luo aveva ‘disertato’, Jiang emise un ordine personale decretando l’espulsione di Luo dalle forze armate militari e dal Partito; un gesto meschino che serviva solo a sottolineare la scissione tra la famiglia Luo e il regime al potere, commenta nelle sue memorie Luo.

Per i successivi 20 anni, Luo Yu tornò a essere un privato cittadino. Nel 1990, sposò in segreto Tina Leung Kwok-Hing, una famosa attrice e donna d’affari di Hong Kong. La coppia viveva tra Hong Kong, Portogallo e Stati Uniti, e girava il mondo.

Nel 2010, dopo la morte di Leung a causa di un cancro, Luo si trasferì negli Stati Uniti. Oggi conduce una vita modesta, e abita in un appartamento in affitto nella periferia di Harrisburg, in Pennsylvania.

Nel 2015, Jin Zhong, rinomato giornalista di una rivista politica, ha riportato alla ribalta Luo pubblicando il suo libro di memorie.

LUO YU CREA UN PRECEDENTE

Jin Zhong, il fondatore di Rivista aperta, aveva appreso da amici comuni a Pechino che Luo Yu aveva scritto un libro.

«Quando l’ho incontrato, ho pensato che fosse una persona molto sincera», ricorda Jin, «È un soldato, non uno scrittore, ma quello che scrive trasmette un senso di autenticità. Credo che sia la cosa più preziosa del suo libro di memorie».
Jin non ci pensò due volte a pubblicare le memorie di Luo Yu: «Nella prima generazione della direzione del Partito nessuno aveva scritto un libro di memorie del genere. Insomma si stava creando un precedente: una cosa molto interessante» spiega Jin.

Il suo istinto si dimostrò corretto: il libro è diventato un best-seller tra i “libri proibiti” a Hong Kong, e oggi è alla sesta tiratura. Il libro di memorie ha anche fortemente promosso la figura di Luo, osserva Jin: «I giornalisti hanno iniziato a contattarlo per sapere le sue opinioni sugli attuali sviluppi».

SCRIVERE PER IL FUTURO DELLA CINA

Luo riconosce fermamente che adesso è il momento giusto per fare sentire la sua voce.

Qualunque cosa Luo scriva dal suo appartamento negli Stati Uniti è immediatamente trasmessa grazie a internet a un pubblico di milioni di persone. Anche chi vive in Cina può sapere delle riflessioni politiche di Luo e delle esortazioni al leader del partito Xi Jinping (se riesce ad aggirare il Grande Firewall della Cina).

Negli ultimi mesi Luo è diventato un commentatore prolifico: Apple Daily, un tabloid con sede a Hong Kong, ha pubblicato otto lettere aperte inviate da Luo a Xi; inoltre Luo è spesso intervistato dai media cinesi d’oltreoceano. «Penso che ci sia un’alta probabilità che Xi Jinping possa leggere le mie lettere; e se non sortiscono effetto è probabile che sia perché non ha prestato abbastanza attenzione». Luo pensa che Xi ascolti i sui consigli e i suoi pareri per via della loro conoscenza e comune origine politica.

Fra i due c’è infatti un collegamento personale: le rispettive famiglie sono cresciute insieme alla stessa scuola di Parito. Come Luo Ruiqing, Xi Zhongxun era un rispettato rivoluzionario e un leale sostenitore di Mao, fino a quando venne denunciato, epurato, e imprigionato a Pechino durante la Rivoluzione Culturale; e l’adolescente Xi Jinping era stato a sua volta bandito dal suo villaggio nella nativa provincia dello Shaanxi, dove lavorava la terra e viveva in una grotta. Uscito dal carcere, l’anziano Xi divenne «un tipico membro dell’ala più illuminata del Partito, ovvero della fazione democratica» spiega Luo.

