Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in una intervista al Foglio osserva che «oggi i tempi dei processi si sono ridotti e si stanno riducendo, e di questo dobbiamo essere grati alla magistratura che lavora, lavora molto e lavora bene. Quello che invece, a mio avviso, può essere alla base di questa caduta è l’incertezza del diritto».
Poi spiega: «Il fatto che, a parità di condizioni, Tizio viene condannato di qua, Caio viene assolto di là, e poi magari dopo vent’anni si fa un altro processo e si rimette in discussione quello che è stato fatto vent’anni prima. Tutto questo disorienta il cittadino, che da un lato può anche prendersela con il legislatore, ma essenzialmente vede nel magistrato il responsabile di questa fonte di disorientamento».
E il caso Garlasco rientra in questa categoria: «Allora, premesso che sul caso Garlasco io sono stato interpellato varie volte e ho sempre detto e lo ribadisco qui che non intendo parlare del caso in sé, tra l’altro per principio non ho neanche voluto seguirlo, proprio come ministro della Giustizia. Sì, so com’è andata, diciamo molto a spanne. Però quello che conta è il principio: una persona che sia stata assolta in primo grado e assolta in secondo grado e poi venga condannata senza rifare dall’inizio il processo, è una cosa anomala».
Il ministro osserva che «noi possiamo condannare, dice la nostra legge, soltanto quando le prove sono al di là di ogni ragionevole dubbio. Come fai a condannare al di là di ogni ragionevole dubbio quando ben due corti hanno già dubitato al punto da assolvere? Tutto questo è incompatibile con il processo anglosassone, che noi abbiamo introdotto quarant’anni fa ed è firmato tra l’altro da una medaglia d’argento della Resistenza, il professor Vassalli. Cioè se tu spieghi questo principio agli americani, agli inglesi, intanto non ti capiscono. E poi al massimo si mettono a ridere. Per loro è incomprensibile. E lo è anche per me». Ecco perché, al di là del caso Garlasco o meno, «bisogna riformare la legge nel senso che dopo una condanna o tu rifai ex novo il processo, perché sono intervenute nuove prove, o perché ci sono dei vizi procedurali nel processo che si è svolto». «Noi – rileva inoltre il responsabile della Giustizia – abbiamo proposto proprio questo: di eliminare la possibilità per il pubblico ministero di impugnare la sentenza di assoluzione.
Per una serie di ragioni tutto questo è stato accolto soltanto per i reati minori. Erano ragioni più che plausibili, anche perché quando tocchi il codice di procedura penale in questi settori rischia di crollarti tutto addosso». Una cosa è certa: «Dopo la riforma madre di tutte le riforme che stiamo facendo, cioè la riforma costituzionale sulla separazione delle carriere e sulla riforma del Consiglio superiore della magistratura, e sulla creazione dell’alta corte disciplinare, metteremo mano al Codice di procedura penale, e probabilmente anche questa sarà una riforma. E questa mi sembra una notizia» conclude Nordio.