Le vere cause dell’obesità

di Jason Fung per ET USA
6 Marzo 2025 19:13 Aggiornato: 6 Marzo 2025 19:13

La questione dell’obesità non può essere ridotta al semplice conteggio delle calorie. Per troppo tempo, l’attenzione si è concentrata su questo aspetto, rivelandosi un vicolo cieco durato 50 anni. Comprendere le reali cause dell’aumento di peso è essenziale per affrontare il problema in modo efficace. Ma quali sono queste cause? Un’analisi storica può offrire spunti interessanti su come l’obesità sia stata interpretata nel tempo.

William Banting (1796-1878) è considerato l’autore del primo libro di diete. In gioventù aveva un peso normale, ma con il passare dei decenni, iniziò a prendere peso gradualmente. Sebbene l’aumento fosse contenuto, solo pochi chili all’anno, all’età di 62 anni raggiunse i 92 chili. Oggi potrebbe non sembrare eccessivo, ma per gli standard dell’epoca era un peso significativo. Seguendo il consiglio dei medici, provò a mangiare di meno. Tuttavia, si sentiva stanco e affamato, senza riuscire a perdere peso. Tentò allora di fare più esercizio fisico: remava sul Tamigi ed era piuttosto allenato, ma non riusciva comunque a mantenere il peso sotto controllo.

Infine, su consiglio di un chirurgo francese, iniziò una nuova dieta. Non ridusse drasticamente le calorie, ma eliminò zuccheri e amidi: quelli che oggi chiamiamo carboidrati raffinati. Evitò pane, latte, birra, dolci e patate, pur amandoli molto. Perse peso rapidamente e si sentì così bene che decise di pubblicare le sue scoperte nel pamphlet Letter on Corpulence Addressed to the Public. Questo opuscolo fu il primo vero libro moderno sulla dieta. In base alla sua esperienza, Banting concluse che non erano le calorie a causare l’aumento di peso, ma i carboidrati raffinati.

Le sue idee, secondo cui zuccheri e amidi favoriscono l’obesità, si diffusero nei successivi 100 anni. Sir William Osler, influente medico canadese e autore de The Principles and Practice of Medicine, descrisse nei primi del Novecento il trattamento dell’obesità tramite una dieta ricca di carne e uova e povera di carboidrati raffinati.

Nel suo saggio del 1882 Obesity and Its Treatment, Osler sosteneva che i grassi alimentari fossero essenziali per ridurre l’obesità, poiché aumentavano il senso di sazietà. Un punto di vista opposto alla moderna demonizzazione dei grassi. Questo cambiamento è coinciso con l’aumento dell’obesità. Forse il dottor Osler aveva ragione.

Negli anni ‘50 sostituire i carboidrati raffinati con i grassi era un consiglio abbastanza comune. Se si chiedeva ai nonni quale fosse la causa dell’obesità, non parlavano di calorie, un concetto poco conosciuto all’epoca, ma di dolci e cibi ricchi di amidi.

Il celebre manuale Baby and Child Care del dottor Spock, un testo di riferimento per la crescita dei bambini negli anni ‘50, attribuiva l’aumento di peso al consumo di dolci e carboidrati semplici. Nel 1963, il dottor Passmore scriveva sul British Journal of Nutrition: «Ogni donna sa che i carboidrati fanno ingrassare». Ogni donna lo sapeva. Non era un segreto. Era comune buon senso e osservazione empirica. Queste idee erano ciò che Nassim Taleb definirebbe antifragile, ossia resistenti alla prova del tempo. E, non a caso, a quei tempi l’obesità non era un problema così diffuso.

Le cose iniziarono a cambiare negli anni ‘50, quando si osservò un aumento delle malattie cardiache. Se poi questo aumento fosse reale o meno è ancora oggi oggetto di dibattito. Gary Taubes, nel suo libro Why We Get Fat, sostiene che non fosse vero. Tuttavia, si cercò una spiegazione per questa “epidemia” di malattie cardiache e l’attenzione si spostò sui grassi alimentari, specialmente quelli saturi.