LA SPERANZA

Ironia della sorte, Jiang Zemin aveva scelto Xi Jinping come successore di Hu Jintao alla guida del Partito, proprio perché non sembrava essere una minaccia e sembrava un tipo facile da controllare. Luo ritiene che questo eccezionale ‘incidente’ della Storia possa determinare un cambiamento storico: «In Cina, non è la posizione formale che si occupa a determinare il livello del potere».
Dai tempi di Mao, infatti, i capi del partito o gli aspiranti successori dei leader, non sono quasi mai certi di accedere al potere fino alla morte del loro predecessore; e possono prendere il potere solo dopo aver eliminato i propri rivali e costruito una rete politica abbastanza forte.

Luo Yu è stato a guardare gli sforzi del suo ‘compagno di scuola’ con grande interesse: ha sperato e ha chiesto a Xi di sradicare il vecchio che sta alla base dell’attuale potere sclerotizzato, eliminando Jiang e dei suoi alleati; un passo necessario per qualsiasi leader riformista.

In precedenza, dirigenti del partito di impronta liberale, come Zhao Ziyang e Hu Yaobang non erano riusciti a far passare una riforma sostanziale perché il leader supremo, Deng Xiaoping, era ancora in vita e aveva un solido seguito di sostenitori. Alla fine, entrambi i leader furono messi da parte dallo stesso Deng.

Ma, nel corso degli ultimi tre anni, sembra che Xi abbia notevolmente indebolito la cricca di Jiang Zemin e fornito un diverso scenario: in Cina «il progresso è possibile» dice Luo.
Luo spera che Xi possa seguire le orme di Chiang Ching-kuo, figlio di Chiang Kai-shek, uomo forte del partito nazionalista, che negli anni 80 ha acquisito molto potere a Taiwan, prima di mettere fine alla dittatura del partito unico.

«Ecco perché vorrei confrontarmi con Xi Jinping, alla pari» dice Luo: «Vorrei esporgli il mio pensiero. Quello che accetterebbe, rappresenterebbe una benedizione per lui e per la Cina. Gli sto solo dicendo cosa penso».

Interrogato sull’attuale clima di forte critica, inclusa quella contro Xi Jinping, Luo la attribuisce alla natura stessa della dittatura: «è il sistema di sicurezza di Zhou Yongkang senza Zhou Yongkang». Luo spera che Xi Jinping «abbia passato un’intera vita a mentire per arrivare ora a emettere una sentenza di verità», dopo che avrà consolidato la sua posizione.

«Non avrei mai immaginato che Xi Jinping ce l’avrebbe fatta ad arrivare in cima, per cui adesso ho una speranza» continua Luo, «la legge del partito unico non può continuare e, nella sua attuale posizione, ha i mezzi per democraticizzare il Paese».

Per Luo, Xi Jinping alla fine si troverà a dover scegliere se salvare il Pcc o la Cina. Questo Paese oggi si ritrova assediato tra «la crisi ambientale, la crisi di fede, la crisi di moralità, la crisi finanziaria… In Cina ci sono crisi ovunque».

«Non si può avere botte piena e moglie ubriaca, gliel’ho detto: uno non può fare come gli pare, c’è una sola strada, ed è la democrazia».

L’EREDITÀ DI PIAZZA TIENANMEN

La Storia, riflette Luo, giudicherà severamente il partito comunista e i suoi leader per il massacro del 4 giugno 1989.
«Il regime feudale e burocratico-capitalistico di Deng Xiaoping gettò alla fine la sua maschera di finto servitore del popolo, dichiarando apertamente come fosse contro il popolo», osserva Luo, che continua: «Sono stati capaci di sguinzagliare mitragliatrici e carri armati contro il loro stesso popolo […] Il regime di Deng era fondamentalmente antitetico a ogni spirito di umanità».
Ma se la Cina diventa una democrazia, il 4 giugno 1989 sarà ricordato come un evento di «tragica ma gloriosa illuminazione delle masse». Conclude Luo: «Per opporsi al capitalismo burocratico, il 4 giugno 1989 il popolo cinese non ha avuto paura di creare questo impressionante movimento. E il sacrificio è stato enorme».

Articolo in inglese: Vindicating Tienanmen Square

 

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