Le nostre giornate sono piene di cose che pretendono la nostra attenzione: il lavoro, la famiglia e gli amici reclamano il nostro tempo. Senza contare l’interesse per i vari hobby o altre attività che decidiamo di intraprendere. Tutto richiede il nostro tempo.
Ma in tutto questo, che posto ha la nostra realizzazione spirituale? Riceve l’attenzione di cui ha bisogno e che merita?
Gli affari della vita quotidiana possono distrarci da quello che è meglio per noi. È facile dimenticare che possiamo essere bravi nel lavoro, con la famiglia e gli amici solo se prima siamo bravi con noi stessi.
Penso che il dipinto del pittore fiammingo David Teniers il Giovane (1610-1690), Corpo di guardia con la liberazione di San Pietro ci ricorda di essere buoni con noi stessi.
CORPO DI GUARDIA CON LA LIBERAZIONE DI SAN PIETRO
Per comprendere il dipinto di Teniers, dobbiamo conoscerne i retroscena. Pietro, uno dei primi discepoli di Gesù, viene arrestato e imprigionato dal re Erode per aver diffuso la verità e la bontà di Dio. In carcere viene accolto da un angelo che gli dice di fuggire. Pietro lo segue fino all’ingresso della prigione ed esce senza che nessuno lo noti.
Teniers mostra il momento in cui Pietro fugge dal carcere: lo si vede sul fondo nel lato destro del dipinto, insieme all’angelo che gli indica l’uscita, con le mani giunte in preghiera.

Il resto della scena è affollato di guardie che ignorano la fuga di Pietro: ce ne sono tre a sinistra, quattro al centro e quattro a destra vicino a Pietro e all’angelo.

A sinistra, una guardia sta seduta con la testa appoggiata a una colonna di sostegno, mentre un’altra fuma la pipa e tende la mano verso il fuoco di fronte a sé. La terza guardia si trova dietro queste due e guarda verso il gruppo al centro che sta giocando a dadi.
Le quattro guardie a destra fissano qualcosa al di fuori del piano della scena. Un cane in basso a destra fissa un mucchio disordinato di oggetti lasciati a terra in basso a sinistra. Si vedono ammassati armature, armi, vestiti e un tamburo, la cui disposizione disordinata crea un sottile senso di inquietudine.
SFUGGIRE ALLA NOSTRA PRIGIONE
Come può il dipinto di Teniers ricordarci di essere buoni con noi stessi?
Credo sia utile considerare i personaggi di questo quadro come aspetti multipli di un’unica persona. Ognuna di queste persone rappresenta i diversi modi in cui occupiamo la nostra attenzione.
A volte ci lasciamo prendere dall’eccitazione di giocare con gli amici, come gli uomini al centro. A volte siamo attratti dalle comodità della vita, rappresentate dagli uomini a sinistra, che dormono e si scaldano accanto al fuoco.
E a volte la curiosità prende il sopravvento, come il gruppo di uomini a destra, distratti da ciò che si intravede dietro il muro.
A prima vista, questi uomini sembrano fare cose quotidiane, nessuna delle loro azioni è negativa di per sé ma, portate all’eccesso, possono indurci a trascurare il nostro benessere spirituale.
Il “benessere spirituale”, ovviamente, è rappresentato da Pietro e dall’angelo. Pietro è prigioniero delle figure che rappresentano le nostre distrazioni, e in questo caso sono la comodità, il divertimento e la curiosità a imprigionare il nostro lato spirituale.
Come fa Pietro a liberarsi da questa prigione? Come possiamo essere buoni con noi stessi? Pietro tiene le mani giunte in preghiera, il che ci fa capire che ha fede. È grazie alla fede in Dio di Pietro che l’angelo va da lui e gli apre la via verso la libertà.
In che modo Teniers fa intendere che la fede di Pietro è la “chiave” della sua libertà? L’artista dipinge il guanto di una corazza che indica una chiave materiale nella parte inferiore della scena. Nessuno nel dipinto presta attenzione alla chiave. Vuole forse che la vediamo noi?
Credo che Teniers voglia farci capire che la chiave materiale non è la vera chiave per la libertà di Pietro. Qui la chiave che appare in terra è inutile e ignorata, quella vera invece è la fede: le mani giunte di Pietro rappresentano la sua incrollabile fede in Dio, ed è questa che lo rende libero.

Come possiamo quindi prenderci cura di noi stessi? Come possiamo fare in modo di prenderci cura davvero del nostro benessere spirituale?
La chiave è una forte fede nella verità e nella bontà di Dio. Quindi, a prescindere da quanto la nostra vita sia piena di impegni, da quante persone o cose richiedano la nostra attenzione o da quanto ci sentiamo a nostro agio, dobbiamo impegnarci nel trovare il tempo per la verità e la bontà di Dio.
Anche se appare sullo sfondo della nostra vita, come Teniers l’ha raffigurata sullo sfondo del dipinto, la fede in Dio è sempre al centro della nostra esistenza.
La verità e la bontà di Dio sono la chiave per liberarci dalle tante richieste della vita: è così che ci prendiamo cura di noi stessi.