Il colosso tecnologico Meta, è stato accusato di violazione di copyright delle opere di 13 autori, per aver addestrato i suoi modelli di intelligenza artificiale.
«Ci sono aziende che sfruttano libri protetti da copyright per creare un sistema in grado di sfornare all’infinito contenuti concorrenziali — ha detto il giudice agli avvocati di Meta — Così state stravolgendo, se non distruggendo, il mercato di quegli autori, e pretendete di non dover pagare nemmeno una licenza. Come può essere considerato un uso “equo”?!».
La causa finita in giudizio è per una violazione del diritto d’autore denunciata nel 2023 dalla comica Sarah Silverman e da due autori nei confronti di Meta. La causa sostiene che l’azienda abbia utilizzato versioni piratate dei loro libri per addestrare l’intelligenza artificiale Llama, senza chiedere il permesso o offrire compensi in cambio.
«Gli autori non hanno acconsentito all’uso dei loro libri protetti da copyright come materiale di addestramento per nessuna versione di Llama, nonostante esista un “vivace” mercato per i contenuti destinati all’addestramento dell’Ia, un mercato a cui Meta stessa partecipa, si legge nell’atto d’accusa.
Meta non solo nega di aver utilizzato le opere degli autori, ma sostiene che le sue azioni siano giustificate, se non protette, dalla disposizione legislativa statunitense chiamata appunto fair use, che consente l’uso non autorizzato di materiali protetti da copyright in circostanze specifiche, e ha chiesto l’archiviazione.
Il giudice ha riconosciuto che l’uso di Meta potrebbe essere stato sì trasformativo (perché non copia i testi, ma li usa per generare contenuti nuovi e diversi per l’intelligenza artificiale), ma non necessariamente equo: «Questo è un caso insolito, perché, sebbene la copia sia per uno scopo “trasformativo”, ha una forte probabilità di saturare i mercati per le opere protette da copyright», ha detto il giudice.
Kannon Shanmugam, avvocato di Meta, sostiene che gli autori, anche se protetti dal copyright, non abbiano diritto alla «protezione dalla concorrenza nel mercato delle idee». Il giudice è di avviso contrario, ma ritiene che l’accusa potrebbe non riuscire a dimostrare come Meta stia danneggiando il mercato delle loro opere, e ha chiesto prove concrete che i testi generati dall’intelligenza artificiale di Meta danneggino direttamente le vendite dei querelanti.