Neuroscienza: meglio guardare le opere d’arte originali

di Lorraine Ferrier
9 Marzo 2025 14:42 Aggiornato: 9 Marzo 2025 14:42

«L’arte agisce sul cervello a diversi livelli. Evoca emozioni, stimola l’immaginazione e fa riflettere su quello che si guarda. È un arricchimento assoluto, che attiva al massimo il cervello».
Lo afferma Erik Scherder, professore di neuropsicologia alla Vrije Universiteit di Amsterdam.

La neuroscienza conferma che l’arte e la bellezza influenzano il nostro cervello e la nostra capacità cognitiva. Nuove prove neurologiche confermano quello che molti capiscono istintivamente: guardare le opere d’arte originali è la cosa migliore.

PERCORSI DI APPREZZAMENTI VISIVI

Ed Connor, professore di neuroscienze e direttore dello Zanvyl Krieger Mind – Brain Institute della John Hopkins University, spiega: «Siamo così bravi a usare la vista che tendiamo a non riconoscerla come un’abilità o un processo speciale. Ma in realtà per il cervello è una delle cose più difficili da fare… Il nostro apprendimento visivo del mondo emerge da reti di miliardi di neuroni attraverso la corrente ventrale del cervello». 

Sul sito VeryBigBrain si legge: «L’amigdala, che svolge un ruolo importante nell’elaborazione delle emozioni, può venire attivata da opere d’arte ricche di emozioni. L’insula – parte della corteccia cerebrale – è coinvolta nel senso di sé e nella consapevolezza, e si attiva quando un’opera d’arte ci tocca profondamente. Inoltre, la percezione dell’arte non è limitata a una singola regione cerebrale, ma coinvolge una complessa rete di interazioni tra più aree cerebrali, chiamata “rete dell’arte”. Questo sistema comprende aree sensoriali, emotive e cognitive, ed evidenzia la natura ricca e multidimensionale delle nostre interazioni con l’arte».

BELLE ARTI E NEUROSCIENZE

Gli studi neuroscientifici sulle Belle Arti procedono gradualmente. Nel 2011, il professor Semir Zeki, titolare della cattedra di Neuroestetica all’Università di Londra, ha condotto uno studio per scoprire come il cervello reagisce alla visione di bei dipinti. Utilizzando la risonanza magnetica (MRI), ha misurato il flusso sanguigno nell’area del desiderio e del piacere del cervello – la corteccia orbitofrontale mediale (situata sopra le orbite oculari) – mentre i partecipanti allo studio guardavano dipinti che ritenevano belli. «Il flusso sanguigno è aumentato davanti a un bel dipinto, proprio come aumenta quando si guarda qualcuno che si ama. Questo ci dice che l’arte induce una sensazione di benessere direttamente al cervello», ha detto a The Telegraph.

Recentemente, il Museo Mauritshuis dell’Aia, ha incaricato alcuni ricercatori di neuroscienze di analizzare il modo in cui i visitatori reagiscono davanti ai dipinti originali esposti, rispetto alle riproduzioni degli stessi.

Venti partecipanti alla ricerca hanno indossato occhiali eye-tracker – analisi del movimento degli occhi – e cuffie per elettroencefalogramma (EEG) per tracciare il loro sguardo e misurare le risposte emotive. Ai dieci partecipanti sono stati mostrati prima i dipinti originali esposti nel museo. Si trattava di tre dipinti a figura singola: La ragazza con l’orecchino di perla, del 1665, di Johannes Vermeer; Autoritratto, del 1669, di Rembrandt; e Il suonatore di violino, del 1626, di Gerrit van Honthors. Inoltre, l’opera a più figure La lezione di anatomia del dottor Nicolaes Tulp, 1632, di Rembrandt, e Veduta di Delft, 1660-1661 circa, di Johannes Vermeer. Sono state poi mostrate loro le riproduzioni in formato poster a grandezza naturale dei tre dipinti a figura singola, nella biblioteca del Mauritshuis.

Agli altri dieci partecipanti sono state fatte vedere prima le riproduzioni e in seguito i cinque dipinti originali, sempre analizzando le loro reazioni.

La seconda fase dello studio si è svolta presso l’Università di Amsterdam, con l’analisi delle scansioni cerebrali che hanno registrato le emozioni rilevate dall’EEG.

Veduta di Delft, Jan Vermeer 1660-61 – Pubblico Dominio

I ricercatori hanno rilevato che l’osservazione dei cinque dipinti originali ha suscitato una risposta emotiva dieci volte superiore rispetto alle riproduzioni.

L’eye-tracker ha rivelato un particolare aspetto del fascino della Ragazza con l’orecchino di perla: gli osservatori sono stati attratti costantemente prima dagli occhi, poi dalla bocca e infine dall’orecchino di perla, in un ciclo ripetitivo chiamato “ciclo di attenzione sostenuta”. Questo percorso significa che gli spettatori si soffermavano sul dipinto. Delle cinque opere guardate, questo effetto si è verificato solo in questa di Vermeer.

I ricercatori hanno anche scoperto che l’area del precuneo del cervello dei partecipanti veniva stimolata maggiormente durante la visione della Ragazza con l’orecchino di perla. Il precuneo si trova nella parte posteriore del cervello, tra i due emisferi cerebrali, ed è responsabile dell’auto-riflessione, della consapevolezza di sé e dei ricordi episodici.
Durante la fase di risonanza magnetica, gli studiosi hanno scoperto che i partecipanti che guardavano questo dipinto non hanno mostrato quasi nessuna emozione negativa. Inoltre, hanno rilevato «un livello significativamente più basso di pericolo o avversione», concludendo che questi indicatori aumentavano la probabilità che gli spettatori «guardassero più attentamente il dipinto, riflettessero sul significato e/o decidessero di apprezzare l’opera e condividerla con altri».

Il direttore dell’Associazione dei musei olandesi Vera Carasso ha sottolineato l’importanza dello studio in un comunicato stampa: «Viviamo in un’epoca in cui ci troviamo sempre più spesso di fronte a copie e imitazioni della realtà. Si potrebbe pensare che l’arte o gli oggetti reali e originali diventino meno importanti, ma è proprio il contrario: in realtà, il mondo vero sta diventando più importante. L’incontro con un’opera d’arte originale è molto più profondo di quello con una copia.

«È meraviglioso che sia stato dimostrato scientificamente e che sia visibile nell’attività della nostra mente».

Consigliati