Crollo dell’economia cinese nel quarto trimestre 2015

29 Dicembre 2015 9:39 Aggiornato: 24 Gennaio 2025 16:50

Il China Beige Book è un rapporto che utilizza dati quantitativi e qualitativi per monitorare le opinioni dagli addetti ai lavori da un trimestre all’altro nei settori e sottosettori fondamentali e nei distretti della Cina. Il rapporto trimestrale esamina regolarmente oltre 2.100 imprese e 160 banchieri in tutta la Cina, e conduce interviste approfondite a dirigenti di azienda in tutto il Paese.

Nel terzo trimestre del 2015, lo studio del Cina Beige Book su migliaia di aziende aveva fornito un barlume di speranza per l’economia cinese, dipingendo un quadro di stabilità e scongiurando il collasso. Ma nel quarto trimestre le cose sono cambiate: i risultati «parlano di debolezza pervasiva, con un fatturato nazionale, volumi, produzione, prezzi, profitti, assunzioni, indebitamento e spese in conto capitale tutti diminuiti nel trimestre», afferma il rapporto. Il China Beige Book raccoglie i dati da migliaia d’imprese cinesi ogni trimestre, avvalendosi anche d’interviste approfondite con i dirigenti locali. Sebbene questo servizio d’analisi non fornisca numeri di crescita definitivi, tuttavia registra il numero di aziende che hanno aumentato e diminuito le entrate.

Ad esempio il numero di imprese che hanno riferito un incremento dei profitti è stato un esiguo 37 per cento, il numero più basso da quando esiste questo servizio d’analisi dei dati (2010); mentre il 22 per cento ha registrato un calo dei profitti.
Anche il settore dei servizi, che nel quarto trimestre del 2014 aveva sperimentato una crescita, ha subito un colpo: «sia il settore manifatturiero che i servizi funzionano male, con fatturato, occupazione, investimenti e profitti indeboliti. La consueta corsa per trovare una transizione di successo da produzione industriale a servizi dovrà attendere un po’». Pertanto, nonostante le aziende non abbiano riferito di quanto i profitti siano aumentati o diminuiti, il campione analizzato dal China Beige Book fornisce un’istantanea precisa delle imprese a livello generale.

E il quadro non è roseo. «Questo è solo il quarto [trimestre, ndt]: non rappresenta ancora una ‘tendenza’. Ma i dati sono interessanti e, in questo momento, abbastanza diversi [rispetto alle previsioni, ndr] da far scattare un segnale d’allarme», commenta Leland Miller, presidente del China Beige Book.
Anche il livello dei prezzi è cambiato in peggio: nel corso del 2015 i prezzi erano rimasti stabili poiché la crescita è rallentata, ma non nel quarto trimestre; «Gli aumenti dei prezzi d’ingresso, dei prezzi di vendita e dei salari hanno raggiunto i livelli più bassi che il China Beige Book abbia mai registrato – si legge sul rapporto – Per la prima volta, sembra che le imprese stiano andando incontro a una deflazione veramente pericolosa».

I prezzi in calo, che si tratti di materie prime, immobili o salari, indicano che c’è un eccesso di offerta. A onor del vero, il calo dei prezzi dovuto all’incremento della produttività non sarebbe una cattiva cosa; ma non va bene se i prezzi diminuiscono a causa di un eccesso d’offerta, perché diventa poi molto più difficile pagare gli interessi sul debito.

L’ultima pedina rimasta in piedi è il mercato del lavoro, il fattore più importante che influenza la classe dirigente a Pechino. Stando ai dati ufficiali, il tasso di disoccupazione in Cina è oscillato intorno al quattro per cento (dal 4 per cento al 4,3 per cento per la precisione) negli ultimi dieci anni. Ma è giusto ricordare che questi dati, rilasciati dal regime cinese, possono essere i meno credibili tra tutte le statistiche ufficiali, e che cifre affidabili sull’occupazione cinese sono notoriamente difficili da trovare.

Stando invece ai dati del China Beige Book, la situazione è molto peggiore del previsto, con possibili future ripercussioni a livello centrale: «lo sviluppo del lavoro ha subito un colpo evidente, mentre l’offerta del lavoro (sia specializzata che non) è minore. […] Se persiste la debolezza del mercato del lavoro, Pechino avvertirà una pressione tale da dover accrescere la sua risposta politica», afferma lo studio. In realtà Pechino potrebbe già avvertire una stretta, considerando che il 16 per cento delle aziende intervistate hanno effettuato licenziamenti e tenendo presente che quest’anno il regime ha dovuto gestire i disavanzi di bilancio.
Infine anche il settore minerario ha sofferto, con un numero maggiore d’imprese che hanno segnalato una diminuzione di fatturato.

STIMOLO INEFFICACE 

Ma oltre al lavoro, ai prezzi in calo e alla diminuzione dei profitti, c’è qualcos’altro che in Cina non funziona. Secondo lo studio, infatti, lo stimolo monetario e quello fiscale sono inefficaci, poiché le due consuete uscite di spesa pubblica – trasporti e costruzione dei mezzi di trasporto – hanno sperimentato in precedenza una forte diminuzione di ricavi e zero profitti; il settore dei trasporti marittimi è stato il peggiore, con diverse imprese che hanno riportato un calo dei ricavi.

Sul fronte monetario, quest’anno la Cina ha tagliato i tassi d’interesse sei volte, ma il rapporto ha chiarito che il meccanismo di trasmissione del credito non funziona, dato che le aziende non vogliono prendere soldi in prestito: «la percentuale d’imprese che prendono a prestito ha segnato un record, con un minimo storico del 14 per cento, nonostante il minor costo del denaro delle banche». Nel corso dei quattro anni di studi del China Beige Book, la percentuale di aziende che hanno dichiarato di aver preso denaro a prestito è scesa di due terzi. Questo è «un bene per la ristrutturazione, ma un male per la crescita a breve termine». A conferma di questo, il numero d’imprese con un incremento di spesa in conto capitale è sceso a un minimo record.

Per quanto concerne invece i mercati finanziari, lo studio ha mostrato una notevole diminuzione della ‘voglia’ di credito, dal momento che i rendimenti sono aumentati al 9 per cento e l’emissione si è dimezzata rispetto al terzo trimestre. I prestiti bancari più sicuri hanno reso di meno rispetto allo scorso trimestre, mentre i prestiti non bancari più rischiosi hanno prodotto di più; ma questi prestiti sono stati concessi solo a creditori sicuri che non avevano bisogno i soldi (un classico caso di ‘prestiti selettivi’).

Il settore immobiliare è stato pressoché stabile; l’edilizia residenziale ha invece mostrato un aumento delle imprese che hanno aumentato i guadagni. Un’altra voce positiva è stata la spesa al dettaglio, che è aumentata per il 46 per cento delle imprese. Ma la crescita è stata inferiore rispetto all’ultimo trimestre: è vero che il consumatore ha speso, ma la tenuta dei consumi non ha comunque salvato la situzione come i politici vorrebbero far credere.

Il regime cinese sta cercando di stimolare la propria economia su tutti i fronti per arginare questa tendenza. Ma il China Beige Book non è troppo ottimista ed esorta il regime a riformare davvero l’economia: «Alcune scelte politiche semplicemente non funzionano. […] È passato il tempo delle risposte pavloviane al bluff degli interventi-espediente. O, riforma o fallimento».

       Per saperne di più:


Articolo in inglese: ‘Exclusive On-the-Ground Data Shows China’s Economy Crashed in Q4

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