Negli anni ’60 prese piede l’ipotesi dieta-cuore (Diet-Heart Hypothesis). Il biologo Ancel Keys, un influente esperto di nutrizione, contribuì alla diffusione di questa teoria con grande entusiasmo e scarse prove scientifiche. Iniziò così la demonizzazione dei grassi alimentari, che l’uomo aveva consumato fin dall’alba della sua esistenza.

Si trascurò un problema fondamentale. Le proteine nella dieta umana tendono a rimanere costanti. È difficile superare il 20-30% delle calorie giornaliere in proteine senza ricorrere a integratori. Di conseguenza, se si riducono i carboidrati, si deve aumentare il consumo di grassi e viceversa.

Ecco il risultato: dieta povera di grassi = dieta ricca di carboidrati e dieta povera di carboidrati = dieta ricca di grassi. Poiché i grassi vennero additati come colpevoli, la dieta “salutare per il cuore” divenne una dieta ad alto contenuto di carboidrati. Nel mondo occidentale, però, i carboidrati erano principalmente raffinati, portando a un consumo crescente di pane e pasta a basso contenuto di grassi. Dopotutto, non si stava rinunciando agli hamburger per mangiare cavolfiore e cavolo riccio, ma per sostituirli con pane e grandi piatti di pasta.

Negli anni ’50 e ’60, il dibattito scientifico sulla nutrizione era acceso e spesso controverso. Da un lato, alcuni studiosi ritenevano che il principale responsabile delle malattie fosse il grasso alimentare; dall’altro, ricercatori come John Yudkin individuavano nei carboidrati raffinati la vera causa del problema. Il suo libro Pure, White and Deadly – How Sugar is Killing Us si è rivelato sorprendentemente profetico e, ancora oggi, il suo titolo resta tra i più incisivi sull’argomento. Le critiche tra le due fazioni erano spesso aspre. Jean Mayer dell’Università di Harvard arrivò persino a definire la dieta a basso contenuto di carboidrati «in un certo senso, equivalente a un omicidio di massa». Dichiarazioni di questo tipo evidenziavano il clima acceso della discussione. Anche l’American Heart Association riteneva queste diete pericolose mode passeggere, nonostante fossero basate su abitudini alimentari consolidate da secoli. L’idea che i grassi alimentari – consumati dall’uomo per millenni – fossero improvvisamente la causa principale delle malattie non sembrava tenere conto della storia evolutiva dell’alimentazione umana.

Fino a quel momento, nessuno aveva mai sperimentato una dieta a basso contenuto di grassi per ragioni di salute, e gli effetti sull’organismo erano del tutto sconosciuti. Tuttavia, si diffondeva la convinzione di poter migliorare la nutrizione attraverso interventi artificiali, come dimostrava anche la crescente fiducia nei sostituti del latte materno. Di conseguenza, i grassi naturali come panna, burro e olio d’oliva vennero progressivamente sostituiti da oli industriali come la margarina, che in seguito si rivelò dannosa a causa dell’elevato contenuto di grassi trans. L’abbandono dei grassi alimentari a favore dei carboidrati raffinati si impose progressivamente come nuovo modello alimentare. I risultati di questa scelta sono oggi sotto gli occhi di tutti.

Il dottor Jason Fung è un medico nefrologo, ricercatore e autore best-seller, noto per i suoi studi sul digiuno intermittente e sulla gestione di obesità, diabete e malattie metaboliche. Attualmente esercita a Toronto, Canada. Attraverso i suoi libri, come “The Obesity Code” e “The Diabetes Code”, ha sfidato le teorie tradizionali sulle malattie metaboliche, promuovendo approcci alimentari innovativi. È co-fondatore di The Fasting Method, un programma che aiuta le persone ad adottare il digiuno intermittente per migliorare la salute.

Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.

 

Ripubblicato da TheFastingMethod.com

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